Il porno, la molestia e la cultura

2 Febbraio 2017

In modo occulto o palese, il porno è l’anima della cultura contemporanea. Non si tratta solo di sesso, ma cominciamo da lì. L’annosa questione della pornografia – intesa come quel modo di mostrare il corpo sessuato che si distingue dall’erotismo – è stata, per anni, controversa. Possiamo dire che il porno è un erotismo “pop”? Erotismo e pornografia stanno al limite di uno spettro dove ci sono “posizioni” intermedie? Oppure porno ed erotismo non hanno niente a che fare l’uno con l’altro? La differenza tra eros e porno corrisponde alla differenza tra sessualità e sesso, per cui “fare sesso” e “fare l’amore” sono due cose differenti?

 

Nel cinema, il porno è quel genere inaugurato negli Stati Uniti dalla figura di John Holmes, negli anni Settanta. Il porno hard consiste nelle riprese della penetrazione, come vedere un motore a scoppio mentre funziona, solo fatto di carne, noioso. Tuttavia i problemi tecnici con l’hard erano numerosi. Primo fra tutti l’irroramento del pene di Holmes che, come dichiara un suo collega in un documentario sull’argomento, sembrava un’enorme spugna. Dunque spesso era necessario passare dell’hard al soft. Non possiamo dire che il cinema porno fece scandalo, né allora né ora. In Italia veniva mostrato in appositi cinema, detti “a luci rosse”, dove andavano i soli maschi. Erano cinema squallidi, oggi sono scomparsi, li hanno sostituiti le sale da gioco. Il porno non fa scandalo perché è banale, mostra il sesso, crudo, senza sessualità.

 

Per Slavoj Žižek, non ricordo dove lo ha scritto, il “carattere nazionale” italiano si comprende guardando la commedia sexy all’italiana: Gloria Guida, Edvige Fenech, Carmen Villani, ecc. Lì viene fuori il vero modello del maschio italiano: ruffiano, profittatore, codardo, decisamente stupido, impersonato da Lino Banfi, Renzo Montagnani, Cristian De Sica, ecc., sono le figure più di spicco di questo ricco panorama cinematografico e culturale che ci ha tediato per oltre quarant’anni con le stesse scene ripetute all’infinito. Oggi queste commediole sono sostituite dal cine-panettone. In fondo il porno italiano è un po’ all’acqua di rose, almeno sul versante della nudità e del sesso.

 

Edwige Fenech.

 

Se ci spostiamo in Germania, il panorama cambia enormemente. Non è necessario andare al cine, basta passeggiare. Troviamo interi quartieri pornografici, con giovani donne che si spogliano dietro le vetrine di un postribolo, con gli uomini che si affacciano e concordano il prezzo di mezz’ora di sesso crudo. Più recentemente, nella zona di Theresienwiese, a Monaco di Baviera, si incontra il contrasto tra la passeggiata di donne col chador, il niqab, il burka e i night club, club privée, bordelli con immagini di donne nude all’esterno, dalle quali si evince che dentro si svolgerà la danza sul palo. Basta scendere le scale e pagare per l’ingresso.

 

A ciascun paese la propria pornografia. Potremmo dire che la pornografia è ripetizione del sesso senza differenza, senza creazione. Oggi abbiamo una pornografia globale, su internet, nei televisori degli hotel, negli spam delle mail, e nei social network. Ci sono social network con chat di scambio di rapporti di vario tipo. Molte persone si rivolgono allo psicoterapeuta perché non riescono a liberarsi dalla dipendenza da questo tipo di chat, molte donne chiedono aiuto perché i mariti passano la notte a chattare con qualche porno-linea. Fanno sesso col computer.

 

Reeperbahn, Amburgo

 

L’ultima novità sono le immagini e i messaggi porno che repentinamente appaiono, in particolare su facebook, pinterest e altri luoghi simili. A volte te li ritrovi sulle tue pagine, o nelle mail, senza sapere da dove vengano, a volte appaiono come inviati da “amici” che, interpellati, non ne sanno nulla e si scusano, pensando di non avere attivato qualche dispositivo di privacy. Questa è la novità. Da dove vengono questi nuovi porno? Chi li invia? Come accade che sulle tue mail giungano messaggi in cui ti si chiede se vuoi allungare il pene, frequentare una donna che abita vicino a te, della tua età circa, ecc., ecc.? Come fanno a sapere dove abiti, quanti anni hai e che hai il pene inesorabilmente corto? Se la terza è facile da indovinare – ogni maschio, tranne il povero Holmes e Siffredi, ha il pene troppo corto, per definizione, è tautologico – l’età e l’indirizzo richiedono una sintesi a posteriori, come fanno a conoscerli?

