Relazioni pericolose

21 Aprile 2011

“Prepotente” e “feroce”, “furia della natura, dolcissima”: così Pier Paolo Pasolini nella Religione del mio tempo. Ti conquista, infatti, con cascate di colore, lilla rosa o bianche, con un profumo di rosolio e confetti. Ma se gli dai un’unghia il glicine (wisteria sinensis) ti prende l’intero braccio. Di balcone in balcone sale sulle facciate di grigi condomini, corre lungo ferrose recinzioni. Ogni frasca, ogni pur minimo appiglio è un trampolino, una base di lancio per scalate vertiginose.

 

Liana che si fa albero sugli alberi, ladro di forme e di respiri, opportunista e approfittatore, ostinato e invasivo, ha la meglio sul più tenace degli infestanti, sul più vigoroso dei sempreverdi, con un lussureggiare di grappoli sensuali che strappano ammirazione e consenso.

Se il glicine sfugge al controllo, non te ne liberi più. Tanto rampa verso l’alto con la sinuosa ramificazione, quanto i fittoni radicali s’allungano sotto terra rispuntando dove meno te li aspetti con nuovi getti pronti ad abbarbicarsi al sostegno più vicino. È negli incolti che il suo carattere parassitario si manifesta in accoppiamenti inattesi. A Olgiate Molgora, poco lungi da Lecco, nel giardino di un’antica dimora abbandonata, uno s’è impossessato d’un abete: spicca il cono lilla nella conca che anticipa il lago. A Belgioioso, di fronte al castello, un altro s’è inghiottito due tassi. Il più seducente è a Milano, in via Palestro, in uno scampolo di trascurato giardino. Un glicine bianco s’è avvinghiato a un ailanto (ailanthus altissima), cinese anch’esso, volgarmente noto come albero del Paradiso. Ha scroccato un biglietto per il cielo. Ma lo ripaga col più prezioso velo da sposa.

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