Tipi strani 1. Julien Torma patafisico
In tempi di post verità, è saggio affidarsi alla scienza. Da questo punto fermo partiamo alla ricognizione di un autore straordinario e per lo più dimenticato, tranne che dai cultori della scienza delle soluzioni immaginarie, i Patafisici. E al loro sapere va ricondotta la risignificazione dell’evento culturale della scoperta di un corpo mummificato sul ghiacciaio di Similau. A uso delle agenzie di promozione turistica gli si è dato un nome, Ötzi, e un’ambientazione storica fittizia, il neolitico. In verità si tratta del corpo di Julien Torma, scomparso in Tirolo nel 1933.
Nato a Cambrai il 6 aprile del 1902, data assiale del calendario patafisico, orfano dall’infanzia di entrambi i genitori, venne istruito dal 1909 al 1915 da colui che sarà il testimone, il curatore editoriale, il discepolo e il Mentore di Julien, Jean Montmort. Ricorderà quegli anni nei suoi Euphorismes, “La mia più grande scoperta è stata di amare la mia noia e di divertirmici. Accadde a undici anni a scuola. E compresi che non c’è ‘male di vivere’. Non ci sono che delle parole” (Torma, Euphorismes, p. 45).
La prima opera di Torma, La lampe obscure, risale al 1920, si rivela talento precoce, uno di quei fiori che sboccia presto, come Rimbaud o Michaelstaedter. Si tratta di una raccolta di poemi erotico-mistici che forse devono qualcosa allo stile di Max Jacob, poeta, pittore, critico amico di Picasso, Modogliani, Braque, secondo Montmort come una specie di Verlaine per Rimbaud, che aveva conosciuto l’anno precedente. Il libro manifesta un controllo sullo stile strabiliante per un adolescente, traduco dalla prima sezione, “Cataphrase”, Cantico dei cantici:
Appagami, Jahvé, con una lunga carezza,
Chiudi i miei occhi insensibili al decoro
Dove affondano le immagini sbiadite
Del mio calpestio.
Fai che io senta il tuo palmo
Risvegliare sulla mia carne
L’entusiastica resurrezione di Lazzaro...
Asciuga l’inchiostro dell’ombra ove trabocco!
Non lasciare spazi vuoti ai miei fianchi!
Occupa tutti i miei buchi!
Che la notte stessa sia la dimora trionfante
Della tua giovane Eternità.
Il ventre di Jahvé sarà la mia fame:
Il suo sesso la sopravvivenza
Del mio annientamento.
(La lampe obscure, 18)
Tra le tracce che aiutano a comprendere la gestazione del volume, di particolare importanza sono tre missive dell’epistolario tra Max Jacob e il giovane Torma. Ad avvicinarli è la sensibilità religiosa, Jacob si era convertito al cattolicesimo, e la sensualità trasposta nei versi. Dalle lettere traspare una profonda affezione e la dominante depressiva dello spirito di Torma: “Sono annoiato e tutti mi annoiano ancora di più. Ci sono cose che si accaniscono anche a irritarmi. Le vacanze sono una di queste”. Queste lettere risalgono all’estate del 1919, poco dopo si consumerà una rottura tra i due, da allora Torma cominciò a storpiarne il nome in Mob Jacax.
Si trasferì a Parigi da Pontoise e negli anni successivi divenne amico di letterati organici o prossimi ai gruppi surrealista e Dada, come Jacques Rigaud, Robert Desnos e René Crevel, a cui dedicherà in attestazione di amicizia gli Euphorismes.
La sua opera successiva è Le grand troche, sorite, apparso nel 1925. Il termine troche viene da Nostradamus, in cui significa esaurimento, sorite è il sofisma del mucchio, attribuito a Eubulide di Mileto, successivamente trasposto in sillogismo dalla retorica antica. Pubblica a seguire due pièce teatrali, la tragedia in nove atti Coupures e Lauma Lamer.
L’anno successivo Montmort raccoglie e pubblica Euphorismes, testo di svolta che segna un allontanamento dai movimenti letterari e dal mondo. Un metodico attacco alla ragione che non si realizza attraverso il rigetto di ogni ratio, della conoscenza, dell’intelligibilità del mondo, ma della loro desiderabilità. In quel periodo entra in amicizia e risonanza spirituale con René Daumal, anche del loro sodalizio resta traccia epistolare. Veniamo così a sapere che Torma si irrita per la scoperta dell’amico di una copia di La lampe obscure, la frattura col passato è ormai segnata, e si rifiuta di partecipare alla redazione in corso di Le grand jeu. Daumal aveva pubblicato sulla rivista Bifur un testo sulla ’Patafisica e gliene aveva spedito copia, la replica di Torma ci aiuta a comprendere l’evoluzione del pensiero del nostro autore, e i modi della sua affiliazione alla scienza inaugurata da Jarry:
Caro Daumal,
Non c'è bisogno di scusarsi per l’invio del numero di Bifur. Bifur è Bifur, e tu puoi scrivere sui muri se ne hai voglia. Hai fatto bene a mandarmene una copia, perché altrimenti non sarei venuto a conoscenza del tuo articolo – e ho scoperto che la ’Patafisica può sposarsi con il misticismo. La cosa riesce ancora a incuriosirmi. Di tutte le letture che il caso mi ha lanciato – e questa degna divinità si è sempre comportata bene con me – i vari pezzi che ho incontrato di Jarry mi sono sempre sembrati i meno noiosi. Io vedo attraverso di loro. C'è chi vede attraverso H. Bourdeaux o Gide. C’è qualcosa di sbagliato in questo? Per quanto mi riguarda, vedo con gli occhi di Sengle o di Emmanuel Dieu. Questione di gusti e di pretese. Anzi, è addirittura ciò che rende alcuni libri ancora possibili, perché io non sono più interessato – nonostante le tue rimostranze passate – né alla cultura né alla gnosi. Mi fa quindi piacere che tu veda attraverso gli stessi corpi di fumo.
