Alfabeto finanziario 4. La ricchezza degli italiani

11 Aprile 2022

Paperon de’ Paperoni è un grande taccagno. Risparmia molto, consuma pochissimo. Accumula ricchezze; ama fare il bagno in una piscina piena di monete d’oro.

Ma come stanno andando il risparmio e la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane?

Prima della pandemia il risparmio delle famiglie oscillava intorno all’8 per cento del reddito disponibile (è il nostro reddito, al netto delle tasse e comprendente trasferimenti dallo Stato, ad esempio le pensioni). A marzo del 2020 il COVID19 è esploso. Per oltre due mesi non siamo usciti di casa o lo abbiamo fatto con limitazioni. I consumi sono crollati. Il risparmio è schizzato all’insù, fino a superare il 20 per cento del reddito disponibile. Con l’arrivo dei vaccini e il miglioramento della situazione economica, i consumi delle famiglie sono progressivamente tornati a crescere. Il risparmio è sceso. Oggi è intorno all’11 per cento del reddito disponibile: rimane quindi circa 3 punti percentuali al di sopra dei valori precedenti l’esplosione della pandemia. 

 

Il risparmio è un flusso d’acqua che esce dal rubinetto. L’acqua riempie la vasca del bagno: l’acqua della vasca – come le monete della piscina di Paperon de’ Paperoni – costituisce la nostra ricchezza. È una ricchezza che comprende strumenti diversi: banconote, depositi, titoli, azioni, fondi comuni, strumenti assicurativi e pensionistici. Il totale della ricchezza in Italia ammonta a 5.000 mld. di euro. Vediamo la sua composizione, partendo, come nella classifica del campionato di calcio, dallo strumento più importante a quello più piccolo. 

 

I depositi sono la prima forma di ricchezza delle famiglie, con una percentuale pari al 28 per cento del totale della ricchezza. L’evidenza è in parte spiegata dal fatto che il nostro sistema finanziario è da sempre basato sulle banche. Tuttavia la quota raggiunta dai depositi è elevata nel confronto con gli anni passati, dato che non si osservava dal 1997. La pandemia ha alzato i risparmi degli italiani, che sono affluiti in buona misura nei depositi delle banche. 

Le famiglie investono poi in strumenti assicurativi (in particolare contratti di assicurazione sulla vita, che hanno anche una funzione previdenziale) e fondi pensione privati, con una percentuale del 24 per cento del totale. Il peso di questo strumento, ora ai massimi storici, è cresciuto nel tempo, soprattutto a partire dagli anni Novanta del Novecento, quando sono state attuate riforme del sistema pensionistico che hanno accresciuto il ruolo della previdenza privata, accanto a quella pubblica. Molti italiani hanno capito che la futura pensione pubblica si sarebbe assottigliata; hanno dunque deciso di farsi una pensione integrativa.

Azioni e partecipazioni sono la terza forma di ricchezza degli italiani, con circa il 21 per cento del totale. Si tratta in gran parte di azioni e partecipazioni non quotate, riferite alle piccole imprese, spesso a conduzione familiare, un tratto distintivo della nostra economia. Ma nel nostro Paese anche molte medio e grandi imprese non hanno azioni quotate in Borsa. Malgrado l’introduzione di tante riforme, la Borsa italiana è rimasta piccola nel confronto internazionale. 

 

I fondi comuni di investimento pesano circa per il 15 per cento nelle attività finanziarie delle famiglie. Come per la ricchezza investita in strumenti assicurativi/pensionistici, l’importanza dei fondi comuni è aumentata negli ultimi anni, per decisioni delle famiglie e per scelte degli intermediari che gestiscono i fondi e offrono ai cittadini la possibilità di sottoscrivere quote dei fondi. 

È invece in diminuzione, e oggi si colloca intorno al 5 per cento, la quota della ricchezza investita direttamente in titoli obbligazionari: negli ultimi anni le famiglie italiane investono sempre di meno in titoli pubblici (che danno un rendimento basso) e in obbligazioni bancarie (che non sono coperte dalle regole europee sull’assicurazione dei depositi).  

 

 

Le banconote e le monete metalliche detenute dalle famiglie sono circa il 4 per cento della loro ricchezza. C’è un paradosso del contante. Da un lato il suo uso per le transazioni è diminuito, perché utilizziamo in maggior misura che in passato strumenti alternativi, come le carte di pagamento e i bonifici. Dall’altro, negli ultimi anni è cresciuto il ruolo delle banconote come riserva di valore, anche a causa dei bassi tassi di interesse prevalenti per i depositi bancari. L’incertezza creata dalla pandemia ha inoltre spinto le famiglie a una maggiore domanda di banconote a scopo precauzionale. 

Infine, una quota residuale della ricchezza degli italiani, il 3 per cento del totale, è investita in altre attività finanziarie, come i crediti commerciali che le piccole imprese familiari hanno nei confronti di altre aziende.  

 

Il capitalismo non esiste, esistono i capitalismi. Il capitalismo tedesco è diverso da quello francese, e quello italiano da quello anglosassone, e così via. I capitalismi si differenziano per il peso della spesa pubblica e delle tasse; per le caratteristiche delle pensioni pubbliche; per l’organizzazione di sanità, scuole e università; per le quote delle imprese e delle banche nelle mani dello Stato o dei privati; per l’incidenza del debito pubblico sul PIL. 

 

Ma i capitalismi si distinguono anche per la composizione della ricchezza finanziaria delle famiglie. Come in Italia, i depositi bancari sono importanti in Germania e in Spagna, paesi con sistemi finanziari tradizionalmente basati sulle banche; i depositi sono più bassi negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada. Le azioni detenute dalle famiglie raggiungono invece i livelli più alti negli Stati Uniti, dove l’investimento diretto dei cittadini in azioni quotate in Borsa è più diffuso che in Europa. Gli investimenti in strumenti assicurativi e pensionistici privati sono più frequenti nel Regno Unito e in Canada, mentre Spagna e Italia, malgrado i progressi, sono in ritardo.

La storia che abbiamo raccontato si riferisce al totale della ricchezza finanziaria degli italiani. Questa ricchezza si distribuisce in maniera diseguale tra ricchi e poveri. Lo vedremo in una puntata successiva. 

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