Indagine sulle Terre estreme / RamDom e LaStation. L’arte volano del territorio

16 Aprile 2018

Chiunque si sia mai imbattuto per la prima volta in una cartografia storica si è trovato di fronte a una rappresentazione delle terre emerse rovesciata rispetto a quella che conosceva meglio e si sarebbe aspettato. Questo perché, vero che sembra banale dirlo, ma anche la cartografia come ogni narrazione è soggetta alle centralità politiche e culturali del momento. Per secoli, infatti, la posizione sulla mappa sottolineava il peso simbolico e pertanto luoghi come Gerusalemme che per secoli si è trovata al centro dell’Orbis Terrae. Allo sbilanciamento delle coordinate cardinali, corrisponde il ribaltamento dei continenti per cui l’Asia spicca sugli altri, distinguendosi come l’area più estesa e occupando l’intero emiciclo superiore del cerchio, mentre Europa e Africa sono appaiate in basso, dividendosi la metà inferiore. Nel mezzo: le acque del mare nostrum che ne fa una “T”.

 


Mappa di Bünting, 1581.

 

Orbis Terrae, XII secolo.

 

È da questa consapevolezza e soprattutto dal desiderio di rivedere il peso dei rapporti tra centro e periferia che nascono progetti come Indagine sulle Terre Estreme, un progetto di residenze per artisti di respiro internazionale, nato nel 2014 a Santa Maria di Leuca, nell’estremità meridionale della Puglia e dell’Italia dall’idea di rompere l’unilateralità del rapporto tra periferie e centro attraverso l’arte. L’idea e la cura del progetto si devono all’associazione di produzione culturale e artistica RAMDOM, fondata nel 2011 da Paolo Mele, curatore in fuga a New York, poi rientrato e Luca Coclite, artista, salentino di ritorno anche lui, il cui lavoro racconta spesso le storie sociali dei luoghi, attraverso architettura e paesaggio. Opere di rara sintesi capaci di raccontare le contraddizioni di una gestione territoriale in modo efficace senza la compiacenza di un giudizio esterno. 

 

Luca Coclite, Hall.


La scommessa, come si è detto, è quella di ribaltare a proprio vantaggio l’estremità geografica, politica e culturale della propria posizione, e di farlo attraverso l’arte e proposte di qualità. Una scommessa che in sette anni di attività ha un bilancio positivo e in crescita. A oggi si contano oltre settanta artisti provenienti da ogni latitudine, dal Pakistan alla Cina; più di venti ospiti tra cui Roberto Paci Dalò e Andrea Lissoni, oltre ai numerosi progetti realizzati site specific, e alle collaborazioni esterne. Dal 2015 RamDom ha anche una sede propria e presto avvierà una foresteria. Nel 2013, infatti, è tra i vincitori del bando Mente Locale e ottiene la possibilità di recuperare l’abitazione in disuso del casellante di una stazione delle Ferrovie del Sud Est. L’ultima della tratta. Quella più a sud: Gagliano del Capo. Nasce quindi nel 2015 La Station, sede operativa di RamDom, ed è subito occasione di nuovi incontri. La progettazione degli arredi è infatti il risultato di una classe di studenti della Naba di Milano. Dopo due anni, oggi è una delle poche stazioni che sia stata convertita a centro di produzione culturale. Spazio espositivo, bar, luogo di incontro, bookshop, qui hanno sede le mostre di fine residenza, i workshop di artisti, curatori e ospiti, rassegne, proiezioni, performance; si vendono le opere prodotte e articoli di giovani designer locali. La Station, è diventato un punto di riferimento per tutto il Salento, durante tutti i dodici mesi dell’anno.

 

Simona Di Meo, Roberto Memoli, Nuvola Ravera e Jacopo Rinaldi, tutti under 35, sono gli artisti della scorsa residenza, che hanno avuto modo di conoscere il territorio, tirando fuori ognuno un personale dialogo con il luogo e le sue memorie. Le loro opere sono state esposte nella mostra conclusiva della residenza: Sino alla fine del Mare. Simona Di Meo usa lo spazio pubblico per mostrare le testimonianze raccolte nella comunità albanese, esplorando il concetto di frontiera, mentre Jacopo Rinaldi interviene invece su una littorina ancora in funzione, scambiando le tendine originali – allestite dentro La Station – con altre sui cui sono state stampati i fotogrammi del filmato che riprende l’inaugurazione della linea storica.

 

Simona Di Meo, Crossing Border is an intimate act.


Jacopo Rinaldi, Intervallo.


Con un’installazione video, Roberto Memoli racconta la tradizione locale della focara di mezza estate quando si bruciano gli ulivi, un rito collettivo oggi dai tratti più composti, ma che fino a pochi anni fa vedeva la competizione soprattutto tra i giovanissimi, delle fazioni territoriali, che si scontravano in un gioco tra bande. Infine, Nuvola Ravera gioca sul concetto di narrazione e confine, sottolineando la contraddizione implicita di alcuni scorci con dei cartelli con la scritta “FINE”.

 

Nuvola Ravera, Fine.


Roberto Memoli, Verderame.


La nuova stagione vede le residenze di Romina de Novellis , Elena Mazzi, Rosario Sorbello e nuovi appuntamenti tra Puglia ed Europa. In luglio ritorna il Festival Lands End, in collaborazione con Capodarte e Noon. Da questo festival negli anni passati sono nate opere come The Light House (2016) o Vucca de lu puzzu, dell’artista catalano Carlos Casas, che a breve saranno presentate rispettivamente a Parigi, Berlino e Bruxelles. Tornando a Sud, a giugno ci sarà uno showcase di La Station alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare, e prossimamente si sposteranno a Palermo nell’ambito di uno degli eventi collaterali di Manifesta. Dalla Puglia ad Atene, La Station prenderà parte anche ad Art Platform Project, fiera degli spazi indipendenti. 

I numeri, i nomi, la continuità e la capacità di avviare e consolidare dialoghi con realtà esterne fanno di questo progetto un esempio virtuoso, di produzione dal basso e indipendenza, di valorizzazione del territorio e delle sue risorse artistiche di rara efficacia in Italia, dove alla qualità della ricerca e allo spessore dei progetti corrisponde una ricaduta sul territorio, a più livelli. Come diceva Gene Wilder nella parte del giovane Frankenstein: «Si può fare!»

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