Se il futuro è ancora da scrivere: Past Lives

7 Marzo 2024

Non sono frequenti le domande in inglese durante le conferenze stampa della Festa del Cinema di Roma: i giornalisti dall’estero sono una minoranza e persino il nome ufficiale in inglese ha perso il termine International prima di Rome Film Fest. Ogni anno, però, capita di ascoltare una riconoscibile parlata inglese dall’accento greco, durante gli incontri pomeridiani con i registi e gli attori: è quella del critico Alexandros Romanos Lizardos, frequentatore abituale dell'evento romano. Quando ha preso la parola per fare una domanda a Celine Song, regista di Past Lives invitata a Roma nella sezione Best of 2023, le ha ricordato che in Grecia (come in Italia) il suo film, nel mese di ottobre ancora inedito nelle sale, era tuttavia disponibile da settimane in versione digitale pirata; in molti glielo avevano già consigliato, ma lui aveva preferito attendere l'occasione di vederlo sul grande schermo. La regista, un po' imbarazzata anche perché del tutto estranea alle logiche distributive del suo film in giro per il mondo, ha voluto ricordare di avere concepito la fotografia e il sonoro per una sala cinematografica. 

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La regista Celine Song con l’attore John Magaro alla Festa del Cinema di Roma, ottobre 2023 (Lucky Red).

È passato più di un anno dell'anteprima mondiale di Past Lives al Sundance Film Festival, seguita a poca distanza dall'anteprima internazionale nel concorso della Berlinale 2023: il film è diventato subito uno dei più apprezzati fra gli addetti ai lavori, ottenendo un buon successo di pubblico con la distribuzione nei cinema nordamericani di giugno, cui è seguita quella in digitale un paio di mesi dopo. A rendere argomento di conversazione la versione illegale in circolazione da mesi è proprio la disponibilità disomogenea del film nei diversi mercati: Lucky Red, che lo distribuisce in Italia, ha atteso un anno esatto dalla presentazione a Berlino per portarlo in sala, andando quasi a sovrapporsi all'inaugurazione della nuova edizione del festival. In parte può essere stata la speranza di sfruttare il traino delle possibili candidature agli Oscar di cui si è vociferato per mesi: ne sono arrivate solo due ma in categorie di peso, miglior film e miglior sceneggiatura originale (entrambe con poche possibilità di successo). Per di più si è voluto puntare sulla data di San Valentino; una scelta di marketing comprensibile ma che potrebbe deludere chi è alla ricerca di una storia d’amore convenzionale.

C'è molto della biografia di Celine Song nel suo debutto alla regia: nata in Corea del Sud, figlia di un regista, trasferitasi in Canada con la famiglia quando aveva dodici anni occidentalizzando il suo nome di battesimo (da Ha-Young a Celine), divenuta drammaturga negli Stati Uniti. Sono tutti tratti in comune con la sua protagonista Nora (Greta Lee), che infatti quel diminutivo, adattato da Leonore su suggerimento del padre (forse ispirato dall'ascolto di un brano di Leonard Cohen), lo adotta quando cambia continente: fino ai dodici anni, il suo nome era Na Young. Quella del consiglio sul nome è l'unica scena in cui vediamo il padre di Nora, che pure ha un'influenza decisiva nella vita della figlia: da lui ha preso anche le ambizioni artistiche; e grazie a un post su una pagina Facebook a lui dedicata riprende i contatti con il suo migliore amico dell’infanzia coreana dopo molto tempo. Quell’amico e primo amore – per quanto si possa definire amore ciò che si prova a dodici anni – è il legame più forte tra il prima e il dopo: Hae Sung (Teo Yoo) e Nora, ventenni e non più ragazzini, si rimettono in contatto, ma la lontananza fisica e ormai anche culturale, nonché le diverse esperienze vissute dall’ultima volta che si erano visti, fa sì che il loro rapporto non possa essere in continuità con quello che avevano da ragazzini, ma diventi qualcosa di diverso.

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La natura del loro rapporto è dibattuta fin dalla prima breve scena contemporanea che precede il salto temporale all’indietro. Udiamo le voci di qualcuno che osserva da lontano un terzetto seduto al bancone di un locale: un uomo e una donna dai tratti orientali assieme a un bianco presumibilmente statunitense. Chi parla prova a intuire, in base a ciò che vede - non potendo ascoltare i dialoghi dei soggetti osservati - quali siano i rapporti tra loro, quali possibili combinazioni li abbiano portati a stare assieme e anche seduti proprio in quell’ordine, con la donna al centro. Tutto è possibile, quando si immagina la vita di qualcuno basandosi sulla mimica facciale, sul portamento, e anche sui propri pregiudizi. Non si fa in tempo a ragionare sulle ipotesi delle voci fuori campo che la vicenda torna improvvisamente a ventiquattro anni prima: dopo questo breve prologo, si segue l’ordine cronologico dell’evoluzione del rapporto tra Nora e Hae Sung a dodici, ventiquattro e trentasei anni, con una scansione temporale precisa, senza salti temporali a complicare la visione. 

Il senso della loro relazione rimane sempre sospeso e indefinito, come se non ci potesse essere risposta alla domanda “cosa sarebbe successo se”, a partire dal “se” fondamentale: se Nora non se ne fosse andata. Quel trasferimento ha impedito o rinviato un grande amore? Ha cambiato il corso del destino comune di due persone, altrimenti già intuibile nei suoi sviluppi futuri? Si prova un po’ di tenerezza per chi, ormai adulto, ripensa ancora agli anni della giovinezza come se contenessero il nucleo originario di un’intera esistenza; c’è anche qualche perplessità per quella che talvolta appare come un’incapacità di crescere. Hae Sung cerca in Nora la dodicenne di cui era invaghito e per la cui partenza ha sofferto; Nora, maturata in un contesto nordamericano, definisce l’amico d’infanzia un coreano tipico anche perché vive ancora con i genitori, non essendo sposato. 

