Speciale

Carteggi amorosi / “Una tua lettera è una festa”: Vladimir Majakovskij e Lili Brik

3 Ottobre 2020

«La data più felice»: così Majakovskij definisce nella sua autobiografia il giorno in cui conosce Lili e Osip Brik. È una sera di fine luglio del 1915. Lili ha 24 anni, è sposata con Osip Brik e vive a Pietrogrado. È appena tornata da Mosca, dal funerale del padre, morto di cancro. Majakovskij, «bello, ventiduenne», è in stretti rapporti con Elsa, la sorella di Lili, ed è di ritorno dalla Finlandia. Quella sera di fine luglio, a casa di Lili e Osip Brik, Majakovskij viene esortato da Elsa a leggere La nuvola in calzoni. Lui non si fa pregare e dopo aver dato una rapida occhiata a un quadernino estratto dalla tasca della giacca e poi subito rimesso a posto, comincia a declamare il suo tetrattico, fissando il vuoto e senza mai cambiare posizione. L’uditorio è ammutolito, trattiene quasi il fiato, nessuno riesce a distogliere lo sguardo dal poeta fino alla fine, quando prorompe l’entusiasmo. Lili e Osip sono particolarmente ammirati: «Era ciò che sognavamo da tempo, ciò che aspettavamo» racconterà poi Lili alludendo all’insignificanza della poesia di quel periodo, e ripongono così tante speranze in quei versi che Osip finanzierà l’edizione del poema, pubblicato a settembre di quello stesso anno con la dedica «A te, Lilja». Questo incontro sancisce la nascita di una delle più note, discusse, eccentriche e per certi versi misteriose storie d’amore della letteratura, nonché della peculiare amicizia tra Osip Brik e Majakovskij. 

 

Majakovskij si innamora di Lili smisuratamente, comincia a dedicarle tutto ciò che scrive, non la lascia più in pace. Lili, ebrea di buona famiglia a cui uomini e donne hanno riconosciuto un fascino irresistibile, si fa conquistare, ma sembra a tratti seccata da questo amante iperbolico. Nell’inverno del 1917-1918 Majakovskij parte per Mosca e sarà lontano da Lili per sei mesi. È allora che inizia la corrispondenza tra i due. Dapprima i toni sono teneramente affettuosi, Majakovskij scrive rivolgendosi sia a Lili che a Osip. Poi Lili diventa l’unica destinataria delle lettere che si fanno via via più appassionate, a cominciare da quelle di lei: «Ho molta nostalgia di te. Non mi dimenticare». E Majakovskij risponde a tono: «La cosa di cui ho più voglia al mondo è venire da te. […] In questa lettera non bacio e non saluto nessun altro: è una lettera del ciclo “a te, Lilja”» (inizio di marzo 1918). Dopo tre lettere rimaste senza risposta, Majakovskij la esorta a scrivergli: «Non dimenticare che all’infuori di te non mi serve né interessa nulla. Ti amo» (aprile 1918). «Caro cucciolo, non mi sono dimenticata di te. Ho una terribile nostalgia e ho voglia di vederti» lo rassicura lei. In quei mesi Majakovskij è impegnato nel cinema, scrive sceneggiature е interpreta il teppista in La signorina e il teppista tratto da La maestrina degli operai di Edmondo De Amicis. Il desiderio di avere Lili con sé, a Mosca, è così forte che decide di coinvolgerla in un film. «Per l’estate vorrei interpretare un film insieme a te. Potrei preparare una sceneggiatura apposta per te. […] Ti abbraccio fino a farti scricchiolare le ossa» (aprile 1918) le scrive. Lili si mostra entusiasta della proposta: «Cerca di organizzare le cose in modo che tra una o due settimane lo si possa già recitare. […] Ho una voglia terribile di recitare con te nella stessa pellicola». Non vi è cialtroneria nelle loro parole, né l’avventatezza di peregrine fantasticherie, perché a maggio Majakovskij scrive la sceneggiatura di Incatenata da un film e Lili lo raggiunge a Mosca per le riprese. Lei interpreta una ballerina, lui un pittore, ma del film non resta purtroppo che qualche frammento.

