Io vado a 30 all’ora
Mi sono rivolto all’Intelligenza Artificiale (IA) per un parere sull’abbassamento della velocità in città da 50 a 30 km/h e mi ha risposto così in meno di 30 secondi:
Il limite di velocità di 30 km/h potrebbe avere dei vantaggi per la sicurezza stradale e per la qualità dell'aria nel centro di Milano. Una velocità più bassa significa meno incidenti e meno inquinamento, in quanto le macchine emettono meno gas di scarico. Inoltre, una velocità più bassa potrebbe anche incoraggiare le persone a utilizzare mezzi di trasporto alternativi, come la bicicletta o i mezzi pubblici, che sono più sostenibili.
D'altra parte, un limite di velocità così basso potrebbe causare rallentamenti nel traffico e potrebbe rendere più difficile per le macchine raggiungere le loro destinazioni in modo tempestivo, soprattutto se la città non è preparata per gestire i flussi di traffico con un limite di velocità così basso.
In generale, la decisione di imporre un limite di velocità così basso dovrebbe essere basata su una valutazione approfondita delle implicazioni per la sicurezza stradale, l'inquinamento e la mobilità. Inoltre è importante considerare se esistono alternative o misure di accompagnamento per gestire le eventuali criticità. (Testo prodotto da ChatGPT, 12 gennaio 2023)
Diciamo che c’è quanto basta per avere una minima base di discussione. E detto da ChatGPT, in un attimo, fa pensare che come società abbiamo già a disposizione una materia condivisa sufficiente per affrontare la questione. In effetti, al di là dell’IA – di cui parleremo abbondantemente nei prossimi decenni –, sul tema dei 30 km/h in città forse non c’è granché di essenziale da aggiungere. La questione si riduce al prevalere o meno del fronte della sicurezza dei cittadini rispetto a quello, alternativo, di lasciare le strade a completa disposizione del vortice economico in nome della libera circolazione delle persone. Le città devono semplicemente decidere quale delle due ragioni deve prevalere. E il vero nodo sta proprio in questo “semplicemente” che si contrappone con un quadro di grande complessità.
Quando nel 2021 Parigi approvò l’abbassamento del limite di velocità, David Béliard, assessore dei Verdi della giunta comunale, parlò di una “grande vittoria culturale” (la Repubblica, 11.01.2023). Ebbene, io credo che questa sia la vera conquista di cui tenere conto. Certo il dato per cui la mortalità diminuisce di nove volte a 30 km/h rispetto ai 50 e le ferite sono molto meno gravi è dirimente, ma il peso del tema, tuttavia, non sta nelle evidenze degli aspetti tecnici, piuttosto nella conquista culturale in favore della cosiddetta “mobilità dolce” fatta di verde, biciclette e passeggiate, cioè della dimensione “buona” del vivere comune. Per altro sarebbe interessante parlare di quante diverse sfumature sia fatta la gente che si muove in una grande città, delle stratificazioni umane che non potranno mai essere ridotte a schede sociologiche.
Chi volesse divertirsi sul tema delle variegazioni dell’umanità urbana può leggere l’analisi che il semiologo Jean Marie Floch ha svolto sui passeggeri della metropolitana parigina individuando tra loro “esploratori, sonnambuli, bighelloni, professionisti” (a Milano ci sarebbero anche le frotte di ragazzi che corrono alla Iulm Food Academy per seguire la prima lezione su “Benessere e immagine, il ruolo dei protagonisti della tv” della neo-cattedratica Barbara D’Urso, autrice per il Mulino di Quanti anni mi dai? I miei segreti per essere bella sempre).
Ma la cultura, intesa come capacità di elaborare la coscienza in relazione agli obiettivi di benessere dell’umanità, è un affar serio. Italo Calvino, nella sua lezione americana sulla Rapidità, ricorda un passo del Saggiatore in cui Galileo Galilei dice: “Se il discorrere circa un problema difficile fosse come il portar pesi, dove molti cavalli porteranno più sacca di grano che un caval solo, io acconsentirei che i molti discorsi facessero più che un solo; ma il discorrere è come il correre, e non come il portare, ed un caval barbero solo correrà più che cento frisoni” (Italo Calvino, Lezioni americane, Garzanti, 1988, p.43). Cioè a dire che o ci si tira su le maniche dell’intelligenza mettendo in campo e confrontandoci su visioni che ci possano guidare sanamente verso una vita più dolce, appunto, o la bruttura e la brutalità generalizzate saranno il nostro pasto quotidiano.
Non sono in discussione la ragion d’essere di velocità o lentezza, che sono semplicemente due dimensioni della nostra natura. Non perderei tempo con gli elogi dell’una o dell’altra, con i surrealisti o con Robert Walser, questa è un’altra faccenda. Qui si tratta di coniugarle opportunamente al nostro presente storico e non è facile perché è un problema che ha a che vedere con il tipo di crescita che la nostra società ha avuto, spesso legato alla velocità, il demone (fasullo) della modernità.
Il salto culturale ha un prezzo, per compierlo bisogna mettere in discussione la cultura economica (che soprattutto nelle grandi città trova piena realizzazione) del neo-liberismo secondo il quale “ognuno è l’impresa di sé stesso”. Per questo le dinamiche sociali indotte dall’economia governano a scapito di tutto il resto. È un contesto in cui ciascuno di noi ha davanti un muro da scavalcare: la salute, l’istruzione, la casa. Si tratta di un muro altissimo e molte persone non ci riescono. Hai un bel parlare di “mobilità dolce”, ma chi ce la fa appena o non ce la fa proprio, chi è nell’Ottantapercento (il 5% degli italiani è più ricco dell’80% della popolazione, OXFAM, 2023), difficilmente, se non in occasione delle elezioni, può, come si dice, intervenire nel dibattito. Se l’economia “porta i pesi” la politica dovrebbe “discorrere” del dove e come. Già i colpi della pandemia, gli squilibri climatici e le crisi internazionali indotti dalla guerra russa contro l’Ucraina ci hanno imposto rapide revisioni dei paradigmi. Questo della velocità dei mezzi nelle città è un’ulteriore richiesta di cambiamento dei nostri schemi mentali.
C’è da dire che Milano è in buona compagnia con Parigi, Bruxelles, Helsinki, Valencia, Zurigo, Lille, Bilbao, Graz, Grenoble e Londra. In Italia si stanno muovendo Bologna e Torino, Olbia è già al traguardo dal 2021(Domani, 11.01.2023). È un nuovo paradigma che si sta affermando, prendiamone atto e incoraggiamolo. Si tratta, dicevo prima, di “elaborare la coscienza in relazione agli obiettivi di benessere dell’umanità”, e andare a 30 km/h nelle città forse vuole dire che ci stiamo riuscendo. Ce lo dice in frazioni di secondo persino l’IA.