Martin McLaughlin, leggere Calvino a Oxford

26 Gennaio 2025

La scomparsa di Martin McLaughlin, professore emerito all’Università di Oxford, è una perdita molto grave per tutta l’italianistica, non solo nel mondo anglofono. Nato nel 1950 a Glasgow, aveva insegnato a Edimburgo fra il 1977 e il 1990 per poi trasferirsi a Oxford, dapprima al Christ Church College (quello dove per molto tempo prestò servizio Charles L. Dodgson, alias Lewis Carroll), quindi al Magdalen College, che ebbe fra i suoi studenti Oscar Wilde. In quell’occasione McLaughlin, proprio allora cinquantenne, dichiarò che era giunto per lui il momento di lasciare il college dell’autore di Alice nel paese delle meraviglie per andare in quello dell’autore del Ritratto di Dorian Gray.   

Gli scrittori cui si è dedicato con maggiore impegno e continuità sono Calvino e l’Alberti. Per entrambi sono disponibili in italiano due fondamentali monografie: Leon Battista Alberti. La vita, l’umanesimo, le opere letterarie (Olschki 2016) e Italo Calvino e la letteratura mondiale. Narrativa, saggistica, intertestualità, di imminente pubblicazione presso Carocci, nella collana del Laboratorio Calvino della Sapienza (traduzione rivista e ampliata di un volume apparso in inglese nel 1998, Edinbugh U.P.). Ma nella sua carriera McLaughlin ha avuto modo di occuparsi di tanti autori ed argomenti. I due poli delle sue ricerche sono la prosa contemporanea (narrativa e saggistica) e la letteratura dei primi secoli, da Dante a Tasso, attraverso Boccaccio, Petrarca, Poliziano, Machiavelli. Particolare attenzione ha dedicato alle dimensioni della tradizione e dell’intertestualità, inquadrate da diverse prospettive: il petrarchismo in Gran Bretagna, l’estetica dell’imitazione nella letteratura rinascimentale, i rapporti fra Petrarca e Cicerone, fra Calvino e l’Ariosto. A ciò si collegano gli studi su quella preziosa attività – decisiva in ogni stagione culturale – che è il tradurre, dall’auto-traduzione dell’Alberti alla versione latina del Decameron di Matteo Bandello. Indossando poi direttamente i panni del traduttore, McLaughlin ha firmato numerose versioni inglesi di opere di Calvino (L’entrata in guerra, Eremita a Parigi, Collezione di sabbia, Perché leggere i classici, la raccolta delle lettere; e, insieme a Tim Parks e William Weaver, l’intero corpus cosmicomico), sottoponendo altresì ad accurata revisione la storica traduzione del Sentiero dei nidi di ragno di Archibald Colquhoun. Non meno impegnativa la corposa raccolta di saggi di Umberto Eco apparsa con il titolo On Literature (Secker & Warburg, 2005).

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Ma oltre al rigore scientifico, alla chiarezza espositiva, all’esemplarità dei costrutti argomentativi, all’acume dei commenti, chi ha avuto la fortuna di conoscere Martin McLaughlin ne ricorderà soprattutto altri aspetti: il signorile garbo, la sottile ironia, la generosa disponibilità. Io l’ho incontrato parecchie volte, in Italia, in Inghilterra e non solo; l’ultima volta a Madrid, in occasione del convegno del centenario calviniano, nell’autunno del 2023, ma con particolare piacere ricordo una passeggiata mattutina nella Pigna, la città vecchia di Sanremo. Il pluridecennale sodalizio calviniano aveva propiziato insomma la nascita di una sincera amicizia, tanto che la letteratura era solo uno dei tanti argomenti di conversazione, insieme alla politica, alla famiglia, agli amici comuni, al calcio (un antenato di Martin era stato tra i fondatori del Celtic Glasgow). Contro la malattia che l’aveva colpito, Martin ha combattuto a lungo, con tenace serenità. Tant’è vero che anche in questo triste momento non riesco a ricordarlo se non mentre sorride, raccontando l’ultimo aneddoto sulla nipotina, che ha il nome di una delle più suggestive isole della sua Scozia.

(Mario Barenghi)

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L’università di Oxford può essere un luogo austero, a volte pretenzioso (quanto Cambridge, aggiungo subito, a scanso di equivoci...), i suoi collegi proibitivi, le sue tradizioni accademiche conservatrici e introverse, i suoi “Fellows” o “Dons” soddisfatti dei loro privilegi secolari. Ma esiste anche un’altra Oxford, un luogo di amicizia e di comunità, aperto, cosmopolita e intellettualmente generoso, fonte di una ricchezza umana che si sviluppa nel corso delle generazioni, attraverso una profonda devozione allo studio e all'erudizione e alla sua trasmissione ai giovani. Questo aspetto di Oxford è stato incarnato alla perfezione da Martin McLaughlin, Agnelli Serena Professor emerito di italianistica, tristemente scomparso in questi giorni.

