Anne Dufourmantelle, elogio del rischio e dolcezza

12 Dicembre 2022

Non è facile identificarla. È un enigma, un sentire inquietante, un pericolo per la dinamica del potere. “Per molti aspetti essa ha la nobiltà fiera di una bestia selvaggia”. Ai giorni nostri parlarne è quasi scabroso. Esaltata nella sua dimensione infantile, “la dolcezza ci è venduta adulterata in forma sdolcinata”. La potenza della dolcezza (trad. di Mario Porro, Vita e Pensiero, 2022) della filosofa e psicoanalista francese Anne Dufourmantelle annuncia la possibilità di una visione cosmica dove quest’emozione, di cui abbiamo perso il nome, si presenta come una forza simbolica di trasformazione capace di espandere l’orizzonte politico del presente. Un’energia segreta – in francese en douceur significa anche di soppiatto.

“Ascoltando coloro che vengono a confidarmi il loro sconforto, l’ho sentita attraversare ogni esperienza vissuta. Ho sperimentato la sua forza di resistenza e la sua magia intangibile nel segreto di quel che chiamiamo ‘transfert’. Ma senza dubbio l’avevo percepita, da bambina, nella relazione sensibile con tutte le cose”.

La sentimentalizzazione “carbonizza” l’emozione, la depressione rappresenta una delle principali modalità della negazione del bisogno di dolcezza. La crudeltà delle condizioni materiali di sopravvivenza, il deserto spirituale e affettivo producono un’estenuazione dello scambio che produce disincanto. L’invito di Anne Dufourmantelle è pensare l’emozione, mentre costruisce un’originale storia della dolcezza nell’incontro con la musica e la poesia, la filosofia e la letteratura, con figure come Gandhi, Tolstoj, Thoreau. Appartiene all’animalità al punto da poter essere considerata quasi un istinto, “un impulso di dolcezza primario, di protezione, di compassione – addirittura di bontà”. Vicino non solo all’autoconservazione, ma alla relazione.

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La potenza della dolcezza è un testo composito, l’autrice trova un felice stile narrativo – i capitoli brevi, i titoli evocativi – che amalgama in modo poetico ispirazioni filosofiche e conversazioni analitiche.

Anne Dufourmantelle, nata a Parigi il 20 marzo 1964, è morta tragicamente in mare il 21 luglio del 2017, sulla spiaggia di Pampelonne, vicino a Saint-Tropez, mentre salvava un bambino che stava annegando. Figlia di uno psicoanalista junghiano, voleva diventare medico, ma poi decide di studiare filosofia, il titolo della sua tesi sarà La vocazione profetica della filosofia. Ha insegnato all’École d’Architecture de la Villette, all’École Normale Supérieure e alla New York University. Ha scritto il suo primo libro, De l’hospitalité (1997), con Jacques Derrida. Membro attivo del Cercle freudien, riceveva, raccontano i suoi pazienti, con estrema gentilezza al quinto piano senza ascensore del suo studio sulla Rive Gauche. Nel ricordo dei colleghi era una “ricercatrice instancabile”, tutti ricordano la sua “umanità eccezionale”. Il suo compagno, lo scrittore Frédéric Boyer, le ha dedicato il libro Peut-être pas immortelle.  

In italiano si può ascoltare su YouTube la lezione Psicosofia tra desiderio e stordimento al Festivalfilosofia di Modena del 2013 dedicato all’amore. E, sempre con la sua particolare scrittura psicoanalitica-filosofica, in Sesso e filosofia (Donzelli, 2004) affronta quello che considera un rapporto teoricamente molto sottovalutato. Entrambe le dimensioni offrono l’illusione di poter sfuggire alla mortalità attraverso l’estasi e l’atemporalità del pensiero; sono al di fuori del nostro controllo, possono diventare oggetto di ossessione e risultare socialmente sovversive – e per questo odiate dal sistema capitalista. Entrambe contengono un elemento emancipatorio perché “incoraggiano le persone ad agire contro l'oppressione”, “ad amare per essere libere”. Per Dufourmantelle il sesso rappresenta l’angolo cieco della filosofia, il pensiero non richiede la repressione del desiderio, anzi, per lei il pensiero è possibile solo attraverso il desiderio. 

