Follia e modernità, vent'anni dopo

28 Novembre 2013

Esce (finalmente!), a vent'anni di distanza, l'edizione italiana di Madness and Modernism, autore Louis Sass. Titolo italiano: Follia e modernità, sottotitolo: La pazzia alla luce dell'arte, della letteratura e del pensiero moderni.
Si tratta di un lavoro che, nella sua edizione integrale in inglese, conta quasi seicento pagine, opera monumentale. L'edizione italiana, un po' ridotta, ne conta circa 490. Sono assenti alcune parti, come, per esempio, il capitolo dedicato a Schreber, in cui Sass mette a confronto il Panopticon di Jeremy Bentham – progetto illuminista di carceri modello, nella versione di Foucault – con il delirio di Schreber a proposito dei nervi, raggi di Dio:

“Voglio mostrare, scrive Sass, come queste entità, strane e quasi-cosmologiche – che suggeriscono uno strano sistema planetario, esistente in un mondo esterno reificato – possano essere lette come la rappresentazione simbolica di alcuni aspetti della coscienza di Schreber, coscienza strappata e riunita presso un panottico interiore.” (edizione inglese, trad. mia p. 253).

 

 

Un’interiorità panottica telepatica: la profezia di Schreber e l'immagine del Foucault di Sorvegliare e punire. Se pensiamo al sistema di controllo e schedatura universale ai quali siamo sottoposti oggi, sistema che Schreber e Foucault avevano già descritto – l'uno come mondo a venire, l'altro come prodotto illuminista – ci siamo.

Lo schizofrenico, nel caso Schreber, è delirante e preveggente. Pensiamo, per esempio, al fatto che oggi, nelle scienze umane e sociali, non si riesce a confrontarsi senza usare il prefisso neuro-, che sta davanti a tutto: neuromercato, neuroeconomia, neuropsicoanalisi, neurodiversità, neurotipicità, neurosistemi, neuroimmagine. Ecco la profezia di Schreber che aveva un padre che di sorveglianza e punizione se ne intendeva: ortopedie universali.

Questo ci porta a un'altra parte dell'Opera non tradotta, l'Appendice, intitolata Considerazioni neurobiologiche. Non so perché non tradotta. Forse si è pensato che le cosiddette recenti scoperte neurologiche, almeno così come vengono vissute dai non-neurologi (psicologi e psichiatri nella fattispecie), abbiano superato gli argomenti posti da Sass. Vediamone allora almeno uno, in breve sintesi:

“Nei ragionamenti di psichiatria biologica è in gran parte implicita [la seguente] asimmetria […] Le forme della coscienza normale vengono molto spesso pensate come sotto controllo, si pensa inoltre che operino secondo principi razionali... Al contrario le forme anormali della coscienza, almeno quelle caratterizzanti la follia, sono spesso considerate molto diverse...” (edizione inglese, trad. mia, p. 375)

Si confonde il senso comune con la razionalità, mentre ciò che non corrisponde al buon senso è da ascrivere a un malfunzionamento biologico. Che sia il caso di sottoporre psichiatri e psicologi a un corso di logica-matematica per togliere loro dalla testa il pregiudizio che chi non dà per scontato il mondo che ci circonda non è propriamente un demente? Questa visione, largamente accettata, scoraggia ogni ricerca seria che riguardi il significato o l'intenzionalità dell'esperienza psicopatologica, riducendola a un insieme di sintomi mentali (p. 377 mia parafrasi). Si perde, in altri termini, la dimensione morale dell'agire, riducendo la psicopatologia a malattia deficitaria del cervello.

Se, nel tagliare questa parte, si vuol dire che il ragionamento è fuori moda, poco appealing, siamo d'accordo. In questo caso dobbiamo però ringraziare Sass per la riproposizione. La sua obiezione è, dal punto di vista scientifico, del tutto e radicalmente valida. La psicologia clinica che insegna Louis Sass è infatti una scienza radicalmente umana. I suoi testi – non solo Follia e creazione, ma anche The Pardoxes of Delusion (I paradossi del delirio), che un altro noto editore ha rifiutato di pubblicare – sono stati tradotti in diverse lingue, recensiti e studiati ovunque, dalla Francia al Brasile, ove Sass è considerato tra i più importanti pensatori clinici del nostro tempo.

 

 

Veniamo ora al tema più importante che regge l'Opera. La schizofrenia è stata in gran parte associata, in psichiatria, a un indebolimento delle funzioni cognitive. Ebbene Sass, che è un sottile studioso della cultura e dell'arte moderna, sostiene invece che la schizofrenia ha lo stesso funzionamento di gran parte delle opere più importanti della cultura occidentale moderna. Per far questo scomoda autori di grande rilievo come De Chirico, Joyce, Artaud, Francis Bacon, Baudelaire, Coleridge, Joseph Conrad, Genet, Derrida, Ionesco, Kafka, Lautréamont, Beckett, Wölfli, ecc.

A pagina 222 dell'edizione italiana menziona le ingenuità di un test proiettivo (il Test di Appercezione Tematica, TAT, noto anche per le sue applicazioni nella ricerca di Theodor Adorno e collaboratori sulla personalità autoritaria). Si sostiene che il TAT, nel diagnosticare i disturbi schizofrenici, li identifichi come una sorta di atemporalità secondo cui, mentre i nevrotici classici tendono a raccontare una storia costituita da passato-presente-futuro, gli schizofrenici si sottopongono al test con una sorta di “stranezza di tipo semiotico” (p. 223):

“Quando l'esaminatore gli chiede dei confini delle persone descritte, il paziente intraprende uno di quegli strani cambi di cornice di riferimento che sono caratteristici degli schizofrenici e non di altri gruppi: egli risponde che i confini delle persone sono confini della foto” (p. 223) e più avanti: “È interessante scoprire... che di fatto le stesse caratteristiche potrebbero essere individuate  in alcune delle più sofisticate narrative (o antinarrative) del nostro tempo.” (p. 225)

 

 

In altri termini la schizofrenia, secondo Sass, lungi dall'essere l'espressione di un tipo di demenza, è al contrario una competenza iper-riflessiva. Lo schizofrenico, anziché un individuo che perde progressivamente le proprie competenze cognitive, è un individuo che assume immediatamente una visione estetica del mondo, estraniante, che passa attraverso fasi di sensazione-percezione-riflessione-espressione di estrema complessità, di massima sottigliezza. Chi non apprezza l'arte e la letteratura contemporanea, chi trova Joyce noioso, Artaud impossibile, Gadda fastidioso, Pollock incomprensibile, Bacon insopportabile, non capirà mai la schizofrenia, meglio cambi subito mestiere e si dia alla neuro-economia, si guadagna di più.

Resta comunque difficile capire perché ci sia tutta questa resistenza alla pubblicazione di opere come queste in Italia. Quindi, nonostante i tagli, un merito al coraggio di Raffaello Cortina. E The Paradoxes of Delusion? Rimarrà per sempre sepolto presso una casa editrice? Sarà questo un altro problema di neuro-economia? Che dire: corrono tempi penosi.

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