Il Cairo, andata e ritorno
L’andata
Mi stanno ancora inseguendo quando mi accorgo che Magdy è dall’altra parte del guardrail. Perché sia lì è un mistero al quale non ho voglia di dare una spiegazione ora. Ci saranno quaranta gradi, la valigia, e un gruppo di tassisti egiziani da cui fuggire. Mi divincolo e attraversando sei corsie di auto infuocate e saettanti mi dirigo verso di lui. In altre condizioni avrei chiesto a Magdy per quale motivo non mi aspettava al solito posto, e perché mai mi ha fatto attraversare una specie di autostrada per andargli incontro. Ma sono le due del pomeriggio, è maggio, e siamo al Cairo.
Entro in auto, abbasso i finestrini e partiamo per andare a Garden City, il quartiere a sud di piazza Tahrir.
Chiedo ad Ahmed per chi ha intenzione di votare tra una settimana.
Il 23 maggio ci saranno le elezioni presidenziali, tredici candidati che si contendono il passaggio di turno al ballottaggio per diventare il primo Presidente eletto dopo Mubarak.
Per andare dall’aeroporto del Cairo al centro si impiega in auto tra i cinquanta minuti e le tre ore, a seconda del traffico. Oggi siamo abbastanza fortunati, in un’ora siamo già sulla sopraelevata che attraversa i quartieri a nord di piazza Tahrir, e Magdy non ha ancora risposto alla mia domanda ma mi ha raccontato i giorni passati a manifestare in piazza durante la rivoluzione, tra gennaio e febbraio del 2011.
Magdy ha partecipato alle manifestazioni fin dal primo giorno ed ancora non riesce a credere che il movimento rivoluzionario non é stato in grado di esprimere un candidato per le presidenziali. L’età media del parlamento egiziano eletto dopo la rivoluzione é più del doppio di quella dei rivoluzionari, dice. Intanto, mentre ci avviciniamo al centro, il traffico aumenta e i finestrini dell’auto fanno entrare l’aria calda come dei giganteschi asciugacapelli sparati sulle nostre facce. Magdy mi scarica all’ingresso dell’hotel dicendo che ha un appuntamento e scappa via, senza avermi detto per chi voterà.
Sono al Cairo per seguire la chiusura della campagna elettorale di tre candidati. In tutto l’Egitto non si parla d’altro che di elezioni e di politica, ormai da almeno un anno.
21 maggio - Abdel Moneim Aboul Fotouh
A Zamalek, l’isola sul Nilo che è anche il quartiere delle ambasciate e di una parte dell’alta borghesia locale, si tiene il comizio finale della campagna elettorale di Aboul Fotouh, l’ex membro dei Fratelli Musulmani che ha lasciato il partito per candidarsi come indipendente. Ci sono almeno diecimila sostenitori, atmosfera da stadio, le immagini del pullman del candidato che arriva nell’arena attraversando strade piene di gente vengono trasmesse in diretta sui maxischermi del palco, e dopo il suo ingresso una ventina di invitati fanno il loro discorso prima che lui prenda la parola. Due di loro meritano un’attenzione particolare, anche perché parlano uno dopo l’altro: Emad Abdel Ghaffour, leader Salafita di Al Nour, partito islamista ultra conservatore, e Wael Ghonim, il giovane responsabile del settore marketing di Google per il Medio Oriente e l’Asia, che insieme ad Ahmed Maher ha fondato il movimento “April 6”, uno dei protagonisti della rivoluzione egiziana, indicato da Time come la persona più importante del 2011. Due personaggi dell’Egitto contemporaneo che rappresentano due modi di concepire il futuro del paese se non opposti quantomeno molto distanti.
Aboul Fotouh nel suo discorso sottolinea più volte l’idea di un Egitto unito che superi le differenze tra il sud rurale e il nord metropolitano, tra la minoranza cristiana e la maggioranza musulmana. La folla eterogenea che lo acclama sembra dargli ragione. Tutti sventolano le bandiere arancioni fornite dall’organizzazione all’ingresso dell’arena.
22 maggio - Khaled Ali
La campagna di Khaled Ali, il giovane avvocato vicino ai rivoluzionari, é stata condotta con pochissimi mezzi ma con molto entusiasmo e il suo comizio finale, a pochi passi da piazza Tahrir, tenuto su un palco improvvisato di fronte all’ingresso di un cinema, davanti a un pubblico formato da un centinaio di sostenitori che quasi bloccano il traffico con la loro presenza e che distribuiscono volantini infilandoli sui tergicristalli delle auto in transito, é la degna chiusura di una campagna appassionata. Dopo il comizio ci troviamo con il candidato e il suo team al primo piano del palazzo del cinema, in una libreria il cui proprietario é un sostenitore di Khaled Ali. Parliamo a lungo con Asmaa, una delle responsabili della campagna elettorale, che ci racconta come cose del genere fino a pochi mesi prima sarebbero state impensabili. Un anno fa, ci racconta, il solo formare un gruppo di persone che parlavano in strada poteva essere punito con l’arresto.
