Mondrian e la visione della vera realtà

29 Aprile 2014

Cosa c’è da vedere in un rettangolo rosso? Quali sono le motivazioni che spingono un pittore a dipingerlo?
Siamo generalmente portati a credere che l’arte astratta sia il prodotto di un’operazione del tutto mentale e fredda, che ciò che spinge i pittori a praticarla non sia il calore di un’emozione né il fuoco di una passione, né la forza dell’espressione, ma un rigoroso procedimento intellettuale-logico e distaccato dalla realtà sensibile. In verità il pittore di un’opera astratta è guidato da ciò che i suoi occhi vedono tanto quanto il pittore di arte naturalistica; ciò che contraddistingue il primo dal secondo è il suo modo di vedere incentrato a rilevare le proprietà visibili immanenti o invarianti della realtà, e il convincimento che questo rilevamento porti a illuminare la visione dell’umanità.

 

Come ogni novità questo modo di dipingere fin dall’inizio non suscitò molto entusiasmo, fu anzi accolto con scetticismo misto a sarcasmo: col tempo, però, insegnò anche agli occhi dei suoi detrattori a vedere ciò che fino ad allora non ritenevano potesse essere visibile. Fermamente convinto di questo compito fu Piet Mondrian, il pittore olandese teorico e fondatore assieme a Theo van Doesburg, Vantongerloo, van der Leck, Robert van Thoff della rivista “De Stijl” (1917) e del movimento artistico denominato Neoplasticismo.

 

L’arte astratta, teorizza Mondrian, nasce dalla consapevolezza che non si possono rappresentare con immagini le cose come sono e come si manifestano nel continuo variare delle loro proprietà sensibili e visibili: il pittore ricorre allora al procedimento di denaturalizzazione della materia, che nella pittura significa astrarre dal colore naturale lo stato più puro possibile, corrispondente al colore primario. In ogni epoca i pittori hanno cercato in che cosa consistesse la bellezza della linea e del colore che di per se stessi esprimono e non per quel che possono rappresentare naturalisticamente.

 

Piet Mondrian

 

Nel far ciò hanno nel corso dei secoli smontato e ricomposto i piani dello spazio, intensificato la tensione della linea, purificato il colore e frantumato la forma riconoscibile al fine di poter giungere progressivamente alla totale abolizione della rappresentazione iconica e di tutte le coercizioni che impedivano all’arte di potersi manifestare come un’espressione plastica veramente libera e pura, ovvero come l’espressione di una “pittura superrealistica”.

 

L’arte realistica e l’arte superrealistica, scrive Mondrian, testimoniano l’esistenza di due modi totalmente distinti di concepire la realtà e la vita: in senso individuale, la prima; in senso universale, la seconda. “In entrambi i casi si vede la manifestazione della vita come un’espressione plastica … ma se noi concepiamo la vita in senso individuale la nostra plastica sarà quella della forma (naturalistica così come appare).

 

L’artista si accorge però ben presto che sotto un aspetto assai velato nella forma … la natura rivela l’espressione plastica universale”. Nel passato l’arte figurativa era come accecata dall’apparenza; nell’epoca attuale, per fortuna, i nostri occhi si sono gradualmente aperti e hanno visto che ogni singola forma, ogni linea e ogni colore possiedono un proprio specifico carattere e significato, il quale si rivelerebbe spontaneamente “se fossimo in grado di vedere in modo puro”, come scrive Mondrian: “non influenzato da idee convenzionali, ogni forma ci rivelerebbe il suo contenuto”.


All’intuizione del pittore spetta, dunque, il compito di trovare i mezzi adeguati per afferrarlo ed esprimerlo: uno dei modi possibili è quello di “percepire un’immagine esatta di ciò che vediamo” che non corrisponde affatto al contorno che delimita la forma delle cose, ma ad una visione neoplastica della realtà in cui il piano rettangolare non appare come una forma geometrica “ma viene considerato come risultante della pluralità della linea retta in opposizione ortogonale”.


