Dispacci #1. Nuovo bestiario minimo
Dallo spagnolo despacho, un tempo missiva del ministero degli affari esteri alle sue rappresentanze diplomatiche, portata da corriere o staffetta, di importanza amministrativa o militare, spedita dal centro alla periferia. Ma anche spaccio e disimpaccio, cioè lo smercio di prodotti anomali, la forza di uscire da un vicolo cieco…
L’Antropocene ci manda dispacci dal futuro attraverso indizi sparpagliati nel presente. Tracce periferiche di una deflagrazione invisibile, grumi di caglio nel latte magro, immagini e idee che con il giusto colpo di reni potremmo tradurre in paradigmi, in strumenti operativi per reagire al collasso del Tardo Occidente. Un indizio ancora caldo inviato da un altro-quando al nostro adesso-qui è Colibrì Salamandra (Einaudi 2022) di Jeff VanderMeer, un libro che è un romanzo bizzarro e un manuale di mutazioni: il mondo sta per finire, inghiottito dai deliri e dagli errori gestionali della nostra specie, ma nessuno se ne accorge, tranne Jane che, indizio dopo indizio, avvolta in una rete di eventi sempre più stretta, passa dalla consapevolezza dei propri personali disastri alla scala globale della Sesta Estinzione.
In equilibrio instabile tra eco-thriller e detective story, il romanzo spaccia un duplice paradigma per aiutare Homo sapiens a cavarsi d’impaccio: la condizione attuale è ciò che accade quando, nonostante tutti i segnali, non si vuole vedere e non si passa all’azione; il fallimento dell’azione è conseguenza diretta del fallimento dell’immaginazione. Perché sì, l’immaginazione può (e deve) offrire soluzioni concrete alla crisi, ma per farlo non può accontentarsi dell’esercizio fantastico, deve arrischiarsi nelle sabbie mobili della visione.
Con una mise en abyme meta-narratologica, Jeff VanderMeer si cala allora nei panni di Silvina Vilcapampa, una scrittrice visionaria (e, come Jane, paranoica) che intercetta con la sua fragilità esistenziale i segnali di un orrore imminente di magnitudine ultima. La storia del libro è una storia attuale, ma il messaggio riguarda il ruolo dello scrittore oggi. Non il pavone egocentrato o la ghiandaia che dà un allarme ciarliero, ma il colibrì immobilizzato nei paradossi del tempo. Non la formica previdente o lo scoiattolo accaparratore, ma la salamandra che si reiventa nel mito e sopravvive al fuoco.