Ma questo è un punto di vista occidentale, mentre Past Lives, parlato quasi tutto in coreano, è un film che abbraccia la cultura orientale in cui Celine Song ha le sue radici. In società individualiste come le nostre, si immagina che il grande amore riguardi le scelte, i sentimenti, i corpi, di due persone che si sentono uniche. 

Invece quando Nora, ormai integrata nella società occidentale, vuole fare colpo su un uomo, prova a spiegargli il concetto di inyeon (인연), di origine buddista: il destino che unisce due persone nel corso del tempo, reincarnazione dopo reincarnazione, magari attraverso millenni di incontri di cui non si possiede più memoria, tanto da trasformare queste dimenticanze nelle presunte casualità della vita in corso. È la classica parola intraducibile nel suo senso profondo (come anche è difficile scegliere una delle possibili traslitterazioni dei due caratteri che la compongono) perché legata a una specifica cultura.

Forse Song, come molti altri studenti coreani, durante il ciclo scolastico in patria ha letto un saggio intitolato proprio Inyeon dello scrittore Pi Chun-deuk, che ha qualche punto in comune con la sua sceneggiatura: Pi racconta i tre incontri, ciascuno a distanza di circa un decennio dall'altro, avuti molti anni prima con Asako, una ragazza giapponese conosciuta quando entrambi erano ancora bambini, epoca in cui la madre di Asako preconizzò per loro un futuro d'amore. Il secondo incontro, tra due adolescenti più consapevoli, lasciò in Pi la sensazione ancora più forte di avere un legame speciale con la ragazza. Ma nulla si concretizzò, anche perché a separarli completamente ci pensò la guerra mondiale, al termine della quale la Corea riottenne l'indipendenza dai giapponesi. Anni dopo, tornato in Giappone, Pi rivide Asako, ormai sposata con un altro: il destino congiunto sognato in passato non si era compiuto per colpa degli eventi storici avversi, e Pi scrive con sincerità come sarebbe stato meglio non affrontare quel terzo incontro così malinconico. Tre incontri, a distanza di anni: proprio come in Past Lives, che infatti se ne ispira nel mettere in immagini tutta la disillusione delle promesse non mantenute.

Se il concetto di inyeon ci parla di rapporti che durano millenni su cui non si ha pieno controllo, come se un destino superiore potesse esaudire o impedire il compimento di amori sognati e voluti, forse possiamo ammettere che l'unicità irripetibile attribuita a ogni storia d'amore non esista. Ma forse ci insegna anche un modo più sano di affrontare l’amore, la passione e soprattutto le delusioni; in questo senso, Past Lives può essere un film di San Valentino quanto meno “educativo”. Ci viene presentata una vicenda in cui i maschi, apparentemente passivi, sono invece capaci di accettare consapevolmente le scelte femminili: vale per Hae Sung come per Arthur (John Magaro), anima affine nata dall'altra parte del mondo con cui la donna intreccia una relazione tra similitudini artistiche e differenze culturali. Un incontro casuale che, per le filosofie orientali, casuale non è affatto; anche Arthur accetta l’idea di essere parte di un vasto intreccio di relazioni al di fuori del suo controllo, senza mostrare in modo esplicito gelosia o volontà di possesso. Ma siccome ogni vita presente non è altro che il passato di una vita futura, Hae Sung può almeno sperare che il suo turno con Nora debba ancora arrivare.

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E allora, quando i personaggi si guardano tra loro, lo fanno nel presente o includono implicitamente anche un passato che ignorano? Drammaturga di formazione ma pur sempre figlia di un cineasta, Song ha dato molta importanza agli sguardi reciproci tra i personaggi, spesso più espliciti delle parole. Il rapporto in tre fasi tra Nora e Hae Sung inizia con sguardi affettuosi che poi divergono al momento della separazione, sono freddamente mediati dai mezzi tecnologici quando si ritrovano solo a distanza, diventano felici e imbarazzati, ma anche elusivi e tesi, quando provano a incastrare i ricordi felici della giovinezza nelle loro vite adulte non più congiungibili. Anche con Arthur, Nora mostra intenzioni e sentimenti più con gli occhi che con le parole, tanto che alcuni dei dialoghi sul loro rapporto sembrano riassunti per lo spettatore più che conversazioni realistiche. Ma sono Arthur e Hae Sung a offrire gli scambi non verbali più efficaci: ognuno consapevole di essere un piccolo ingranaggio in un meccanismo di più ampio, ognuno rispettoso del proprio ruolo e soprattutto del ruolo dell’altro, pur senza comprendere appieno quale esso sia davvero.

Celine Song ha l’accortezza di non mostrare nessuna vita alternativa dei personaggi, nessun multiverso, né ricostruzioni delle vite del passato, lasciando tutto questo all’immaginazione. Ci vengono forniti molti elementi che quelle voci fuori campo nella prima scena non avevano, quando provavano a indovinare i rapporti tra i tre protagonisti, eppure questo non ci aiuta del tutto a capire quale sia la combinazione corretta tra loro, o la preferibile: Nora, Hae Sung e Arthur sono contenitori di storie che possiamo continuare a riempire come vogliamo, dal momento che le loro vite passate restano un mistero, e le future sono ancora da scrivere.

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