Rachele Maistrello: sconfinamenti fotografici

11 Settembre 2024

Che ruolo ha la memoria individuale quando viviamo in un mondo in cui la maggior parte delle informazioni è falsata da chi riscrive a suo piacimento gli eventi della storia? Cosa ricordiamo veramente guardando fotografie che testimoniamo istanti decisivi (vissuti da altri o da noi)? Cosa abbiamo appreso dalla storia attraverso documenti fotografici? Molte volte, a distanza di tempo, abbiamo compreso che le immagini non avevano detto la verità. Attraverso un ricordo è possibile ripensare un accaduto, ma è anche probabile che una immagine fotografica contribuisca a modificare un ricordo reale e perfino a ottenere la sua falsificazione. Quasi mai le cose sono come sembrano in prima battuta. Quindi cosa ci rivela una fotografia che ha registrato l’impronta di un frammento di esistenza? Quali verità e realtà sono rimaste impresse in una fotografia documentaria, scattata da una persona che ha proiettato qualcosa di sé e delle sue convinzioni nella realizzazione dello scatto o della ripresa? Rachele Maistrello sonda il rapporto tra verità e finzione, gli effetti del fraintendimento, le potenzialità celate nell’incompiuto. Cerca di comprendere la duplice natura dell’immagine fotografica: essa è memoria appartenente alla storia e a qualcosa che è accaduto realmente nel tempo e in un determinato punto geografico (e che può essere anche una ri-attivatrice di ricordi), ma è anche un documento visuale che può essere falsato da dimenticanze, altre narrazioni, interpretazioni errate, reinvenzioni soggettive. Maistrello cerca di restituire aspetti del paesaggio e atmosfere non immediatamente riconoscibili. Innesca cortocircuiti e sgambetti per indurre i fruitori delle sue opere a vedere le cose in modo diverso. È soprattutto interessata alla possibilità di documentare qualcosa che potrebbe essere stato, ovvero rendere visibile l’accaduto (o meglio, ciò che potrà accadere) per un futuro immaginario. In A Hero’s Life (2013) giovani acrobate mettono in azione la possibilità di immaginare un futuro nel presente. Il medium fotografico è stato utilizzato per testimoniare la proiezione di un futuro possibile, qualcosa che potrebbe avvenire, una via per stabilire un dialogo con qualcosa che pare slegato dal tempo convenzionale. Sebbene l’artista cerchi di utilizzare la fotografia al contrario di come solitamente viene praticata dentro il flusso causale e cronologico del divenire, le sue opere non trascurano la realtà, e prendono corpo nella coazione tra testo, narrazione e immagine: aprono al possibile che non si è ancora manifestato, a probabili inciampi, alle trame della realtà onirica, al di là della mera presenza dei fatti che accadono. Ne sortisce una fantascienza famigliare e il tentativo di andare oltre ciò che in apparenza pensiamo di vivere, per aprirsi al non definito e al non totalmente definibile. In Stella Maris (2017-2019), Maistrello ha utilizzato il paesaggio che circonda una casa di riposo per dare spazio all'immaginario e alle percezioni degli anziani non più autosufficienti che la abitano, paesaggio sito nella striscia di terra che separa il mare Adriatico dalla laguna di Venezia. Il lavoro è costituito da una serie di interviste audio, scritte e video, riprese durante la sua lunga permanenza nella casa Stella Maris, da pezzi di corteccia dagli alberi del parco dell'ospizio, dalle cui forme sono state realizzate sagome fotografiche delle acque che gli anziani vedono quotidianamente dalle finestre delle loro stanze. Le sagome fotografiche poi sono state installate nell'acqua, come fossero sculture che affiorano dalla laguna, e fotografate attraverso un banco ottico. Con alcuni anziani, l'artista ha costituito mappe del loro immaginario, attraverso disegni, diari, creando un catalogo-atlante dei loro ricordi e pensieri quotidiani. Attraverso questa modalità, i media utilizzati e messi in coazione con il medium fotografico sondano un paesaggio più esteso, oltre i confini dello sguardo e della topografia geografica. Con Doppiozero abbiamo raggiunto l’artista veneta per porle alcune domande sulle sue indagini e ricerche rispetto al paesaggio e agli sconfinamenti dal perimetro fotografico.

