Guarda che Luna / Dalla luna alla terra

9 Luglio 2019

Cinquant’anni fa - il 20 luglio 1969 - lo sbarco dell’uomo sulla Luna. In questa occasione abbiamo preparato quattro pezzi dedicati a questo evento visto da diversi punti di vista, recensendo alcuni libri apparsi in occasione dell’anniversario e pubblicando un capitolo inedito del libro di un filosofo sulla Luna, per concludere con la lettera che Giacomo Leopardi ha scritto a Neil Armstrong in occasione della sua passeggiata sulla superficie del Satellite, e che ha ispirato alcune sue meravigliose poesie.

 

Tra una manciata di giorni ricorrerà il cinquantesimo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla luna. Da qualche mese, approfittando della ghiotta occasione editoriale, stanno uscendo nel mondo decine di libri storici, celebrativi, narrativi, antologici sull’Apollo 11 e su quello che qualcuno ha pensato di definire il “concetto di luna”. Fascinazione, sfida, sogno, scienza, avventura, fantascienza, poesia… Tra queste migliaia di pagine, non tutte necessarie, trovo importanti quelle di Richard Wiseman, appena uscite in traduzione italiana per Codice (Volere la Luna. Raggiungere l’impossibile con la “mentalità Apollo”). Il libro si stacca dagli altri per due ragioni: si concentra sui protagonisti minori della missione Apollo 11, si sforza di ricostruire un’atmosfera psicologica virtuosa dimostratasi indispensabile per realizzare un progetto pressoché impossibile. È difficile immaginare che cosa potesse voler dire vivere nel 1962 e sentire JFK annunciare al Congresso che alla fine del decennio l’uomo avrebbe camminato sulla luna e sarebbe tornato indietro sano e salvo.

 

Un po’ come se oggi si annunciasse l’imminenza di un viaggio interstellare verso Alpha Centauri. Nel 1962 l’America aveva eseguito un solo lancio suborbitale con equipaggio umano della durata di 15 minuti, mentre la luna si trova a 384.400 km dalla terra. Nel 1962 i computer erano armadi meno intelligenti di un frigorifero odierno e un volo in economy Roma-New York costava l’equivalente di 4000 euro. Annunciare un viaggio sulla luna era come se Edward G. Robinson avesse promesso dagli Studios di Hollywood di gareggiare alle Olimpiadi del 1968 per il salto in alto. Eppure il 20 luglio 1969 Neil Amstrong onorò la promessa. Al di là dell’incredibile accelerazione tecnologica in una finestra di tempo così stretta, Wiseman ci spiega che il successo fu soprattutto ascrivibile al “fattore umano”, ma in una articolazione curiosamente improbabile.

 

 

Mentre la punta dell’iceberg furono gli astronauti, il modulo spaziale e la diretta televisiva, il lavoro sommerso del Mission Control fu la vera chiave di volta del progetto. E l’aspetto che Wiseman sottolinea fin dalle prime pagine del libro è che l’équipe di terra non era formata da superlaureati, tecnici selezionatissimi, vecchi esperti in materia, ma da ragazzi giovanissimi, neolaureati, provenienti dalla working class, gente abbastanza comune, insomma, che creò un modus operandi di successo completamente inedito. È quello che l’autore chiama Apollo Mindset, un paesaggio mentale che rese possibile, probabile e infine realizzabile qualcosa che in origine era considerato fuori portata.

 

Il libro di Wiseman ha poi una carica supplementare perché dall’analisi storica passa con disinvoltura a una dimensione più pragmatica: dall’esperienza del centro spaziale chiunque può trarre spunti molto concreti per migliorare i propri obbiettivi. Se dunque alcune pagine del libro deragliano in maniera un po’ pop nel self-training e nel quiz motivazionale, il messaggio che passa resta forte e propositivo: l’immaginazione è innovazione. Da Verne che ispira Konstantin Ciolkovskij, il padre della missilistica russa, a Wernher von Brown, il padre della V-2 che collabora con la Disney alla produzione di un documentario sull’avvenire dei viaggi spaziali, le visioni del futuro, il fantastico, la scienza immaginativa, hanno un preciso effetto concreto sul mondo reale. Oggi, a cinquant’anni dall’allunaggio, i sogni e i problemi dell’Occidente ricco e bianco sono molto diversi. L’Antropocene, che può essere visto come una nuova narrazione cosmologica a base scientifico-emotiva, ha definitivamente modificato l’immaginario umano, cambiando la posizione e il ruolo della nostra specie sulla terra, alterando l’autopercezione di Homo sapiens sapiens, smantellando alcune certezze egocentriche ed ecocentriche, regalandoci nuove paure e nuovi scenari, davvero foschi, per il futuro. Senza che ce ne accorgessimo, abbiamo inconsapevolmente attraversato un autentico turn antropologico, ma l’eccessiva prossimità storica ci ha impedito di vederlo con chiarezza, di comprenderne l’entità e le dinamiche complesse.

 

Nello smarrimento, nell’onda di suggestioni apocalittiche, nel crollo di vecchie ideologie ormai inutili per ripensare le azioni umane in  vista del collasso ambientale, stentiamo a trovare una pista praticabile, una soluzione convincente, una via di uscita. Per questo il libro di Wiseman è importante. Perché parlando di un’avventura scientifica e umana consumatasi mezzo secolo fa, suggerendo al lettore delle tattiche di successo personale, ci dice in realtà una cosa fondamentale: la soluzione del problema-terra non va delegata a qualche grande cervello dell’economia, dell’ingegneria, della politica, non può limitarsi a essere la scelta illuminata di un’élite che, lo sappiamo, penserà prima di tutto a se stessa, ma potrà e dovrà passare attraverso le capacità immaginative e creative di tutti, anche di chi è povero, di chi non ha studiato al college, e magari è ancora troppo giovane per essere preso sul serio da una società guidata da vecchi. L’agenda è semplice: immaginare come forma di resistenza, come lotta creativa, verso un piano collettivo in grado di salvare tutti. Dalla luna alla terra, quindi, perché un realismo utopico è impossibile e necessario.

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