Coetzee: il vecchio pianista e la signora
È un sestetto, una composizione da camera, il romanzo di J.M. Coetzee Il Polacco (traduzione di Maria Baiocchi, Einaudi 2023): una partitura divisa in paragrafi numerati, come se il flusso della narrazione fossero gli appunti per una sceneggiatura. Sei gli esecutori: Beatriz, Witold Walczykiewicz, il marito di Beatriz, Ewa, la figlia di Witold, la cameriera Loreto, la traduttrice Clara Weisz.
Coetzee sollecita nel lettore l'attenzione alla forma e questa struttura frammentata ne esalta lo stile accurato, la perfezione del contrappunto di voci umane che si alternano e dialogano come fossero strumenti, nei tempi rapidi e lenti di una esecuzione concertistica. È un piccolo capolavoro di sole centodiciassette pagine ma incredibilmente denso: la storia d'amore tra un pianista, Witold, esecutore di Chopin, e Beatriz, una donna affascinante di mezza età. Moglie di un ricco banchiere spagnolo, Beatriz fa volontariato presso il Circolo Musicale, una fondazione culturale che ospita recital mensili nel quartiere gotico di Barcellona. All'inizio del libro, il comitato ha invitato il pianista polacco ad eseguire opere di un altro celebre polacco, Chopin. Il nome dell'uomo, Witold Walczykiewicz, “contiene così tante w e z” che “nessuno del comitato si azzarda a pronunciarlo": finiscono per chiamarlo semplicemente "il polacco".
La vicenda raccontata da Coetzee è disseminata di indizi che rinviano alla biografia di Frédéric Chopin (1810-1849) e che sembrano aver ispirato questa trasposizione contemporanea. Beatriz potrebbe evocare la scrittrice George Sand, cui Chopin fu legato. Anche lei e Witold trascorrono, come Frédéric e George, un breve soggiorno a Maiorca, dove arrivano separatamente, ritrovandosi poi alla certosa di Valldemossa, citata qui: "Ho suonato nel vecchio monastero" dice Witold a Beatriz. E: "Potrei dire addio alla Polonia e comprare un appartamento a Valldemossa e aspettare l'arrivo di una signora francese, una George Sand stanca dei francesi, con i loro modi rozzi, una che vuole un polacco gentile che le dia amore". Beatriz ha due figli, come George; la figlia di Witold vive a Berlino, città amata da Chopin. E l'amore di Dante per Beatrice, ricordato più volte, non sembra altro che una falsa pista per onorare il nome della protagonista, oppure l'eterna allusione alla vita nova cui gli amanti ricorrono per conquistare l'anima di tutte le donne idealizzate ("voi ch'avete intelletto d'amore") che si sono succedute nei secoli. Ma in questo romanzo il poeta è Witold, un vecchio settantenne innamorato di una donna di venti anni più giovane. Beatriz non sa invece cosa sia l'amor cortese ("Devo leggere Dante" si ripromette), ha una visione contemporanea del sesso e dell'amore – è del 1967, si specifica, mentre lui è del 1943 – e ha imparato che il desiderio non deve necessariamente essere irraggiungibile per essere autentico.
Ha un carattere duro e pragmatico: è attratta da Witold ma ne è al contempo respinta, cinica nel rivelare a sé stessa cosa non le piace di lui: "Prima di tutto la sua dentiera, troppo splendente, troppo bianca, troppo finta". E pensa a come sarebbe condividere il letto "con quella grande forma ossuta, e ha i brividi per il disgusto". Ma, contraddittoriamente, "le piace offrirsi" allo sguardo di Witold che la avvolge, "uno sguardo di ammirazione, di sbigottimento, come se non potesse credere alla sua fortuna". Uno dei temi ricorrenti in Coetzee è la curiosità per il punto di vista femminile: in Elizabeth Costello, il romanzo-saggio del 2003 (l'anno in cui Coetzee ricevette il Premio Nobel) il personaggio-scrittrice difende in sei lezioni le sue convinzioni su vari argomenti (il realismo, l'eros, il male), sempre mettendo davanti all'interpretazione letteraria le sue riflessioni di donna-alter ego dell'autore, autocritiche, provocatorie. L'incipit del Polacco è l'ammissione dell'autore di avere un problema, alle prese con le psicologie complicate di due persone non convenzionali: "La donna è la prima a metterlo in difficoltà, seguita poco dopo dall'uomo".