Tutto il team di Khaled Ali é formato da giovanissimi che hanno partecipato alla rivoluzione in prima persona, l’entusiasmo attorno a lui é stato inversamente proporzionale ai mezzi a disposizione della sua campagna.
22 maggio - Mohamed Morsi
Decine di fari che proiettano fasci di luce nel cielo della città ci indicano il luogo del comizio finale di Morsi, tenuto lo stesso giorno di quello di Khaled Ali. Una macchina organizzativa ancora più impressionante di quella vista il giorno prima con Aboul Fotouh. Il luogo scelto é di fronte all’Abdeen Palace, la residenza principale del Presidente egiziano. Qui la differenza con gli altri candidati é evidente. Morsi ha un partito vero che lo appoggia, davanti a lui stasera ci sono migliaia di persone che sono unite non solo (e non tanto) dall’appoggio ad un candidato, ma sopratutto dall’appartenenza ad un’organizzazione. I Fratelli Musulmani sono stati per decenni all’opposizione, con i leader spesso incarcerati, e sono riusciti a far eleggere propri rappresentanti al parlamento anche durante la dittatura. La forza di Morsi (chiamato non troppo amichevolmente “la ruota di scorta”, perché sceso in campo dopo l’esclusione del primo esponente scelto dai Fratelli Musulmani) é tutta nel suo partito, e tra gli entusiasmi urlati al comizio sono in molti ad esprimere sottovoce l’insoddisfazione per un candidato ritenuto troppo debole.
Ma stasera il cielo é invaso da fasci di luce, mentre Morsi declama una lunga lista di nomi di città e villaggi sparsi lungo il Nilo, i luoghi da cui il suo partito trae la sua forza.
Il ritorno
Magdy mi aspetta nella hall dell’hotel. É il secondo giorno delle elezioni, ed in tutto l’Egitto milioni di persone vanno a scegliere il loro Presidente per la prima volta nella loro vita. Chiedo a Magdy se ha votato, e per chi. E lui inizia a parlare della rivoluzione, di quando era a Tahrir, di come il giorno della battaglia dei cammelli fu sfiorato da uno di quegli animali, che lo urtò, ma lui non cadde.
Sosteniamo Devotional, il progetto di Saverio Pesapane, con il crowdfunding.
Nel 2012 tre paesi scelgono il loro nuovo Presidente. Il 4 marzo in Russia Vladimir Putin è stato eletto Presidente per la terza volta, dopo quattro anni da Primo Ministro. Il 21 giugno Mohammed Morsi è stato proclamato vincitore delle elezioni in Egitto diventando il primo Presidente eletto dopo la deposizione di Mubarak. Il 6 novembre gli Stati Uniti sceglieranno il loro nuovo Presidente.
Saverio Pesapane, autore della Cartolina da Il Cairo qui pubblicata, ha girato It’s Countryside, un documentario sulla rivoluzione e sulle elezioni in Egitto, viaggiando dal Cairo ad Aswan, tra dicembre 2011 e giugno 2012. Dall’esperienza del film, co-prodotto dalla Biennale dell’Architettura di Rotterdam, dove è in mostra un’anteprima del lavoro, nasce il progetto Devotional.
Devotional è un film documentario sulle elezioni presidenziali del 2012 in Russia, Egitto e Stati Uniti, lette attraverso le storie e le vite degli attivisti e dei semplici cittadini che hanno deciso di impegnarsi nelle campagne elettorali. Le riprese sono iniziate al Cairo nel dicembre 2011, proseguite in Russia durante la settimana elettorale nel marzo 2012 e continueranno nel corso di quest’anno.
Linkando qui si può sostenere Devotional con una donazione.
Saverio Pesapane vive e lavora a Milano. Nel 2006 ha realizzato Lost Highway, un documentario girato tra Napoli e Caserta. Nel 2008 ha scritto e co-diretto con Francesco Jodice “A water Tale”, un cortometraggio incluso in Stories on Human Rights, un film commissionato dalle Nazioni Unite per il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Nel 2008 ha realizzato Aral Citytellers, un documentario sul Lago d’Aral in Kazakhstan, e nel 2009 Dubai Citytellers. Ha scritto e co-diretto una serie di cortometraggi sulla diffusione dell’HIV in Kenya nel 2010.
I suoi lavori sono stati in mostra alla Biennale di Architettura di Rotterdam, al MAMbo di Bologna, al Madre di Napoli, a Videozone V: Biennale di Video arte di Tel Aviv, all’Impakt Festival di Utrecht, al Free Zone Film Festival di Belgrado e sono stati inclusi nella alla mostra Ritratti del Potere a Palazzo Strozzi, Firenze.
Questi i link in cui leggere del film e dell'autore:
www.facebook.com/devotionalthemovie