Il sesso è ovunque e influenza il nostro pensiero indipendentemente da come ci sentiamo al riguardo. Anche se nel mondo contemporaneo il sesso è vendita e consumo, Dufourmantelle suggerisce che mentre il corpo di un altro può essere forzato e violato, non può essere costretto al desiderio, e quindi un vero incontro sessuale è qualcosa che può darsi solo liberamente.

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Anche nel breve testo Maternità e sacrificio (Castelvecchi, 2019) – la dimensione sacrificale che permette alla madre qualsiasi manipolazione in nome dell’interesse del bambino – la sua argomentazione non teme di sorprendere con letture molto lontane dal politically correct.

Ma il suo libro più commovente e persuasivo, che la morte improvvisa ha trasformato in un best-seller letto come un testo profetico, è Elogio del rischio (trad. di Mario Porro, Vita e Pensiero, 2020). Il capitolo di apertura ha per titolo Rischiare la propria vita: “Oggi il principio di precauzione è diventato la norma. (…) Come è possibile non interrogarsi su quel che diviene una cultura che non può più pensare il rischio senza farne un atto eroico, una pura follia, una condotta deviante? E se il rischio tracciasse un territorio ancor prima della realizzazione di un atto, se supponesse una maniera di essere al mondo, se costruisse una linea di orizzonte…”. 

Il rischio interroga il nostro rapporto con il tempo, l’istante della decisione, quello in cui lo si assume, è una ripresa, interrompe la ripetizione della nevrosi. “L’effetto di ritorno del rischio ne sarebbe l’esatto contrario, sì, sarebbe, a partire dall’avvenire, un rewind che smantellerebbe in qualche modo la riserva di fatalità inclusa in ogni passato, aprendo una possibilità di essere al presente – quel che si chiama una linea di rischio”.

In Minuscole magiche dipendenze descrive una condizione che gode di pessima fama, ma che segna, anche con violenza, la nostra origine. “Questo stato di dipendenza primaria, noi lo cerchiamo e lo fuggiamo con la stessa e costante energia. Giochiamo a nascondino come degli adulti, avendo dimenticato la nostra infanzia da qualche parte nell’erba, le lotte con i cuscini, i segreti, le scappatelle, non sappiamo bene d’altronde quel che cerchiamo, là, fra i volti e la nudità dei corpi nel ricamo dei paesaggi, a giorno”. Ecco allora: trovare i dettagli, le congiunture, i segni di acquiescenza nel nostro colloquio con il reale per inventare delle “ere di microdipendenze” dove capovolgersi, come capita ad Alice nel paese delle meraviglie, più volte al giorno, tra Grandi e Piccoli.

Anche Elogio del rischio, come La potenza della dolcezza, diventa per il lettore un quaderno da appuntare, dove tornare e sostare. Per meditare pagine che procedono lievi per associazioni filosofiche, mitologiche, frammenti di storie cliniche. 

Anne Dufourmantelle è stata una donna capace di quella “cordialità con il reale” che Pontalis considera caratteristica essenziale per ogni terapeuta. Non ha la presunzione di compilare un nuovo trattato delle emozioni: i suoi testi e il suo lavoro testimoniano, già prima del suo morire casuale ma esemplare, una postura vitale in dissidio, in squilibrio, alla ricerca di “zone di resistenza creative”. 

Con tatto femminile e profondità spirituale dice l‘autenticità del necessario. Ogni lettore scoprirà paure e angosce, incontrerà il suo rischio. Dopo aver immaginato di poter sopportare il fermo immagine, lo stato di sospensione, la pausa che permette di trattenere il respiro, potrà “Puntare sull’impensabile. Effettuare un salto. Affidarsi a una discontinuità là dove tutto ci riconduce senza sosta al continuo. Essere assolutamente irragionevoli non basta. Bisognerebbe spostare la linea dell’orizzonte... Cambiare discorsi, parametri, prospettiva. Volgere lo sguardo verso il bordo del quadro, vedere finalmente quel che accade ai margini, là nel dettaglio, cambiare alfabeto, storia, memoria”.

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