Il pittore olandese porta l’astrazione plastica al punto in cui tutto può essere espresso con la linea e il colore in un rapporto equivalente all’interno di una composizione, dove “i piani rettangolari, formati dalla pluralità delle linee rette, in opposizione ortogonale fra loro e necessari per determinare il colore, si dissolvono in virtù del loro carattere uniforme e il ritmo ne emerge da solo, abbandonando i piani, come un “nulla”.


L’arte moderna ha il compito di produrre una pittura astratta pura, basata sui rapporti ottenuti esclusivamente mediante linee ortogonali, piani e colori primari, mezzi essenziali per percorrere la strada maestra che conduce alla realizzazione della verità nella pittura.


L’espressione di un’opera neoplastica può essere considerata pura, viva e al tempo stesso esatta perché l’occhio del pittore che l’ha prodotta ha saputo vedere “in ogni cosa la nitidezza, la certezza, la precisione, l’equità, la rettilinearità, la velocità che si identificano con la quiete e soprattutto con la verità … in cui il colore viene visto come depurato dal non-colore – bianco, nero o grigio – perde il suo aspetto naturale e appare definito dal piano rettangolare che esso occupa e che si forma inevitabilmente attraverso l’opposizione delle linee rette”.


Questi concetti verranno ripresi più volte in tutti gli scritti di Mondrian e precisati in modo sistematico in uno scritto del 1929 dal titolo programmatico “L’arte astratta pura”, nel quale già nella prima riga si afferma che la pittura è per essenza una plastica pura, dal momento che sia la linea retta, che il colore primario, non potendo essere ulteriormente ridotti, costituiscono i mezzi universali dell’espressione plastica attraverso i quali è possibile esprimere l’immutabile in opposizione al carattere variabile delle trasformazioni proiettive della forma, dei mutamenti luministici e cromatici dei colori e dei rapporti di dimensione. “L’arte nuova ci insegna come vedere la realtà chiaramente così com’è e non l’apparenza della realtà quale noi la vediamo, né della vita che viviamo, ma è l’espressione della vera realtà e della vera vita”.


A chi dovesse ritenere che la limitazione dei mezzi espressivi di cui dispone la pittura astratta non consenta molte possibilità alla creatività, all’inventiva e all’intuizione sorprenderà non poco l’assimilazione che Mondrian teorizzerà tra la neoplastica e la musica più libera e rivoluzionaria di quel tempo. Alla fine del 1926 Mondrian pubblica il saggio “Il Jazz e il Neoplasticismo” nel quale cita anche il ballo del “Charleston”, messo al bando in Olanda perché ritenuto troppo sensuale, ma che il pittore difese schierandosi contro il divieto, proprio perché riteneva tanto il neoplasticismo quanto il jazz espressioni di una nuova vita che si andava realizzando attraverso il ritmo puro liberato dalla forma, già abolita e spezzata dai tagli sincopati del cubismo. Per il pittore olandese la nuova musica corrispondeva ad una forma di plastica pura, perché anch’essa puntava a liberarsi dalla forma tonale tradizionale e ambiva a un’espressione più universale.

 

Piet Mondrian


Mondrian vede nel Jazz l’espressione musicale che persegue gli stessi obiettivi del Neoplasticismo, ancorché quel tipo di musica si basi essenzialmente sull’improvvisazione, sulla libertà espressiva del momento, sulle sensazioni immediate che una nota vagante, un accordo inconsapevole, suscitano nella mente del musicista innescando un processo di creazione del tutto spontaneo e allo stato puro.

 

Apparentemente questa concezione dell’espressione musicale sembrerebbe estranea e lontana dalla concezione pittorica del neoplasticismo, basata sui rapporti equivalenti tra gli elementi plastici, sulla negazione della psicologia della forma e del colore, tuttavia per Mondrian il Jazz, come l’architettura moderna degli edifici di vetro, le nuove illuminazioni delle strade e i bar notturni nei quali si suona la musica Jazz, concorrono a formare “un ambiente in cui l’arte e la filosofia si risolvono in un ritmo che è privo di forma e che è perciò aperto”, in cui l’interno è aperto sull’esterno, l’esistenza libera si oppone all’oppressione del lavoro, “la felicità e la serietà sono tutt’uno … Il ritmo riempie ogni cosa senza creare una nuova oppressione: non diventa mai una forma”.

