Palcoda: un'Intervista Italo Zannier

14 Giugno 2023

Italo Zannier (Spilimbergo, 1932) rappresenta un vero unicum nel mondo della fotografia: è stato infatti il primo in Italia ad ottenere una cattedra di Storia della Fotografia, diventando figura portante e innovativa nel mondo della ricerca in questo settore. 

Ha insegnato nelle più importanti università italiane, come lo IUAV di Venezia – incontrando tra i suoi studenti i futuri capostipiti della fotografia italiana, come Guido Guidi – alla Cattolica di Milano, all’Università Ca’ Foscari, sempre a Venezia. È autore, come ama ricordare, di più di cinquecento saggi, tra pubblicazioni specialistiche e monografie da lui curate, come quella su Fulvio Roiter – uno dei fotografi che più lo hanno interessato – per il catalogo della mostra Infinita passione (2008).

Zannier è inoltre un autorevole rappresentante della fotografia neorealista, avendo narrato attraverso i propri lavori l’evoluzione del Friuli-Venezia Giulia – sua terra d’elezione – e dell’Italia in generale dal secondo dopoguerra al boom economico, con una particolare attenzione alla trasformazione del paesaggio, sia naturale che urbano, e a chi lo abita. 

In questo senso il lavoro di cui abbiamo trattato nell’intervista, dedicato al borgo friulano abbandonato di Palcoda, rappresenta il perfetto apice della sua ricerca, in cui anche le tracce dell’uomo, intrecciate all’architettura abbandonata ora inglobata nel sistema vegetativo che la attorniava, risultano di primario interesse per lo storico. 

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

Alcuni titoli che hanno segnato il corso dei decenni della sua lunga carriera sono: Storia e tecnica della fotografia (1982); L'io e il suo doppio: un secolo di ritratto fotografico in Italia, 1895-1995, a cura di Italo Zannier, con la collaborazione del Direttore del Settore Arti visive della Biennale Jean Clair, Susanna Weber e Daniela Cammilli, Firenze, Alinari – in occasione dell'Esposizione internazionale d'arte di Venezia (1995); Leggere la fotografia (1993); Fantastoria della fotografia, Arti Grafiche Friulane (2003); La lanterna della fotografia. Dall'invisibile all'ignoto, La Nave di Teseo (2017).

È inoltre membro della "Société européenne d'histoire de la photographie” e ha curato la sezione Fotografia in occasione di alcune edizioni della Biennale d'Arte di Venezia e della Biennale di Architettura di Venezia.

Le sue opere sono conservate negli archivi Alinari.

Il libro dedicato agli scatti di Italo Zannier (Spilimbergo, 1932) sul borgo friulano abbandonato di Palcoda, edito da Editrice Quinlan nel Novembre del 2022, è la preziosa testimonianza di un luogo ora lasciato in balia delle leggi della natura e non più di quelle dell’uomo, che smise di abitarlo nei primi decenni del Novecento, e più ancora dopo la Resistenza partigiana. 

Sfogliando le pagine del libro, si ha la sensazione di trovarsi di fronte alla volontà umana di non lasciar perire ciò che si ha di più caro, che sia luogo o persona: sensazione rafforzata dalle indicazioni dettagliate per raggiungere Palcoda grazie a due sentieri distinti. Pare infatti che il lavoro voglia essere in qualche modo anche una guida per futuri visitatori, magari per aiutarli a rintracciare un tesoro che altrimenti rimarrebbe sepolto.

Questo lavoro si inserisce quindi nell’inesausta volontà di raccontare e documentare la propria terra d’origine in un passaggio che sembra portare dal noto all’ignoto, fino al “dimenticato”. 

La visione di Palcoda negli occhi di Zannier non è caratterizzata, né guidata, da un mero piacere panoramico: la scelta di immortalare i dettagli e di porsi a una distanza relativamente ravvicinata con l’ambiente, permette di prendere coscienza dell’“epidermide” architettonica e naturale che oggi la caratterizza. Nel condurci dentro le sue rovine sembra che Zannier voglia farci toccare con mano le scalfitture delle pietre che sono rimaste miracolosamente erette. 

Nella breve e intensa intervista telefonica, abbiamo ripercorso la genesi di questo suo lavoro, il sogno e la volontà di far emergere Palcoda dall’oblio, restituendola come simbolo del vero valore del mondo.

L’operazione fotografica portata avanti da Lei a Palcoda pare voglia riportare in superficie elemento che si deduce anche dal Suo testo introduttivo non solo la vita ormai mitologica degli abitanti del territorio, ma anche il ricordo e il valore della Sua infanzia, quasi volendo vedere in quei luoghi le tracce di una e insieme molte esistenze passate. In poche parole, le Sue montagne sembrano il simbolo della fotografia stessa, anch’essa testimone e creatrice di una memoria privata e insieme collettiva. Come vede il legame tra montagna e fotografia?

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

La montagna, come soggetto in fotografia – questo lo dico da storico – è stato uno dei primi temi dei fotografi dell’Ottocento, specialmente i grandi americani esploratori come William Henry Jackson, Timothy O’Sullivan, che fotografavano lo Yosemite e lo Yellowstone, veri incunaboli della storia visiva del mondo. La montagna è da sempre stato un soggetto a cui si faceva come prendere il posto della Luna, dato che la Luna era troppo lontana. La montagna era un luogo mitico, e religioso, anche. In Italia abbiamo avuto il grande Vittorio Sella, che fotografò le Alpi. La storia della fotografia della montagna è un capitolo straordinario, ho fatto anche un paio di libri a riguardo. 

