I Re Magi erano quattro

6 Gennaio 2016

Si narra nel Vangelo di Matteo di alcuni Magi venuti dall’oriente e che interrogarono Erode circa la nascita del Re dei Giudei.

Il testo non dice quanti fossero, e Marco, Luca e Giovanni non ne fanno neppure cenno. Il loro numero, fissato in tre, e i loro nomi, Gaspare, Baldassarre e Melchiorre, ci vengono dai Vangeli apocrifi. Una leggenda ortodossa russa, poi, parla di un quarto Re Mago, partito da un paese lontano e giunto in ritardo a Betlemme.

Michel Tournier, uno dei grandi scrittori francesi contemporanei, che ha compiuto il 19 dicembre 91 anni, purtroppo sconosciuto ai lettori più giovani, dato che i suoi libri non sono più ristampati o recensiti o citati, ha resuscitato questa leggenda e ha messo in scena in un romanzo-fiaba la storia dei quattro Re Magi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, pubblicato in originale nel 1980, tradotto nel 1995 in italiano (Garzanti).

Gaspare, Re di Meroa, è nero ed è innamorato di una schiava bionda che lo respinge e lo inganna. Baldassarre, Re di Nippur, è un iconofilo, un amante delle immagini contro la sua religione iconoclasta, e un collezionista d’arte. Melchiorre, Re di Palmira, è stato privato giovanissimo del suo trono dallo zio e ridotto allo stato di mendicante. Questi tre re seguono la cometa lontano dalle loro terre a causa dell’amore, delle immagini e del potere.

Baldassarre scopre a Ebron nei pressi del terreno, da cui si narra che Jahvè trasse la terra per plasmare Adamo, che l’uomo fu fatto a immagine e somiglianza di Dio; l’immagine che egli insegue non è che la maschera superficiale e illusoria, mentre la somiglianza ingloba l’essere interiore – anima e corpo. Presso la stalla di Betlemme il Re di Nippur s’inginocchia per adorare quella carne – «visibile, tangibile con il suo brusio e i suoi odori» – trasfigurata in spirito. La verità dell’arte, racconta Baldassarre, è carnale: «non c’è bellezza se non per l’occhio, l’orecchio o la mano».

 

A destra: Michel Tournier

 

Gaspare, che ha scorto nella mangiatoia un Gesù nero come lui, confessa la verità di un amore che rispetta – la parola nel suo significato originale significa guardare due volte. Il principe spodestato, Melchiorre, apprende presso il Bambino la forza della debolezza, e presso Erode la violenza e la paura del potere regale.

Tournier riscrive la leggenda dei Re Magi intrecciandola a quella dei personaggi secondari della Natività di Cristo: Erode, simbolo della solitudine del potere, l’asino e il bue, testimoni diretti dell’avvenimento.

Nella sua invenzione narrativa lo scrittore francese ci narra anche la storia di Barbadoro, metafora della trasmissione del potere regale e del rapporto tra le generazioni, ma anche fiaba per bambini.

Tuttavia il personaggio centrale del romanzo, volutamente ignorato nel titolo, è Taor, principe di Mangalore, città indiana, il quarto Re Mago. Golosissimo erede al trono, Taor invia verso Occidente dei messaggeri per entrare in possesso di un dolce al pistacchio, il rahat lukum.

In questa ricerca i suoi uomini tornano a mani vuote, ma con la notizia che presso il popolo della Giudea si attende l’invenzione della ricetta sublime di un cibo trascendente, buono da soddisfare per sempre, e così saporito che chi ne gusterà una sola volta non vorrà più mangiare altro fino alla fine dei suoi giorni.

Questa notizia ha il potere di fare armare a Taor navi per raggiungere quella lontana terra. Il viaggio alla ricerca del cibo trascendente lo conduce presso le tribù del deserto. Qui egli apprende che la caduta dell’uomo ha spezzato la verità in due tronconi: una parola vuota, cava, menzognera, senza valore nutritivo; e un cibo combatto, pesante e opaco, che obnubila la mente e rende cascante il corpo. I nomadi del deserto hanno scelto di coniugare la frugalità con la più spirituale delle attività fisiche: la marcia a piedi.

La ricerca di Taor si rivela così progressivamente una quête che ricompone conoscenza e verità, nutrimento spirituale e nutrimento corporale. Il principe di Mangalore ignora che riuscirà, al termine della sua esistenza, là dove hanno fallito gli uomini del deserto, immagine della santità ascetica.

Tournier ci ha abituati nelle sue opere alla rilettura dei grandi miti umani: la Natura come Cosmo e Caos, Ordine e Disordine in Venerdì o il limbo del Pacifico; la gemellarità e il tempo ne Le meteore; l’Infanzia divina ne Il re degli Ontani. La sua scrittura intreccia in maniera avvincente narrazione e saggismo, letteratura e filosofia, ma anche scienza, antropologia, teologia e religione, facendo propria la lezione de L’uomo senza qualità di Robert Musil.

Gaspare, Melchiorre e Baldassarre è un libro «religioso» non solo per il tema che affronta, quello della legenda dei Re Magi, ma anche per la sua spiritualità (e qui uso la parola spirito nella sua eccezione paolina di pneuma, soffio, respiro, tema molto importante per lo scrittore francese). Tournier si è cimentato spesso con temi teologici: Le meteore è il romanzo dello Spirito Santo (Le vent Paraclet è il titolo di un saggio edito da Gallimard dove lo scrittore racconta la sua formazione intellettuale e i suoi libri), in cui parlano del sacro un prete omosessuale e un dandy-del-pattume; Il re degli Ontani contiene una rilettura della leggenda di San Cristoforo, che funge da filo conduttore a tutto il romanzo, e temi teologici compaiono nei racconti di Le coq de Bruyère. In Gaspare, Melchiorre e Baldassarre affronta il tema dell’eucarestia, del rapporto tra cibo e religione, cibo e sacrificio. Le sue pagine, che non perdono mai la loro tensione narrativa, evocano i nomi di Freud e di René Girard; i personaggi di Tournier giocano sottilmente con le interpretazioni del padre della psicoanalisi e dell’inventore del tema della «vittima sacrificale».