Mauro Zanchi: Come ti poni rispetto allo spaziotempo che ti sta attendendo (qui lo intendo come un paesaggio che ti viene o verrà incontro), ovvero col futuro e con le opere che non hai ancora realizzato? 

Rachele Maistrello: L’immagine sintetica, che si profila sempre più presente nella nostra quotidianità, richiede un processo di creazione diametralmente opposto a quello dell’immagine fotografica. Sebbene l’interfaccia possa combaciare, ciò che la sottende non è più un’impronta del reale, bensì un processo computazionale molto complesso e assetato di energia. Per stare al passo di questa pressante domanda di contenuti visivi, calcoli mastodontici divorano Watt e tonnellate d’acqua per raffreddare vere e proprie città-server. ChatGPT sembra consumi già adesso circa 1 gigawattora (GWh) al giorno, l'equivalente del consumo di 33.000 famiglie statunitensi medie. Entrati ormai nell’era dell'iperconsumo, le immagini che ci attendono saranno sempre più problematiche e richiederanno una presa di posizione sempre più drastica da un punto di vista etico ed ecologico. La mia pratica propenderà sicuramente sempre più verso un’ecologia radicale dell’immagine e del pensiero, modellandosi a partire da domande sempre più pressanti sul presente, come già è avvenuto nei miei ultimi progetti Green Diamond e Blue Diamond, senza per questo perdere una dimensione poetica e spirituale. Questa tendenza all’essenzialità, al riciclo visivo e alla centralità del contenuto, non rinuncerà tuttavia a farsi portavoce di una complessità sempre più stratificata.

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Rachele Maistrello, Green Diamond, Installation view presso museo Maxxi 2021, fotografia di Luis Do Rosario (courtesy Museo Maxxi e l'artista).

Come cerchi di forzare il limite fotografico verso nuove possibilità interpretative o intrecci linguistici o aperture metalinguistiche che possano metterlo in crisi?

Attraverso le vicende ritrovate della ricercatrice e acrobata Gao Yue, dal 2020 esploro particolari aspetti del complesso rapporto tra uomo e natura, utilizzando il criterio della presunta ricostruzione storica. Sia Green Diamond che Blue Diamond ricostruiscono la sua vita attraverso un bacino di materiale eterogeneo: tabelle di entrata e uscita in fabbrica, certificati di immatricolazione, stampe analogiche su carta fotografica anni ’70-‘90, frammenti di lettere, diapositive e video VHS, diari calligrafici e scontrini fiscali. Questo materiale va a comporre diversi momenti della sua storia e ne dimostra, verosimilmente, l’esistenza. La datazione dei materiali incomincia nel 1998, quando Gao Yue, grazie al suo talento dimostrato presso la scuola di arte acrobatica di Pechino, viene assunta per testare dei sensori sperimentali presso l’azienda Green Diamond di Jinghai Road. I microchip, una volta impiantati nel corpo, servono a stimolare sensazioni fisiche, come l’aria fresca o il calore sulla pelle, grazie alla combinazione di infrasuoni e interfacce neuronali. Gao Yue li testa in modo assiduo, e finisce per abusarne fino al 1999, quando termina la sua assunzione in azienda. Green Diamond si dissolve nel nulla poco dopo e l’unica traccia che resta non sono altro che i materiali personali di lei, preservati come testimonianza d’amore dal suo fidanzato dell’epoca, Li Jian Ping, operaio presso la sua stessa fabbrica, inventariati e divulgati in un sito-opera del 2020.

1999 Gao Yue è ricercatrice/apneista presso la Blue Diamond, che si avvale di un nuovo contesto di ricerca: l’oceano ad elevate profondità. Come in Green Diamond, anche nell’oceano gli ultrasuoni sono fondamentali a livello percettivo e contribuiscono, inoltre, a complesse interazioni tra specie. Gao Yue non solo li conosce perfettamente, ma li sa interpretare meglio di chiunque altro, grazie alla sua capacità di cogliere frequenze sotto la soglia umana, dovuta agli esperimenti condotti a Pechino. Non sappiamo cosa ci sia di vero in questa meticolosa ricostruzione storica, ma, di fatto, ciò che riguarda Gao Yue, riguarda anche noi: il rapporto mai del tutto svelato tra spirito e materia, il confine tra l’uomo e natura. La fotografia, testimonianza di un terreno scivoloso, è qui ombra di mondi interiori eppure prova scientifica e biografica presumibilmente attendibile. Il fotografico, sempre più speculativo e allo stesso tempo comprovante, ci parla di bisogni profondi e di interfacce: interfacce sintetiche per ricreare la percezione sensoriale (Green Diamond) e di interfacce sinestetiche e trascendenti (Blue Diamond). 

