Niccolò Machiavelli / Il principe
Accantonando gli usi politici che delle pagine del Segretario fiorentino sono stati fatti nel corso dei secoli (giusti e sbagliati, per dirla con Calvino: da Gramsci ai corsi per manager, dai teorici della ragion di stato alla Biblioteca dell'utopia di Silvio Berlusconi editore), di questo ultimo capitolo del Principe stupisce lo slancio appassionato. Dopo pagine venate di pessimismo della ragione – indotto oltretutto da un contesto politico a dir poco turbolento – Machiavelli, auspicando il riscatto dell'Italia, nell' exhortatio cede, se non all'ottimismo, all'incitamento vibrante. Valgano allora le parole di un celebre passo della Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis: "Siamo dunque alteri del nostro Machiavelli. Gloria a lui, quando crolla alcuna parte dell'antico edificio. E gloria a lui, quando si fabbrica alcuna parte del nuovo. In questo momento che scrivo, le campane suonano a distesa, e annunziano l'entrata degl'italiani a Roma. Il potere temporale crolla. E si grida il viva all'unità d'Italia. Sia gloria al Machiavelli".
XXVI
EXHORTATIO AD CAPESSENDAM ITALIAM IN LIBERTATEMQUE A BARBARIS VINDICANDAM.
Considerato adunque tutte le cose di sopra discorse, e pensando meco medesimo se al presente in Italia correvano tempi da onorare uno nuovo principe, e se ci era materia che dessi occasione a uno prudente e virtuoso d'introdurvi forma che facessi onore a lui e bene alla università delli uomini di quella, mi pare concorrino tante cose in benefizio di uno principe nuovo, che io non so qual mai tempo fussi più atto a questo. E se, come io dissi, era necessario, volendo vedere la virtù di Moisè, che il populo d'Isdrael fussi stiavo in Egitto; e a conoscere la grandezza dello animo di Ciro, che ' persi fussino oppressati da' medi; e la eccellenzia di Teseo, che li ateniesi fussino dispersi; così al presente, volendo conoscere la virtù di uno spirito italiano, era necessario che la Italia si riducessi ne' termini presenti, e che la fussi più stiava che li ebrei, più serva che ' persi, più dispersa che gli ateniesi: sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa, e avessi sopportato d'ogni sorte ruina.
E benché insino a qui si sia mostro qualche spiraculo in qualcuno, da potere iudicare ch'e' fussi ordinato da Dio per sua redenzione, tamen si è visto come di poi, nel più alto corso delle azioni sua, è stato da la fortuna reprobato. In modo che, rimasa come sanza vita, aspetta quale possa essere quello che sani le sua ferite e ponga fine a' sacchi di Lombardia, alle taglie del Reame e di Toscana, e la guarisca da quelle sue piaghe già per lungo tempo infistolite. Vedesi come la priega Iddio che li mandi qualcuno che la redima da queste crudeltà e insolenzie barbare. Vedesi ancora tutta pronta e disposta a seguire una bandiera, pur che ci sia uno che la pigli. Né ci si vede al presente in quale lei possa più sperare che nella illustre Casa vostra, la quale con la sua fortuna e virtù, favorita da Dio e da la Chiesa, della quale è ora principe, possa farsi capo di questa redenzione. Il che non fia molto difficile, se vi recherete innanzi le azioni e vita de' sopra nominati; e benché quelli uomini sieno rari e maravigliosi, nondimeno furno uomini, ed ebbe ciascuno di loro minore occasione che la presente: perché la impresa loro non fu più iusta di questa, né più facile, né fu Dio più amico loro che a voi. Qui è iustizia grande: iustum enim est bellum quibus necessarium et pia arma ubi nulla nisi in armis spes est. Qui è disposizione grandissima: né può essere, dove è grande disposizione, grande difficultà, pure che quella pigli delli ordini di coloro che io ho preposti per mira. Oltre a di questo, qui si veggono estraordinari sanza esemplo, condotti da Dio: el mare si è aperto; una nube vi ha scorto il cammino; la pietra ha versato acque; qui è piovuto la manna. Ogni cosa è concorsa nella vostra grandezza. El rimanente dovete fare voi: Dio non vuole fare ogni cosa, per non ci tòrre el libero arbitrio e parte di quella gloria che tocca a noi.