 

 

Oltre ad essere l’amata e la musa ispiratrice di Majakovskij – una seconda Beatrice, come è stata definita –, Lili Brik è anche sua collaboratrice, come è capitato a molte mogli e compagne di scrittori. Ascolta, dà consigli, trascrive alcune opere, colora i cartelloni della Rosta che Majakovskij disegna col carboncino, si occupa di questioni editoriali mentre lui è all’estero. Nel 1921 parte per la Lettonia – la madre di Lili ha origini lettoni – a caccia di un editore che acconsenta a stampare il poema 150.000.000 e la terza edizione della pièce Mistero-buffo la cui pubblicazione, in Russia, è ostacolata da grosse difficoltà insorte con il Gosizdat, la Case Editrice Statale. Ma a Riga le cose non sembrano andare meglio: «Ti bacio, Cucciolino, è evidente che i miei ulteriori sforzi non daranno alcun frutto» (15 ottobre 1921) gli scrive Lili secondo l’ormai consolidata abitudine, iniziata durante la loro corrispondenza di Mosca-Pietrogrado, di chiamarsi micia/gattina e cucciolo/cucciolino (di cane), che Majakovskij disegna spesso dopo la firma “tuo Cucciolo”. In Lettonia, dove resta quattro mesi, Lili cerca di diffondere l’opera di Majakovskij: «Voglio far stampare quaggiù il Flauto [di vertebre]. Dammi l’autorizzazione per importarne cinquemila esemplari» (fine ottobre 1921). A un certo momento sembra che un «capitalista molto solido» sia intenzionato a pubblicare i libri dei futuristi, ma l’impresa finisce nel nulla. Nel frattempo Majakovskij si adopera per far ottenere a Lili un visto per recarsi a Londra dalla madre, ma inutilmente. 

 

Nelle lettere del soggiorno a Riga si intrecciano questioni pratiche, forte nostalgia e i primi accenni di gelosia. Entrambi sentono la reciproca mancanza, ma dalla corrispondenza sembrerebbe che sia Majakovskij a patire di più la lontananza, la noia e l’attesa di ricevere lettere da Lili, talvolta intermittenti a causa di ritardi e malfunzionamenti postali: «Aspetto con ansia le tue lettere, ma non arrivano» (24 ottobre). Due giorni dopo: «Ho nostalgia, ho desiderio di te – e in che modo! – non trovo pace e penso solamente a te. […] Nulla può essere più triste di una vita senza di te. Non dimenticarmi, per l’amor di Dio, io ti amo un milione di volte di più di tutti gli altri messi insieme. […] Il giorno più felice della mia vita sarà quello del tuo arrivo». Poi, come in un delirio, scrive «ti bacio» diciotto volte e la avverte: «Se non scriverai nulla di te io impazzirò» (26-27 ottobre 1921). Anche Lili teme l’abbandono, il tradimento: «Ti amo terribilmente tanto e per sempre! […] Non tradirmi! Ho una terribile paura di questo. Io ti sono assolutamente fedele. Adesso ho molti conoscenti. Ho perfino degli ammiratori, ma nessuno mi piace nemmeno un poco. Tutti loro, a tuo confronto, sono stupidi e brutti! […] Scrivi dei versi per me» (fine ottobre 1921). A maggio Majakovskij raggiungerà Lili a Riga per una “tournée”. 