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Rachele Maistrello, Green Diamond (factory : 1998 - 1999), stampa a pigmento su carta Canson satin, 2021. Veduta dell'installazione (dettaglio) presso Museo Benaki, Atene, 2021. Collezione Maxxi, courtesy Rachele Maistrello.

Le stesse fotografie che abbiamo davanti a noi diventano delle interfacce temporalmente e spazialmente incerte: sebbene la matrice delle immagini sia fisica (sono scattate tutte in pellicola, dunque per forza avvenute nella realtà) non ci è dato davvero sapere dove e quando è avvenuto il referente di ciò che abbiamo davanti. Le stesse forme che troviamo all’interno della cornice, sagome fotografiche che rimandano al mondo scientifico contemporaneo, assomigliano a certi render di stock images, tuttavia sembrano desuete. Sono dei cortocircuiti visivi. Non sono anche loro, forse, delle interfacce di un tempo che non esiste e che nasce dalla frizione di mondi temporalmente diversi?

Per te il medium fotografico è ancora un modo per indagare nuove possibilità all’interno del reale, senza tradirlo? O il tradimento attraverso finzioni narrative è parte di una costruzione di una realtà più complessa? Come ti rapporti con questo reale aperto? 

Quando ci si confronta con i miei ultimi lavori, non è mai possibile decostruire la linea di demarcazione tra autentico, presunto o fittizio, è un rebus che invita lo spettatore a servirsi della sua stessa interiorità. Se in ogni capitolo la veridicità è labile, il terreno da cui parte è indubbiamente reale e si intreccia attraverso l’immagine e il testo. Basti pensare alle lettere di Gao Yue, che si rivolgono a biologi degli anni settanta realmente esistiti, ma citano tecniche sviluppate in campo etologico solo oltre il 2000 (ricerche di Denise Herzig). Il racconto si appropria di fonti scientifiche e storiche eterogenee, scardina l’idea di matrice, ibrida il biografema con il documento storico, confonde. Si tratta di un gioco di specchi simile a ciò che viviamo tutti i giorni attraverso i social, i siti di fake news, la proliferazione di contenuti visivi, eppure è sincero. È un tradimento che ci parla di paure viscerali, desideri inconfessabili, enigmi che ci attanagliano, attraverso materiali semplici di tutti giorni, un post-it, una fotografia scattata in ufficio, una tabella di dati. Gao Yue sembra chiedersi: chi siamo? Che cosa saremo quando non esiteremo più? Cosa resta di chi ci ha preceduto, fuori e dentro di noi? Non ci sono risposte, solo spiragli tra gli anfratti della libertà poetica. Non importa, in fondo, se la fotografia di Gao Yue, malinconica, in ufficio, mentre tiene in mano il cartonato aziendale per un video promozionale sia una traccia o speculazione fantastica di un labirinto più ampio. Ciò che conta davvero è se abbiamo voglia di crederci, del perché ci sembra plausibile, desiderabile o respingente, criticamente o attraverso i nostri sentimenti.

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Brisbane Songlines di Rachele Maistrello presso la mostra Nuove Avventure Sotterranee, mostra presso il museo Maxxi a cura di Alessandro Dandini De Sylva, 2024_ foto di Eleonora Cerri Pecorella, courtesy Ghella e museo Maxxi.

Da un lato la fotografia intesa come strumento di documentazione, indice di qualcosa che vedi accadere, e dall'altro lato un tipo di documentazione non solo di ciò che esiste ma anche di quello che potrebbe prendere corpo attraverso una proiezione immaginativa o un racconto mentale od onirico, svincolati da un tempo e da uno spazio precisi. Mi parleresti dei paesaggi mentali o dimensioni che evochi con le tue opere? 