E non è maraviglia se alcuno de' prenominati italiani non ha possuto fare quello che si può sperare facci la illustre Casa vostra, e se, in tante revoluzioni di Italia e in tanti maneggi di guerra, e' pare sempre che in Italia la virtù militare sia spenta; perché questo nasce che gli ordini antichi di quella non erono buoni, e non ci è suto alcuno che abbia saputo trovare de' nuovi. E veruna cosa fa tanto onore a uno uomo che di nuovo surga, quanto fa le nuove legge ed e' nuovi ordini trovati da lui: queste cose, quando sono bene fondate e abbino in loro grandezza, lo fanno reverendo e mirabile. E in Italia non manca materia da introdurvi ogni forma: qui è virtù grande nelle membra, quando la non mancassi ne' capi. Specchiatevi ne' duelli e ne' congressi de' pochi, quanto gli italiani sieno superiori con le forze, con la destrezza, con lo ingegno; ma come e' si viene alli eserciti, non compariscono. E tutto procede da la debolezza de' capi: perché quegli che sanno non sono ubbiditi e a ciascuno pare sapere, non ci essendo insino a qui suto alcuno che si sia rilevato tanto, e per virtù e per fortuna, che li altri cedino.
Di qui nasce che in tanto tempo, in tante guerre fatte ne' passati venti anni, quando gli è stato uno esercito tutto italiano, sempre ha fatto mala pruova: di che è testimone prima el Taro, di poi Alessandria, Capua, Genova, Vailà, Bologna, Mestri.
Volendo adunque la illustre Casa vostra seguitare quelli eccellenti uomini che redimerno le provincie loro, è necessario innanzi a tutte le altre cose, come vero fondamento d'ogni impresa, provedersi d'arme proprie, perché non si può avere né più fidi, né più veri, né migliori soldati: e benché ciascuno di essi sia buono, tutti insieme diventeranno migliori quando si vedessino comandare dal loro principe, e da quello onorare e intrattenere. È necessario pertanto prepararsi a queste arme, per potersi con la virtù italica defendere da li esterni. E benché la fanteria svizzera e spagnuola sia esistimata terribile, nondimanco in ambedua è difetto per il quale uno ordine terzo potrebbe non solamente opporsi loro, ma confidare di superargli. Perché gli spagnuoli non possono sostenere e' cavagli, e ' svizzeri hanno ad avere paura de' fanti quando gli riscontrino nel combattere ostinati come loro: donde si è veduto e vedrassi, per esperienza, li spagnuoli non potere sostenere una cavalleria franzese e ' svizzeri essere rovinati da una fanteria spagnuola. E benché di questo ultimo non se ne sia visto intera esperienza, tamen se ne è veduto uno saggio nella giornata di Ravenna, quando le fanterie spagnuole si affrontorno con le battaglie tedesche, le quali servano el medesimo ordine che ' svizzeri: dove li spagnuoli, con la agilità del corpo e aiuto de' loro brocchieri, erano entrati, tra le picche loro, sotto e stavano sicuri a offendergli sanza che ' tedeschi vi avessino remedio; e se non fussi la cavalleria, che gli urtò, gli arebbono consumati tutti. Puossi adunque, conosciuto il difetto dell'una e dell'altra di queste fanterie, ordinarne una di nuovo, la quale resista a' cavalli e non abbia paura de' fanti: il che lo farà la generazione delle arme e la variazione delli ordini; e queste sono di quelle cose che, di nuovo ordinate, danno reputazione e grandezza a uno principe nuovo.
Non si debba adunque lasciare passare questa occasione, acciò che la Italia vegga dopo tanto tempo apparire uno suo redentore. Né posso esprimere con quale amore e' fussi ricevuto in tutte quelle provincie che hanno patito per queste illuvioni esterne, con che sete di vendetta, con che ostinata fede, con che pietà, con che lacrime. Quali porte se li serrerebbono? Quali populi gli negherebbono la obbedienza? Quale invidia se li opporrebbe? Quale italiano gli negherebbe lo ossequio? A ognuno puzza questo barbaro dominio. Pigli adunque la illustre Casa vostra questo assunto, con quello animo e con quella speranza che si pigliono le imprese iuste, acciò che, sotto la sua insegna, e questa patria ne sia nobilitata e, sotto e' sua auspizi, si verifichi quel detto del Petrarca, — quando disse:
Virtù contro a furore
prenderà l'armi, e fia el combatter corto,
che l'antico valore
nelli italici cor non è ancor morto.
Edizione di riferimento: Niccolò Machiavelli, Il principe, a c. di G. Inglese, Einaudi, Torino 1995