Ancora una volta mi sottraggo alla questione.
Non sorprenderà sapere che non mi interessano molto i tuoi schiaffi dell’assoluto, avendo poca fiducia in qualsiasi altro tipo di assoluto se non quello che schiaffeggia. Ce n’è un altro? Ho trovato il tuo articolo sconvolgente perché tutto ciò che contiene è vero. Tranne il tono. La parola vero qui non significa proprio nulla e soccombe sotto una zampata patafisica. Hai ragione a parlare di caos. Ma si ha la sensazione che tu creda in esso come se fosse una sorta di Dio. Nonostante la tua sottigliezza, caro René, hai troppo della grazia di Dio. Stai lavorando all’assoluto.
Il tuo patafisico ride troppo. E questa risata è al tempo stesso troppo comica e troppo cosmica. Metti la metafisica dietro la ’Patafisica e la rendi solo la facciata di una credenza. Ora, l'essenza della ’Patafisica è che è la facciata di una facciata, dietro la quale non c'è nulla.
Non vedo il dottor Faustroll ridere. Non ho il libro a portata di mano. Ma giurerei alla cieca – non capisci? – Come si fa a scrivere: “Faustroll sorride”. Sei terribilmente indietro con i tempi. Non siamo più allo stadio di Mefisto, ma di coscienze malvagie e colpevoli, o addirittura di coscienze. Se Faustroll diventa mefistofelico può solo far parte di un gioco patafisico. Perché il mefistofelismo è qualcosa che hanno inventato, come dicevamo. Faustroll è imperturbabile. O non lo è affatto. Ha l’apparenza di essere naturale e di non esserlo. Perché la natura è solo una farsa in più, né più né meno interessante di un’altra. Non sceglie, non distingue più, non preferisce più. Viaggia in modo sbagliato. Ma il suo viaggio non esiste nemmeno. Questi personaggi e le loro avventure non sono reali. Lo si vede chiaramente nella morte e nella resurrezione di Bosse-de-Nage. Ma non sono nemmeno immaginari nel senso degli eroi dei romanzi e dei racconti di genere fantastico. Si suppone, almeno provvisoriamente, per quanto stravagante sia l'ipotesi, che non sia del tutto implausibile che quegli eroi esistano. Ma è piuttosto ricco da parte tua dire che tutta l'esistenza definita è uno scandalo. Con l’Uno e simili. Ma perché non dire che l’esistenza indefinita è uno scandalo, anche se la parola scandalo è superflua?
Faustroll dice: “Io sono Dio”, e sicuramente ha lo stesso diritto di dirlo di Dio stesso. Tuttavia è un po’ troppo – o non abbastanza – per prenderlo sul serio.
Niente scrittura – né sacra né impetuosa – Non ho tempo. Non sto facendo nulla, solo lavori noiosi e noia da lavoro. Andrò avanti come zat... (o sade) probabilmente fino alla morte. Così sia - non prenderla come un’alluvione (sic).
Ti porgo i consueti... saluti
Torma
Il saluto al mondo letterario, mai cercato in effetti, si compie con Euphorismes, gli anni seguenti sono una deriva progressiva, nel 1932 Montmort gli procura un lavoro come precettore in Tirolo. Scompare il 17 febbraio 1933 durante un’escursione sul ghiacciaio del massiccio della Ötztal.
Negli anni seguenti sono stati recuperati e pubblicati testi ulteriori di Julien Torma grazie al lodevole lavoro di ricostruzione filologica della sua figura letteraria a opera del Collège de ’Pataphysique, fino alla pubblicazione degli Écrits définitivement incomplets. Su Gallica.bnf.fr si trovano le edizioni originali delle opere pubblicate in vita.
L’invidia degli uomini piccoli non si ferma nemmeno di fronte alla tragedia di un autore che ci ha lasciato giovane, così ci sono stati negazionisti che, a fronte dell’esiguità delle tracce biografiche, hanno sostenuto che Julien Torma non sia mai esistito. In effetti c’è chi lo dice anche di Omero, Elena Ferrante, Learco Pignagnoli e Popi Porrini. In spregio delle loro insinuazioni restano, refrigerate al Museo Archeologico di Bolzano, le spoglie del “più grande patafisico del XX secolo”.
In copertina: un ritratto immaginario di Julien Torma.