 

Il susseguirsi di continui cambiamenti nel mondo dell’arte indicava chiaramente che per lo spirito del tempo era giunto il momento di porre “fine alla cultura della forma” e di salutare “l’inizio di una nuova cultura del rapporto, nutrita dalla conoscenza che deriva dalla visione oggettiva e pura, ossia non mescolata con il sentimento soggettivo. L’obbiettivo che Mondrian teorizza nell’arte, ma anche in generale nella conoscenza, è quello di “Una cultura dei rapporti equivalenti” così definito e ripreso anche dal critico Filiberto Menna nel titolo della sua prefazione del volume “Mondrian. Tutti gli scritti”, pubblicato da Mimesis Editore.


Si è altresì inclini a pensare l’arte astratta distaccata dalla realtà sociale e del tutto estranea al destino dell’umanità. Ma una lettura attenta degli scritti di Mondrian ci riserba qualche sorpresa anche in questo ambito.
“L’arte astratta pura si emancipa completamente dalle apparenze naturalistiche. Essa non è più un’armonia naturale bensì crea rapporti equivalenti della massima importanza per la vita. Solo in questo modo possono essere conseguite la libertà, la pace e la felicità sociale ed economiche”. Il concetto di rapporti equivalenti, punto cardine di tutta la sua concezione estetica, corrisponde per Mondrian alla visualizzazione dell’idea di giustizia e alla realizzazione del nostro sentimento innato di uguaglianza, liberata da ogni tradizione e morale, esattamente come l’arte astratta pura deve essere liberata dalla forma e dal colore naturalistici.

 

Il capitalismo nel senso in cui è stato concepito finora è per Mondrian il corrispettivo del concetto di forma limitante, che verrà definitivamente abolito dalla cultura dei rapporti equivalenti. La forma chiusa del capitalismo per poter sopravvivere dovrebbe aprirsi e rendere possibile un’equivalenza nella distribuzione e uno scambio equivalente dei valori materiali e di quelli morali in ogni campo così come indicato dal programma dell’estetica neoplastica. In forza del fatto che la società è incentrata sullo scambio, ciò indica che “l’equilibrio sociale dipende dalla reciproca equivalenza di questo scambio”, giacché “il valore essenziale proprio di ciascun individuo gli dà il diritto a un’esistenza equivalente a quella degli altri,” condizione essenziale e imprescindibile per il raggiungimento dell’obiettivo di un equilibrio universale.

 

In L’arte nuova, la nuova vita. La cultura dei rapporti puri, un testo battuto a macchina e fatto circolare fra gli amici nel 1931, Mondrian scrive che l’arte dimostra che il progetto di una nuova vita non deve basarsi sulla creazione di forme nuove o di rapporti più giusti negli ambiti individuale, sociale, economico e politico, bensì sui “rapporti equivalenti che annullano ogni interesse particolare a danno di altri... rendendo gli individui sempre più liberi sul terreno materiale e morale… L’arte plastica non tollera l’oppressione e non è condizionata da fattori materiali e fisici, perché l’oppressione ritarda il progresso umano.


L’arte nuova concede alla linea e al colore un’esistenza indipendente nel senso che essi non sono né oppressi né deformati dalla forma particolare (l’aspetto naturalistico delle cose) ma formano essi stessi la loro limitazione appropriata alla loro natura. Analogamente, nella vita futura, la società concederà a ogni individuo un’esistenza autonoma in accordo col suo proprio carattere. L’arte dimostra nella sua finalità che la libertà individuale – che è stata finora un “ideale” – si realizzerà nel lontano futuro”.


“ Ma quanto sarebbe bella la nostra vita già oggi se potessimo realizzare questi alti ideali di tutti i tempi, come l’amore disinteressato, l’amicizia autentica, la vera bontà ecc.”

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