Per quanto riguarda i capitoli della storia di Gao Yue, ogni capitolo della “saga” corrisponde ad un colore-elemento, che è un’interfaccia simbolica di una dimensione epistemologica: Green Diamond esplora il desiderio di interfacce sintetiche volte ad amplificare la percezione corporale, Blue Diamond indaga la necessità di trascendenza attraverso esperienze totalizzanti e sinestetiche, mentre Black Diamond, in produzione, esplorerà legami e connessioni tra patrimonio genetico e cognitivo. Ognuno di questi progetti si sviluppa a seguito di incontri, studi, ricerche che raccolgo e rielaboro, attraverso la storia di Gao Yue, per dare spazio a delle domande che non mi lasciano tregua e a dei bisogni profondi.

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Rachele Maistrello, Blue Diamond, Installation view presso museo Maxxi 2022, fotografia di Luis Do Rosario (courtesy Museo Maxxi e l'artista).

Ad esempio, Blue Diamond indaga una dimensione specifica: il vuoto, il nulla. L’apnea è assenza di respiro, di luce, di sensorialità, è annullamento del pensiero e totale controllo corporale. Non a caso è stato l’apneista Jacques Mayol a teorizzare il parto in acqua, che prima di lui non esisteva. Gao Yue si chiede: “esiste il pensiero nel nulla? Esiste la materia?” forse per entrare in connessione con questo oltre-spazio bisogna liberarsi della propria percezione, abbandonare i propri sensi e immaginarne di nuovi. Come quando si è dentro il ventre materno, quando si è ancora totalmente natura. 

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Gao Yue, ibro d'artista, installation view presso Blue Diamond, mostra personale presso museo PAC a cura di Claudia d'Alonzo_ 2023. Copyright Lorenzo Plamieri_courtesy Rachele Maistrello e museo PAC.

Nel tuo progetto Blu Diamond hai indagato attraverso studi di biologi marini come il mare, l’oceano, gli abissi possano raccontare il rapporto tra ogni persona e i propri limiti. Quale sorta di struttura nel mondo è emersa?

Il diario e le lettere di Gao Yue ci parlano tanto delle sue riflessioni sulle sperimentazioni eseguite in alto mare, sia di scambi con figure chiave della storia dell’apnea e della biologia marina. Una timida lettera a Jacques Mayol rivela la grande stima e la stessa visione che Gao Yue aveva rispetto all’apnea come forma di meditazione trascendentale, mentre in documenti tecnici di diverse università del Giappone si può ricostruire la sua curiosità e scetticismo verso John Lilly e verso le sperimentazioni da lui condotte presso il Communication Research Institute delle isole Vergini. John Lilly la incanta perché anche lui studia la deprivazione sensoriale, vera ossessione di Gao Yue. Presso lo stesso istituto aveva lavorato anche Margaret Howe Lovatt, biologa dal passato discutibile, che intrattiene un rapporto morboso col cetaceo che ha in osservazione.

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Gao Yue (esercizi per cetaceo numero 6), provino in banda su carta Fuji Crystal Archive, datazione incerta.
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Rachele Maistrello, Gao Yue, Cards (underwater), stampa a pigmento, 2022. Courtesy l'artista.

Anche Gao Yue è affascinata dal mondo dei cetacei, la loro visione attraverso ultrasuoni è totalmente sinestetica e le permette di immaginare un mondo totalmente diverso, accedervi anche se per poco. Le forme che si ritrovano nelle stampe ai sali d’argento nella teca in esposizione mostrano le carte Zener, che sono utilizzate in un campo discutibile, quello parapsicologico, per connettere però il pensiero di diversi individui, esattamente come avviene in campo neuroscientifico. Le figure mostrano una netta somiglianza con quelle utilizzate da Denise L.Herzig (Wild Dolphin Project), biologa ed etologa marina che tutt’oggi sperimenta un sistema di interfacce fisiche che, immerse in acqua, emettono speciali ultrasuoni non udibili all’uomo ma leggibili dai delfini, di fatto connettendo due specie dagli apparati sensoriali diversi e traducendo un senso (la vista) in un altro (il suono). Corrado Piccinetti (responsabile del laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano Dip. BiGeA) mi ha raccontato a fondo il sistema delle sardine e di diversi pesci che riescono, grazie a una sorta di linea colorata, a percepire il cambio di pressione di un ambiente e ne possono dedurre la diversa composizione chimica. Di fatto, stiamo parlando di un sesto e settimo senso, che noi umani possiamo solo immaginare, ma che ci permette di decifrare lo spazio tempo in modo totalmente diverso dal nostro. Allo stesso modo, gli studi di cinetica di Chladni mostrano delle figure che emergono in base a delle specifiche frequenze di suono, semplicemente muovendo l’archetto di un violino su una tavola cosparsa di sabbia. Le figure che emergono, risultano molto simili a delle spirali concentriche che si trovano sui fondi abissali, utilizzate dal pesce palla come strategia riproduttiva. Questi rimandi visivi collegano spazi e tempi diversi, e, nelle tavole di ricerca di Gao Yue, mostrano una continuità ed un’appartenenza reciproca. La struttura del mondo che ne emerge, è una struttura vertiginosamente diversa da ciò che conosciamo, rizomatica, non lineare, sinestetica e metafisica. Non così diversa dalle strutture spazio-temporali suggerite dalle recenti teorie di fisica quantistica.