La vicenda è vista dalla prospettiva di Beatriz, narrata in terza persona ma con la scrittura che poggia tutta sulle sue spalle: sappiamo cosa sa e cosa pensa lei, mentre di Witold ci vengono dati elementi appena sufficienti per capire che vive in un mondo, reale e simbolico, diverso da quello della persona di cui si è innamorato. Questa frattura diventa il tema centrale del romanzo dove la distanza tra Witold e Beatriz non è soltanto generazionale e sentimentale, è territoriale e linguistica. Chopin emigrò a vent'anni a Parigi, costretto a imparare il francese, esule infelice fuori dalla sua terra natale. Witold, polacco, e Beatriz, spagnola, parlano tra di loro in un inglese artificioso, lui non lo conosce bene: tutti e due stranieri uno per l'altra: "Che spettacolo comico loro due che fanno l'amore in inglese, una lingua di cui entrambi ignorano le potenzialità erotiche". "Sono qui per te" le dice lui, un giorno. Ma che significano quelle parole in inglese, e nel polacco "che sta in filigrana sotto all'inglese, che cosa significano in realtà?", si chiede Beatriz. Cosa significa "qui"? "A che gli serve se il suo 'qui' è Girona, mentre quello di lei è Barcellona?".
C'è molto di Coetzee in questo spaesamento geografico-glottologico: lui, nato a Cape Town, scuole in Texas e residente in Australia da più di vent'anni, non ha mai voluto essere identificato come uno scrittore "sudafricano", il profeta delle township e dell'integrazione razziale. Per essere chiaro su questo punto, rivendicando la sua neutralità di autore, pubblicò, proprio nel 1994, l'anno del primo voto ai neri in Sudafrica e dell'elezione di Nelson Mandela, un romanzo ambientato nella Russia del diciannovesimo secolo Il maestro di Pietroburgo ("amore e morte nella Russia di Dostoevskij"). Il suo primo libro Aspettando i barbari (1980) si svolgeva in un luogo non specificato, chiamato "l'impero", che rappresentava solo indirettamente la realtà del Sud Africa dell'apartheid. Coetzee si è sempre rifiutato di svolgere obblighi e doveri di "autore nazionale" e, in un'intervista, dichiarò che "imporre a un autore nato in Sudafrica di scrivere di politica sudafricana sarebbe come imporre a un pianista polacco di eseguire solo Chopin". Il Polacco, scritto da Coetzee in inglese, è apparso per la prima volta tradotto in spagnolo (lo aveva già fatto anche con L'infanzia di Gesù, 2013), contribuendo a confondere le acque, come piace al suo autore, da sempre impegnato a "resistere all'egemonia anglofona" (lo disse in un intervento del 2018 all'Hay Festival di Cartagena, in Colombia).
Il protagonista è un uomo d'altri tempi: "Appartengo alla vecchia generazione. Sono storia. Dovrei stare in un museo, in una teca di vetro. E invece eccomi qua. Ancora vivo", come il paese da cui proviene, la Polonia, bloccata nel passato. Il libro accenna di sfuggita alla politica della Polonia di oggi: in una conversazione dopo il concerto, Witold coglie l'opportunità "per raccontare com'era essere giovani e irrequieti nel suo triste Paese natale, del desiderio di fuggire all'Ovest, decadente ma eccitante". Beatriz rappresenta invece la modernità. È sincera senza complessi con il marito, con il quale non ha più rapporti intimi, riguardo al corteggiamento del pianista, a cui decide alla fine di concedersi, remissiva, quasi apatica: "Adesso sparecchio e poi mi ritiro. Lascio la porta sul retro aperta, se ti senti solo durante la notte e vuoi venire, vieni". C'è, tra Witold e la sua angelicata Beatriz, una discordanza di voci disperante, come il suono di uno strumento che non sia collegato a una nota o a un accordo: come il "clic" che produce il martelletto del "fa" mancante nel vecchio pianoforte della casa di Maiorca, quando Witold lo suona.
La storia d'amore che faticosamente si fa largo oltre la barriera linguistica, è anche un romanzo sulla comunicazione verbale, un "lost in translation" sul disorientamento provocato dalla intraducibilità dei sentimenti, quando tentano di esprimersi con parole prese in prestito da lingue che non sono la nostra. "Così vanno avanti le loro conversazioni: monete scambiate nel buio, ignorandone il valore". Le vite raccontate da Coetzee restano sospese e Beatriz, nello sforzo di affrontare l'amore con il distacco che la sua intelligenza di donna liberata le consente, non riesce a comprenderlo. Solo quando leggerà le poesie che Witold ha scritto per lei, recuperate con un viaggio a Varsavia che la porterà nella casa di periferia di lui, finalmente non nell'inglese algido e povero con il quale comunicavano, ma nella traduzione dal polacco allo spagnolo di una provvidenziale signora Weisz, capisce la sincerità della passione che il pianista provava per lei. L'amore che vince alla fine coincide con un'esperienza estetica, è la poesia che lo accende, è il piacere che Beatriz trae dall'immagine mentale di Witold che ora può ricomporre, purtroppo invano, ma senza essere più preoccupata dell'autenticità del suo sentimento.