Photo trouvée

13 Febbraio 2011

Come racconta e spiega benissimo André Breton in quel bellissimo (non)romanzo che è L'amour fou, a volte certi oggetti ci vengono incontro, come se ci chiamassero dal loro posto e si rivolgessero proprio a noi. Lo chiama caso oggettivo, ossimoro – “diminuito”, direbbe forse Marcel Duchamp – che mi pare molto affascinante. In fondo questo è il principio primo del punctum di Roland Barthes, mi pare: qualcosa dall’interno dell’immagine incrocia un nostro interesse radicato, nel personale o nell’inconscio, ed essa ci attrae senza che sappiamo dire perché; poi, in un secondo tempo, scopriamo quanto intimo fosse ed è quel rapporto. (A volte non lo scopriamo del tutto, a dire la verità, ma questa è un’altra faccenda).
A me è capitato con una fotografia proprio recentemente, all’ultimo Mois de la Photo parigino: dopo aver visitato la fiera e non so quante esposizioni in giro per la città, mi fermo con degli amici in un negozietto molto noto del Marais dove si scartabella in scatole di fotografie anonime e senza valore commerciale alla caccia di curiosità.
Senza scomodare l’inconscio e senza annoiare con il mio eventuale, ecco per curiosità la fotografia che mi ha chiamato dal mucchio. È divertente: non si capisce subito di che cosa si tratta, sembrano degli alberi o altro, ma poi si vede che i tronchi sono in realtà delle zampe d’animale; sembra allora, anche, che sia come se il gruppo di “alberi” ci venisse incontro (appunto). Infine, devo dire che la zampa in primo piano, unica in luce, è davvero sexy con quella sua mossa vezzosa che sembra ruotarla e pare un passo da modella sulla passerella!
Beh, ha a che fare con la fotografia, no? Con la fotografia in generale: come l’immagine fotografica ci si presenta.
C’è un libro, tutto fatto di fotografie anonime, “trovate”, che a uno sguardo appassionato paiono miracolosamente tutte dei capolavori, comunque tutte delle scoperte. Un libro di fotografie, di fotografia, bellissimo: Photo trouvée (al singolare, come appunto si sarà notato), a cura di Michel Frizot e Cédric de Veigy. Altrettanto, a me pare, per quanto interessanti e convincenti siano gli argomenti di Clément Chéroux sull’“errore fotografico”, quanto sono belle, al di là dell’errore, le fotografia anonime riportate.

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