Un mistero ulteriore che emerge dalla teca degli esperimenti di Gao Yue, sono i materiali: oltre agli appunti calligrafici molti supporti sono costituiti da carta fotografica ai sali d’argento desueta (ILFOBROM B112, B111) che è stata impressionata in camera oscura direttamente sul supporto, a contatto, sovrapponendo figure e scritte eseguite a carboncino al buio. Sembra sia stata fatta una stampa di supporti digitali su matrici trasparenti, che sono state poi utilizzate a contatto sulla superficie fotografica e impressionata, come se si trattasse di vere e proprie lastre in tiratura unica.

Un'artista della tua generazione cosa ha raccolto dell'eredità fotografica messa in azione dal progetto Viaggio in Italia? Il legame con Guido Guidi e con un certo tipo di approccio all’immagine analogica di matrice italiana porta linfa alla tua ricerca attuale, rilascia ancora qualche suggestione proveniente dalle radici del tuo percorso?

Guido Guidi in una recente intervista dichiara: “l’umiltà non si insegna, si apprende”. Per umiltà credo intenda un approccio alle cose, alla realtà e agli esseri umani, un movimento che porta a chinarsi verso il margine con grande cura. Guido Guidi per me è stato un grandissimo maestro e mi ricordo ancora il brivido, a 20 anni, di prendere un autobus per andare in mezzo al nulla, scendere ad una fermata nella tangenziale e partire dal niente, da un banale muretto rovinato, da un palo di metallo, fotografandolo intorno con estrema precisione, contando i gradi, come se fosse una pietra preziosa. È stato un esercizio non solo visivo bensì esistenziale: dare valore alle cose, entrare in connessione profonda a piccoli passi con ciò che ci circonda con lievità. Se penso, in fondo, all’apparato visivo di Green Diamond e Blue Diamond, i temi epistemologici indagati sono narrati attraverso fotografie di uffici anonimi, sale d’attesa, sagome sgargianti appoggiate su comuni cavi di personal computer di vecchia generazione. Paesaggi secondari, umili, che svelano molto di più di ciò che sono.

Mi parleresti del percorso di avvicinamento e del tuo approccio con un ambiente iniziale da cui origina una tua ricerca, dalla raccolta dati a un’immersione personale nel luogo, tra idea, svolgimento concettuale e traduzione formale?  

Credo che il punto di partenza sia il bisogno di elaborare qualcosa. Affrontare il vuoto della morte di qualcuno che amo, mettere in scena le mie debolezze, afferrare il mio presente. Cerco risposte, studiando, in libreria, in biblioteca, in silenzio, tra me e me. Poi inizio ad assemblare materiale, viaggiare, muovermi per incontrare persone e scattare. Lo sviluppo dei negativi è come scartare una parte del mio inconscio, mi guidano. Poi assemblo le immagini, ne creo di nuove in camera oscura, scrivo. L’allestimento mi aiuta a scartare, a riprendere le redini e dare spazio alla razionalità, necessaria per farsi carico dello sguardo e del tempo altrui.

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In copertina, Rachele Maistrello, Gao Yue (doc #02.B, 1998), stampa a pigmento su carta Canson satin, 2021. Collezione Maxxi, courtesy Rachele Maistrello.

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