 

 

Alcune lettere della Brik da Riga e poi da Berlino, Londra, Soči sono indirizzate sia a Majakovskij che a Osip, le sue «bestioline». Li rassicura di essere loro fedele e di amarli «tantissimo e terribilmente» (11 novembre 1921). «Ho voglia di baciarvi!! Mi aspettate?» (8 dicembre 1921). «Vado a cavallo al maneggio, come gli uomini. Mi sono comprata alcuni vestiti e un meraviglioso cappotto di pelle. Venite al più presto!!» (15 agosto 1922). La relazione tra Lili Brik e Majakovskij era stata “ufficializzata” nel 1918. A prenderla male è la madre di Lili, mentre Osip è molto comprensivo e propone alla moglie di non separarsi, tanto che, quando si trasferiscono a Mosca nel 1919, vanno a vivere tutti e tre insieme. Lili ha poi smentito i pettegolezzi sul presunto triangolo amoroso sostenendo che lo sconfinato amore che provava per suo marito rendeva l’amore per Majakovskij ancora più intenso, ma con Osip aveva smesso di avere rapporti intimi quando era iniziata la relazione con il poeta. Già nel 1915, a suo dire, erano marito e moglie solo sulla carta. Ad ogni modo, ciò che conta è che l’esperimento esistenziale di una vita in comune, dove i confini tra amore e amicizia sono sfumati, mette tutti d’accordo e, almeno fino a un certo punto, non scontenta nessuno. In questo ménage non dovevano esistere possesso né gelosia, secondo il modello del romanzo Che fare? di Černyševskij, rivelatosi in parte utopico anche per loro. Tra Osip e Majakovskij c’è un solido rapporto d’amicizia alimentato da passioni comuni, tra cui la poesia. Osip, giurista di formazione, ma non di professione, diventa studioso di linguaggio poetico in seguito all’incontro con Majakovskij, è solito metterlo al corrente delle sue scoperte in campo filologico ed è sempre tra i primi a cui il poeta legge le sue opere. Quando Lili è lontana condividono la nostalgia per lei: «Io e Os’ka, quando è possibile, andiamo in giro assieme e non facciamo altro che parlare di te» scrive Majakovskij a Lili mentre è a Riga (16 novembre 1921). E ancora: «Ogni mattina vado da Osja e gli dico: “Si sta male, fratello Gatto, senza Liska” e Oska risponde: “Si sta male, fratello Cucciolo, senza la Micia”» (28 novembre 1921). 

 

 

Alla fine del 1922 ha inizio una crisi che muterà i rapporti tra Lili e Volodja. «Non sono mai stato così male: forse sono veramente cresciuto troppo. Prima, quando tu mi cacciavi, potevo sperare in un incontro. Ma adesso sento che mi hanno completamente strappato dalla vita. […] Sono seduto in un caffè e piango, le inservienti ridono di me. È terribile pensare che d’ora in avanti la mia vita sarà così» (28 dicembre 1922). L’afflizione di Majakovskij è dovuta alla decisione, presa da Lili, di separarsi e non vedersi per due mesi. Il patto, in verità, consisteva anche nel non scriversi: «Non voglio che tra noi ci sia una “corrispondenza”» precisa Lili nel gennaio del 1923, ma Majakovskij, che vive la separazione in modo tormentato, non lo rispetta. La pausa sarebbe dovuta servire a riflettere sul rapporto con la quotidianità, con la logora abitudine e con la gelosia. Allo scadere dei due mesi, Lili e Majakovskij partono per Pietrogrado per alcuni giorni. Entrati nello scompartimento del treno Majakovskij, in piedi, appoggiandosi alla porta, recita a Lili il poema Quella cosa, scritto durante la loro separazione. «Recitava e piangeva di sollievo» ha raccontato Lili. 