 

Da tempo sappiamo che essere su internet significa essere sotto il controllo delle istituzioni pubbliche, dei servizi sanitari, dei servizi segreti, dei gruppi bancari, delle agenzie delle entrate, ecc. Che si sappia quanto guadagniamo, dove andiamo in vacanza, che lavoro facciamo, che auto possediamo, quanti amanti abbiamo, a che ore ceniamo, di che umore siamo, va bene. Anche se non sappiamo come raccolgono le informazioni possiamo immaginarlo: gliele diamo noi, sui social, in particolare su facebook, che è diventato una sorta di diario confidenziale segreto/pubblico. Ma possibile che, oltre ai servizi segreti, queste cose le sappiano anche i pornografi? Come ci controllano – e da dove – gli occulti signori del mondo porno? Di più, com’è possibile che su facebook appaia che un “amico” inserisce un “post” porno a sua insaputa? Che vergogna! Chi crede davvero che non l’ha fatto lui? Chi crede che non ha un doppio maligno, che non ha una personalità multipla, che non è una sorta di Dottor Jekyl e Mister Hyde? O, meglio, Dottor Dick e Miss Pussy?

 

Il porno ha certo questo aspetto comico, ma c’è anche un aspetto tragico. Anni fa, nel 1993, Catherine MacKinnon aveva fatto una proposta di legge per la messa al bando della pornografia negli Stati Uniti. Si era appellata al quattordicesimo emendamento della Costituzione Americana, che sancisce la dignità umana. MacKinnon, un’avvocata che aveva aiutato un certo numero di donne stuprate a sostenere il processo, pubblicò un libro intitolato Only Words. Negli Stati Uniti si aprì un ampio dibattito sui rapporti tra la pornografia e la molestia sessuale, compreso lo stupro. In quel bel libro, tra le altre cose, MacKinnon sostiene che una donna che entra in un ufficio, dove un uomo ha appeso un calendario di corpi femminili nudi, è già in condizione di molestia. Ecco allora l’arcano del porno, il porno è incitazione allo stupro. Il porno si distingue dall’erotismo perché è molesto, impositivo, autoritario e crudele. È il gesto che mostra la differenza, la molestia è maleducazione, mancanza di cultura, rozzezza, violenza.

 

A questo punto, cominciano a sorgere altre domande che con il corpo nudo, femminile o maschile, non hanno a che fare: il porno riguarda il corpo? Oppure il corpo è, nel porno, mera apparenza? Per esempio: se escludiamo, in modo categorico, che una trasmissione di Bruno Vespa sia erotica, possiamo escludere che sia pornografica? Non c’è bisogno di essere moralisti, non è questo. Il moralista si scandalizza per il cambiamento di costume, indipendentemente da quanto questo cambiamento abbia effetti sociali molesti. Qui ci stiamo domandando se l’imposizione di una ripetizione senza differenza, se una coazione a ripetere – la donna in vetrina, la scopata a stantuffo, il cine a luci rosse, la chat; ma anche la sala giochi, la tele trasmissione, il centro commerciale, ecc. – non siano già produzione inconscia di pornografia di massa.

 

Catharine MacKinnon

 

In questo senso il porno ha tanti volti diversi: le attuali “cartolerie” franchising, con commessi che trattano i libri come fossero cellulari o carne in scatola, non sono porno? La scomparsa del libro, inteso come tomo cartaceo da tenere tra le mani, sfogliare, sottolineare con la matita, strapazzare, con il libraio che ti consiglia cosa leggere; tale scomparsa non è porno? Se pensiamo a come si costituì una grande casa editrice a partire da una cesura culturale, negli anni di Bianciardi, dei franchi narratori, delle sfide alla saggistica, con le pubblicazioni di autori come Elvio Fachinelli, Gisela Pankow, Herbert Marcuse, Gavino Ledda, ecc., e le confrontiamo con le attuali cartolerie, dove trovi commessi che non conoscono la differenza tra un saggio e un romanzo… beh: non è che siamo in piena pornografia culturale?

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