Taor, re dello zucchero, è alla ricerca del Divin Confettiere, dispensatore di pasticceria così squisita da togliere per sempre il gusto di qualsiasi cibo. Egli incontra sulla sua strada i tre Re Magi provenienti da Betlemme e decide di seguire le tracce del Bambin Gesù. Ma prima di partire offre un grande banchetto a base di dolci ai bambini di Betlemme e, mentre i bambini superiori a due anni si nutrono con il suo zucchero, i soldati di Erode compiono la Strage degli Innocenti, che segna per Taor la fine dell’era dello zucchero, età del piacere carnale per eccellenza.

Tournier, scrittore delle «simmetrie infrante», come ne Le meteore, il suo romanzo più complesso, ha costruito con Gaspare, Melchiorre e Baldassarre un récit di sottili simmetrie e corrispondenze. Taor esce dall’età dello zucchero per entrare in quella del sale. Sono le saline di Sodoma, di cui il romanziere francese offre una suggestiva interpretazione. Questa città collocata al di sotto del livello del mare, vive nel segno di questo cristallo amaro e caustico; le sue usanze sessuali sono iscritte nel suo nome, e riguardano i due sfinteri opposti del corpo umano, la bocca e l’ano; in comunicazione tra loro, «si rimandano l’eco e si chiamano da un capo all’altro dell’uomo, alfa e omega della vita, e soltanto l’atto sessuale sodomita corrisponde a questo cupo e grande tropismo». Il possesso a Sodoma non si imprigiona in un vicolo cieco, ma s’immette nel labirinto intestinale, irriga ogni ghiandola, eccita ogni nervo e alla fine, sbocca in pieno viso.

Tournier riprende in queste pagine due dei suoi temi prediletti; quello della omosessualità, cui ha dedicato importanti pagine ne Le meteore che contengono una dottrina cosmologica della sessualità, e quello che lega il cibo alla sessualità e agli escrementi.

Sodoma è il Regno Inferiore, che vive del lavoro nelle sotterranee miniere di sale, regno cui presiede Lot, la donna tramutata in una statua di sale, la Madre Morta, che allude anche al salino Mare Morto, ventre materno e acqua stagnante. A questo regno si contrappone il Regno Terrestre rappresentato dal Palazzo di Mangalore, regno dell’infanzia incontaminata e perduta, persa per sempre, che Taor stesso offre sotto forma di torta ai bambini di Betlemme, simbolo dell’innocenza e oggetto della furia omicida (questo medesimo tema torna nel racconto Gilles e Jeanne dedicato a Gilles de Rais, il grande feudatario francese e massacratore di bambini, e a Giovanna d’Arco, la Pulzella). Ma c’è anche un terzo Regno che si rivelerà al termine della quête di Taor: il Regno Celeste, regno del pane che sazia ogni fame.

Il Re di Mangalore transita per il Regno Inferiore, dove trascorre trentatré anni. Con un gesto generoso Taor tenta di riscattare un uomo oppresso dai debiti, ma rimasto senza denaro e abbandonato dal suo seguito, avrà solo la sua vita da dare in cambio. Per questo scenderà nelle miniere di sale per pagare il debito. Qui apprenderà preziose informazioni circa quel Gesù che aveva inseguito in gioventù. Un prigioniero giunto da poco gli narrerà di cene miracolose, di pranzi e di festini dati ai poveri, di acqua tramutata in vino, di pani e pesci moltiplicati, e di un corpo che è insieme pane e vino e che concede la vita eterna.

Taor comprende che questo Gesù è il Divino Confettiere che cercava, e che il festino e il sacrificio dei bambini di Betlemme, avvenuti simultaneamente, erano facce dello stesso sacramento. Liberato dalla prigionia si dirige verso Gerusalemme dove si trova Gesù.

È il Venerdì Santo, e anche questa volta Taor arriva in ritardo. In casa di Giuseppe d’Arimatea la sala è vuota. Sulla tavola vi sono ancora tredici coppe e i frammenti del pane. Affamato si porta alla bocca il pane. In quel momento muore, ma due angeli sono pronti a sorreggerlo e a condurlo in cielo. Le creature alate si portano via colui che, dopo essere stato l’ultimo, il perpetuo ritardatario, per primo aveva ricevuto l’eucarestia. Conoscenza e verità, sembra dire Tournier, che ha scritto con Gaspare, Melchiorre e Baldassarre un romanzo iniziatico, non si unificano nella meditazione mistica o nella teoresi filosofica (theoria sta per contemplazione), ma nel corpo, o meglio, attraverso il corpo. Gaspare con l’amore, Melchiorre con la politica, Baldassarre con l’arte e, infine, Taor, il più materialista di tutti, con il cibo, esprimono il raggiungimento dell’unità di corpo e anima, di mente e corpo, che il nostro sapere ha separato per secoli. Sotto le spoglie di un’affascinante fiaba Tournier intreccia per il piacere del lettore simbologie «segrete» e grande letteratura. Un autore da tornare a rileggere o da scoprire ex novo per chi ancora non lo conosce. La letteratura è fatta di scoperte e riscoperte. Michel Tournier merita entrambe.

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