 

Nei due anni successivi viaggiano molto all’estero, insieme e soprattutto separatamente. Nel 1922 Lili aveva avuto un’altra relazione di cui Majakovskij era a conoscenza, ma i due non smettono di amarsi e di scriverselo. Lili, Lilënok, Lilik, Lilëk, Lisik, Liljatik, Lilënoček, Lisenyš, gattina, micetta, cometina, stellina la chiama Majakovskij nelle lettere, in un affastellarsi di diminutivi che in italiano suonano stucchevoli, ma che in russo esprimono quella premurosa, affabile tenerezza con cui si parla alle persone amate. «Io ti amo, ti amo nonostante tutto e grazie a tutto, ti ho amato, ti amo e ti amerò, sia tu dura con me o gentile, mia o di un altro. Comunque ti amerò» (1-27 febbraio 1923). Nell’autunno del 1924 Majakovskij si trova a Parigi, attanagliato dal cattivo umore: «È bruttissimo non sapere la lingua! […] Era molto tempo che probabilmente non scrivevo lettere così insipide, ma in primo luogo sono completamente spremuto da un punto di vista letterario e, in secondo luogo, non c’è in me alcuna allegra e gioiosa baldanza». Poi partirà alla volta del Messico e degli Stati Uniti dove conosce un’americana di origine russa, Elly Jones, che l’anno successivo partorisce una bambina, riconosciuta da Majakovskij come sua figlia. Lili vorrebbe raggiungerlo negli Stati Uniti, ma nel frattempo ottiene il visto che aveva richiesto per l’Italia, per sottoporsi a cure termali a Salsomaggiore. «Sarebbe bello incontrarci in Italia. […] Scrivi dettagliatamente come vivi (con chi puoi anche non scriverlo). […] Dai, incontriamoci in qualche posto che non sia Mosca, all’estero, sempre che l’estero non ti sia venuto a noia» gli scrive Lili (26 luglio 1925). Si susseguono una serie di telegrammi e poche lettere: «Rispondi per favore con dolcezza. Amo bacio. Tuo Cucciolo» (6 settembre 1925). Lili: «Gosizdat non paga da tre mesi. Massa di debiti. Se puoi invia subito telegraficamente soldi» (12 settembre 1925). «Domani mando soldi telegraficamente. Finite conferenze vengo subito da te. Perdona mio scarso interessamento» (14 settembre 1925). «Martedì o mercoledì mattina andrò a Tiflis e, fatto il mio sermone alla svelta, a Mosca. Mi sono stufato. C’è un sacco di confusione. Organizzatori inesperti. […] Ho una grande nostalgia di te, mia diletta. Tutti hanno bisogno di avere qualcuno: e questo qualcuno per me sei tu» (20 febbraio 1926).

 

 

Nel 1926 “la famiglia Brik-Majakovskij” si trasferisce nel nuovo appartamento trovato da Lili, nonostante ognuno di loro abbia delle storie parallele: Osip con Evgenija Žemčužnaja (con cui resterà per vent’anni), Lili con il regista Lev Kulešov, Majakovskij con Natal’ja Bruchanenko, con cui intreccia una relazione piuttosto impegnativa, a proposito della quale Lili gli scrive: «Per favore, non ti sposare sul serio, perché tutti mi assicurano che sei tremendamente innamorato e che ti sposerai sicuramente! Noi siamo tutti e tre sposati l’uno con l’altro, e sposarci un’altra volta sarebbe peccato» (17 agosto 1927). Ma con la Bruchanenko il pericolo è scampato. La possibilità di un matrimonio si ripresenta in seguito all’incontro con Tat’jana Jakovleva che Majakovskij conosce a Parigi, nell’autunno del 1928. Per vari giorni il poeta non scrive nulla a Lili che, il 2 novembre 1928, lo incalza: «Perché mai non scrivi? Mi piacerebbe proprio saperlo!». Lui risponderà dieci giorni dopo: «La mia vita è in un certo qual modo strana, priva di avvenimenti, ma piena di innumerevoli dettagli che non sono materiale per una lettera, li si può solo raccontare disfando le valigie» (12 novembre 1928). Partito da Parigi a dicembre, Majakovskij vi torna nel febbraio del 1929 e chiede alla Jakovleva di sposarlo e di seguirlo in URSS. La risposta è evasiva. Parte, allora, per Mosca con l’intenzione di fare ritorno a Parigi in ottobre, ma il visto gli verrà rifiutato e il viaggio non avrà luogo. Le circostanze poco chiare del visto negato hanno generato una serie di ipotesi tra cui quella dell’intervento dei Brik, intenzionati a ostacolare il paventato matrimonio con la Jakovleva che avrebbe messo fine alla loro vita in comune. Tale potere nelle mani dei Brik sarebbe derivato da influenti conoscenze presso la Čeka, la polizia sovietica, in cui Osip stesso aveva lavorato fino al 1924. Di fatto neanche il potere sovietico vedeva di buon occhio il matrimonio tra Majakovskij e un’emigrata russa, così che gli interessi di entrambi coincidevano.