In Italia, ora, chi si occupa di fotografia si occupa dell’aspetto filosofico e concettuale della fotografia, ignorando che tutto nasce da zero. Questa è la mia verità del mondo, visto attraverso il passaggio dall’alfabetismo letterario a quello visivo. 

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

Leggendo le parole di Suo figlio Giulio, nel libro, si apprende che l’idea di fotografare Palcoda sia nata da un incontro con un amico a Venezia. Mi racconta com’è nato in Lei questo progetto? 

È nato perché io sono oriundo della montagna. La mia etnia, diciamo, è della montagna alta. Gloriosa, anche. Forse, veniamo tutti da quella grotta che c’è a Pradis di Sotto, nel comune di Clauzetto, in cui è probabile che vivessero i Neanderthal. Sono altri tempi. Io, alla mia età, esploro nel sogno da dove veniamo. Coi miei avi abbiamo vissuto nella montagna, straordinaria di gente che sapeva lavorare la pietra – la pietra di Clauzetto, che era un marmo prezioso. Anche mio nonno lavorò con una sua piccola impresa, nella Transiberiana, per un paio d’anni. Adesso non voglio raccontare tutta la storia, ma questo aspetto fa parte del motivo per cui alla mia età, a 91 anni, si inizia a pensare anche al passato, che è il vero presente. Così mi è venuta l’idea di questo luogo fiabesco, perché mia nonna mi recitava quella filastrocca che trova anche nel mio breve testo nel libro – Palcoda è bella e Venezia è sua sorella! – che era una forma ironica e sarcastica di celebrare questo luogo ormai abbandonato. Che però aveva le sue ragioni di vita, no? Con le capre, le pecore, le mucche, gli alberi… in cui la gente era abituata a mangiare poco. L’idea di Palcoda allora è diventata per me un’idea romantica, soprattutto guardandola ora, senza neve, mentre le zone più ricche, come Cortina o Saint Moritz, invece, sono ancora innevate. Allora, ecco, ho voluto romanticamente ricordare, segnalare, questa montagna senza neve, che sarà poi anche il futuro dell’uomo.

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

Il mio è stato niente più di un tentativo che Palcoda venisse segnalata come un bene dell’umanità dell’Unesco. È troppo facile far apparire beni dell’umanità i borghi restaurati, pieni di turismo, ricchi di una ricchezza effimera, semmai… Quella di Palcoda non è una ricchezza effimera, è la ricchezza del mondo. Ed è questo il motivo per cui ho voluto fare questo sforzo, anche fisico, percorrendo alla mia età quasi sette ore di cammino in montagna, aiutato da un magnifico uomo della forestale! Ed è stato emozionante, questo forse non è scritto nel libro, quando siamo arrivati, vedere l’eroico forestale correre a suonare la campana della chiesetta. Un’emozione rara per un razionalista come me, cinicamente realista. 

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

Lei è stato anche un grande fotografo, oltre che storico. È stato un piacere poter rivedere gran parte della Sua produzione nel preparare questa intervista sul sito dell’Archivio Alinari, che ora conserva la Sua vasta opera. 

Ho iniziato col cinema, in verità, tra il 1948 e il 1949, per passare poi alla fotografia che mi era più facile. Dipingevo, anche. Il passaggio dell’immagine è stato inevitabile, dal dipinto al cinema, alla fotografia e alla sua storia. Sono stato un fotografo del neorealismo: la miglior metafora del mio esordio come fotografo neorealista, negli anni Cinquanta, è l’aver fotografato gli ambienti friulani nel 1953 e averli fotografati di nuovo, dallo stesso punto di vista, negli anni Sessanta. Questo per evidenziare il passaggio dal dopoguerra agli inizi del consumismo che portò, per esempio, a sostituire un focolare di pietra con una stufa a gas, a modificare gli interni, gli arredi, i pavimenti, i soffitti e a credere inevitabilmente – e giustamente, aggiungo – nel progresso.

La Sua è una documentazione iconografica dello stato attuale di Palcoda, immobile e sacrificata a un passato di indomita vitalità che difficilmente potrà tornare, come anche scrive nel libro Gianfranco Ellero. Rileggendo il suo testo del 1957 “26 Fotografi italiani” riportato in Lo sguardo critico – Cultura e Fotografia in Italia 1943/1968 curato da Cesare Colombo, scriveva che è nel “documentare” e nell'”aggiornare" che si trova la principale funzione della fotografia: è ancora d’accordo con questa tesi? 

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

Ecco, partendo dalla parola documentare, ora direi più che la fotografia segnala, non documenta. La fotografia è una realtà nuova, non è la realtà. È la realtà dell’immagine. La realtà esiste nel vivere, nella sua temperatura, nella percorrenza, nell’odore, nel profumo e nel sapore. La fotografia è la realtà che viviamo, ed è necessario conoscere il suo linguaggio, tutte le sue ambiguità. 

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Italo Zannier, Palcoda, Editrice Quinlan 2022.

Così, prima di salutarci esclama, quasi incarnando una nuova Cassandra, anche lui profeta, oltre che storico, di un altro mondo:

“Le assicuro che quello che dico è tutto vero, mi creda!”

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