Speciale

Tavoli | Denis Santachiara

4 Marzo 2013

Nell’immaginario del design contemporaneo Denis Santachiara è sinonimo di luci al neon, fosforescenze, sfere giocose dai colori carichi. E invece, il suo spazio di lavoro è il più vuoto possibile. Bianca la sedia, bianca la scrivania, bianco il Mac. Bianca anche la luce che arriva da fuori, dal cielo di Milano. Compaiono tra il bianco un telefono fisso, uno smartphone ed un modem.

Quello che vediamo non è un tavolo, ma un’interfaccia che permette di convogliare nello stesso luogo la tensione da due direzioni solo apparentemente antitetiche. È un ponte verso il fuori, che permette di trovare all’esterno tutto quello che non sta sulla scrivania, che non potrebbe mai starci. Ed è un varco verso lo spazio intimo del progetto non ancora realizzato, che cresce flessibile tra le linee rigorose del file.

L’oggetto che prende forma sullo schermo non è definitivo. Si materializzerà come prototipo a

pochi passi dalla scrivania grazie ad una stampante tridimensionale per essere studiato, migliorato e forse – forse – mandato in produzione.

Compaiono solo due concessioni a questa organizzazione formale.

Innanzitutto i sigari toscani, che mi fanno sempre pensare a Denis come ad un contadino emiliano, o come ad un artigiano che lavora tanto con le mani.

E poi un libro uscito di recente su di lui, con in copertina un progetto che sintetizza bene il suo lavoro degli ultimi anni. Il Santapouf si ispira al “Profilo Continuo del Duce” di Renato Bertelli. Nella sua versione originale, prodotta in serie, il Profilo era sempre quella di Mussolini, onnipresente e capace di vedere a 360 gradi. Nell’interpretazione del designer emiliano, il pouf è un oggetto da realizzare attraverso il processo della customizzazione di massa: può, cioè, essere ridisegnato e stampato a partire dal profilo di ogni singolo acquirente.

Un modo per passare da una sola testa che pensa per tutti ad ognuno che pensa con la sua testa.

 

Bertram Niessen

@bertramniessen

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