Fanon inedito

25 Gennaio 2016

Per l'editore La Découverte, Parigi, è uscito in Francia un libro che raccoglie opere inedite di Frantz Fanon (1925-1961). S'intitola Écrits sur l'aliénation et la liberté ed è curato da Jean Pierre Khalfa e Robert Young. Il testo, di quasi settecento pagine, si divide in cinque parti: Teatro, Scritti psichiatrici, Scritti politici, Pubblicare Fanon (Francia e Italia, 1959-1971) e La biblioteca di Frantz Fanon. Le ultime pagine del testo riportano una cronologia della sua vita che inizia con l'anno di nascita e si chiude, tre anni dopo la morte, con la pubblicazione, da parte di Maspero, del testo Pour la révolution africaine. Écrits politiques. L'opera si compone di un apparato critico ben fatto, che aiuta il lettore a orientarsi nello studio e nella biografia del grande intellettuale martinicano. Scrittore, filosofo, psichiatra e rivoluzionario, Fanon ha contribuito più di chiunque altro a Decolonizzare la follia. Così s'intitola un testo che raccoglie alcuni degli scritti psichiatrici – presenti nell'edizione francese – raccolti in un volume uscito in Italia nel 2012 a cura di Roberto Beneduce. Il lettore italiano interessato a Fanon ha dunque già avuto modo di avere un anticipo in testi come: “La terapia sociale (socialthérapie) in un servizio psichiatrico di uomini musulmani”, “Considerazioni etnopsichiatriche”, “Il TAT con donne musulmane. Sociologia della percezione e dell'immaginazione”, ecc.

 

Il TAT – Test di Appercezione Tematica – è il più noto test proiettivo, ideato negli anni Quaranta da Chris Morgan e Henry Murray, ed è uno strumento clinico per la valutazione psicodiagnostica e per la psicoterapia. Usato anche in campo sociologico, per esempio dagli studi su La personalità autoritaria diretti da Theodor Adorno negli Stati Uniti. Fanon fa del TAT un uso culturale, rileva le differenze tra le reazioni classiche occidentali e quelle delle donne ricoverate all'ospedale di Blida per delineare una sociologia dell'immaginario a partire da una differente elaborazione del dato percettivo. Nei casi da lui valutati: “Non si evidenzia alcuna linea fondamentale. Non compare alcuna struttura. La narrazione è inesistente. Non vi è né scena, né dramma.” L'assenza di configurazione del racconto non indica però alcuna mancanza, semmai una distinzione ontologica nel reagire allo stimolo rispetto a un classico “paziente” occidentale.

 

Poi, il libro raccoglie due opere teatrali: L'Œil se noie e Les Mains parallèles. Una terza opera, La Conspiration, risulta irreperibile. Di questi lavori si sa poco. L'Œil se noie è diventato titolo di un'esperienza espositiva a Kiosk, una galleria fondata nel 2006 con sede in Belgio e con riferimento specifico a Fanon. Si tratta di due opere – L'Œil se noie e Les Mains parallèles – la cui lettura fa pensare a una messa in scena in cui l'esperienza del corpo è fondamentale, com'è evidente anche dai titoli. L'occhio che annega, per esempio, sembra già esprimere il conflitto tra il desiderio di cogliere il tutto nella visione e la sua impossibilità radicale. Evoca le domande di Darwin e Nietzsche su che cos'era l'occhio prima di vedere, la nota frase di Heinz von Foerster: “Non vediamo ciò che non vediamo”, l'opera di H.G. Wells sul paese dei ciechi e anche le meravigliose riflessioni di Borges a proposito dell'opera di H.G. Wells.

 

Gli scritti politici hanno come tema preponderante la rivoluzione algerina, alla quale Fanon partecipò attivamente. Il Fanon politico è, tra gli italiani che lo ricordano, il più noto, grazie al libro I dannati della terra. Tuttavia il Fanon politico è anche il Fanon tragicamente più datato. A cinquant'anni di distanza, non ci resta che prendere atto che le esperienze di liberazione sono state spesso disastrose. Tuttavia, nel contesto di quegli anni, i movimenti di liberazione hanno dato vita, prima in Francia poi in tutta Europa, ai movimenti studenteschi e a una stagione di contestazione politica che Fanon non ebbe l'opportunità di vivere.

Nel libro, c'è anche un'interessante sezione dedicata al Fanon italiano. Una sorta di continuazione del Fanon politico. La sinistra italiana, favorevole alla lotta di liberazione algerina, accoglieva Fanon grazie all'aiuto di Giovanni Pirelli e al coinvolgimento di Raniero Panzeri, siamo all'inizio degli anni Sessanta. Su questi temi si può leggere l'interessante tesi di Laurea di Marco Ferro Quale Fanon? Un'analisi della prima ricezione italiana de “I dannati della terra”, discussa presso l'Università Ca' Foscari di Venezia.

 

I due curatori del libro, grazie al contributo di Neelam Srivastava, riconoscono la maggiore attenzione ottenuta da Fanon in Italia, rispetto alla Francia, in un'epoca in cui la questione algerina aveva costretto la Francia ad agire dentro un logica amico/nemico. Fanon passava spesso da Roma per recarsi in Africa. Sembra anche essere scampato a un tentato assassinio di qualche servizio segreto francese mentre era in Italia.

 

Questo testo lascia però un po' in ombra la fama di Fanon, dopo la sua morte, presso gli studi post-coloniali di lingua inglese. Se I dannati della terra rappresenta il Fanon sartriano, rivoluzionario comunista – apprezzato in quello strano paese occidentale, alleato degli Stati Uniti, con il Partito Comunista più forte del mondo, che era l'Italia – Pelle nera, maschere bianche è invece la sua opera più nota nel mondo anglosassone e mostra un Fanon che usa la psicoanalisi per smascherare l'aspetto intimo del soggetto colonizzato, il suo assoggettamento linguistico, culturale, ontologico.

 

L'opera Rethinking Fanon, curata da Nigel Gibson nel 1999 e numerose altre opere in lingua inglese sul suo pensiero mostrano la fioritura di studi anglosassoni non tanto sul Fanon rivoluzionario attivo, quanto sul pensatore critico, anticipatore delle opere di Edward Said, Homi Bhabha e Gayatri Spivak. In un certo senso, Fanon ha subito la stessa sorte accaduta a Gramsci, pensatore comunista in Italia fino agli anni Ottanta, filosofo dei cultural studies inglesi e nord-americani a partire dagli anni Novanta. Si tratta dello stesso Fanon? Oppure ci sono Fanon molteplici? Propenderei per la seconda versione: il rivoluzionario, lo scrittore di teatro, il critico post-coloniale, l'etno-psichiatra stanno insieme e, mentre nel contesto degli anni Sessanta e Settanta in Italia, il rivoluzionario aveva certamente più influenza, oggi, in un contesto storico-sociale del tutto diverso, emerge il Fanon clinico. Rivoluzionario sì, ma nei “minuti particolari”.

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