Quell’ottobre in cui era programmato il suo viaggio, Majakovskij viene a sapere che la Jakovleva avrebbe sposato un altro uomo, mentre lui già dall’estate aveva cominciato a corteggiare l’attrice Veronika Polonskaja. 

 

«Volodik! Che splendidi fiori crescono da queste parti! Dei veri tappetini – di tulipani, giacinti e narcisi» (14 aprile 1930). Questa è l’ultima cartolina che Lili, da Amsterdam, spedisce a Majakovskij, lo stesso giorno del suicidio. Lili, lontana, viene raggiunta il giorno dopo da un telegramma con la tragica notizia, e si rammarica profondamente, come ha poi dichiarato, di non essersi trovata lì con lui per poter ostacolare o rimandare il suicidio, come era già successo altre volte. 

 

Cala il sipario e comincia il brusio, serpeggiano le dicerie, si accende l’interesse per i dettagli, emergono documenti. Chi è stata davvero Lili Brik? Musa ispiratrice e donna amata o spia e approfittatrice dei soldi e del successo di Majakovskij? O ognuna di queste cose? Per il potere sovietico Lili Brik ha scalfito l’immagine granitica e stereotipata dell’assertivo poeta della rivoluzione, per il quale, contrariamente a quanto avrebbe fatto comodo credere, l’amore ricopriva una parte importante della sua vita, come scrive esplicitamente in una lettera a Lili: «L’amore è la vita, è la cosa principale. Dall’amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L’amore è il cuore di tutte le cose» (febbraio 1923). Lili Brik è stata senz’altro la donna che Majakovskij ha amato di più. Che lei lo amasse meno, come il poeta stesso sembra insinuare in una lettera in cui scrive «in te non c’è amore per me, in te c’è amore in genere, per tutto» (1-27 febbraio 1923), è un giudizio che solo chi è stato direttamente coinvolto può esprimere con cognizione. Di certo è insensato valutare una storia di amore e amicizia come questa secondo gli standard dell’amore e dell’amicizia tradizionalmente intesi. Colpiscono, però, in quindici anni di corrispondenza e 416 lettere totali, i toni sempre carichi di affetto, di premura, di coinvolgimento nella vita dell’altro/a e mai stizza, rancore, disinteresse, risentimento. Anche quando si insinua la gelosia o il timore della dimenticanza, nessuno è accecato a tal punto da incattivirsi o da rinnegare per ripicca il sentimento esistente. Ma le interpretazioni della storia possono essere diverse. Questa, tracciata attraverso la corrispondenza, è una delle narrazioni possibili. 

 

(La corrispondenza tra Lili Brik e Majakovskij è stata curata da Bengt Jangfeldt, Ljubov’ èto serdce vsego. V.V. Majakovskij i L. Ju. Brik: Perepiska 1915-1930, Kniga, Moskva 1982.

Le traduzioni sono tratte dalla versione italiana: V. Majakovskij, L. Brik, L’amore è il cuore di tutte le cose, Neri Pozza, Vicenza 2005.)

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