McLaughlin ha sostenuto le tradizioni dell'italianistica oxoniensi con grande dedizione, ma le ha anche saputo umanizzare e rianimare attraverso la sua ampia ricerca, il suo insegnamento e il calore della sua personalità. Come molti italianisti britannici, si è formato come classicista. È arrivato a Oxford da Glasgow nel 1973, giovane laureato in Lettere Classiche, e al Balliol College ha ripreso gli studi classici ora in combinazione con la letteratura medievale e rinascimentale. Ha conseguito una brillante tesi di dottorato (D.Phil), sulla teoria dell'imitazione letteraria rinascimentale, con l'esimio studioso di Leon Battista Alberti, e molto altro, Cecil Grayson. Verrà pubblicato dalla Oxford University Press come Literary Imitation in the Italian Renaissance. The Theory and Practice of Literary Imitation in Italy from Dante to Bembo (1995), un libro importante, molto citato ancora oggi. Come indica il titolo, il libro è capiente e ambizioso, ma scritto con una chiarezza e un’autorevolezza esemplari, tipiche dell’autore. Un capitolo chiave del libro era dedicato ad Alberti e McLaughlin ha continuato a mantenere questa tradizione oxoniense di studi albertiani lungo tutta la sua carriera, fino all’uscita pochi mesi prima della sua scomparsa dello studio magistrale, Leon Battista Alberti. Writer and Humanist (Princeton University Press, 2024).

Dopo il dottorato, ha insegnato per quasi 15 anni nella sua amata Scozia, all'Università di Edimburgo, insieme a studiosi carismatici quali Jon Usher e Lino Pertile, prima di essere richiamato a Oxford nel 1990. Nel 2001 ha assunto la cattedra Agnelli Serena, ed è rimasto fino alla pensione nel 2017. Già a Edimburgo, e sempre più durante gli anni a Oxford, ha concentrato il suo lavoro come studioso, insegnante e traduttore sull’opera Italo Calvino, diventando la principale autorità su questo autore polivalente nel mondo anglofono. Ha pubblicate un influente studio critico e resoconto sinottico (Italo Calvino, Edinburgh University Press, 1998), ha lavorato a stretto contatto con i principali specialisti di Calvino in Italia (anche come membro del recente comitato nazionale per il centenario), ha collaborato con la moglie e poi la figlia di Calvino, costruendo con loro un caloroso rapporto di amicizia, revisionando e raffinando le traduzioni di tutte le opere calviniane e dell’epistolario in inglese, confermando così anche il suo talento notevole come traduttore. È stato inoltre un pioniere dello studio testuale e filologico dei manoscritti moderni, conducendo a Pavia illuminanti ricerche sulle varie stesure di La speculazione edilizia, per citare solo un esempio. Anche questo dedicarsi a Calvino si inseriva, strano a dirsi, nella tradizione di Oxford, dal momento che il suo predecessore come Serena Professor (e successore di Grayson), John Woodhouse, era stato anche lui innanzitutto uno studioso dell'umanesimo e poi autore, già nel 1968, di un saggio importante su Calvino.

L’ultima volta che sono riuscito a vedere e scambiare qualche parola con Martin è stata qualche mese fa a Oxford, in occasione di un evento in memoria di Woodhouse, scomparso nel 2023. Ricordo felicemente anche la prima volta che ci siamo conosciuti, a Pavia, nella primavera del 1990. Lui si trovava lì per una visita d’archivio al Centro manoscritti di autori moderni e contemporanei di Maria Corti; io passavo un periodo a Pavia lavorando sul mio dottorato su Pasolini. Entrambi eravamo appena stati nominati a Oxford e quindi mi ha rintracciato. Martin dimostrò subito tutta la sua generosità, offrendosi di aiutarmi nel mio primo ruolo accademico, di assumersi oneri di insegnamento e di organizzazione per spianare la mia strada, ma non prima di avermi portato nel miglior caffè pavese e di avermi parlato a lungo di libri, di politica e di calcio davanti a una birra. Abbiamo lavorato insieme a Oxford per otto anni, festeggiando la caduta di Margaret Thatcher una mattina fuori dalle aule del dipartimento, progettando di scrivere a quattro mani qualcosa su Calvino e Pasolini (Calvino contro Pasolini avant la lettre) e godendoci altre birre al famoso Eagle and Child (il pub di Tolkien e di C. S. Lewis). Attraverso Martin, ho conosciuto anche Marco Belpoliti, che divenne un interlocutore fondamentale e un amico per entrambi, la ragione per cui oggi scrivo di lui qui su doppiozero. Questo aprirsi agli altri era fin troppo tipico di Martin McLaughlin, questo regalare tempo ed energie ai suoi amici e alla sua comunità, sempre pronto con un sorriso, una parola di benvenuto e una battuta felice.

(Robert Gordon)

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