Fermare l'inflazione diagnostica
E' uscito presso Bollati Boringhieri Non curare chi è normale. Contro l'invenzione delle malattie, di Allen Frances. Si tratta di una critica severa alla nuova edizione del DSM (il Manuale Diagnostico Psichiatrico). Un libro che, fino a qualche anno fa, era oggetto di discussione per specialisti e che oggi è più noto di Topolino. La nuova edizione è la numero 5 (DSM-5) appena uscita in inglese, ancora in fase di traduzione in lingua italiana.
Particolarità interessante: Frances non è uno dei sostenitori dell'antipsichiatria, al contrario, è colui che ha diretto l'estensione dell'edizione antecedente del DSM, il DSM-IV. Frances non è il primo ad avere diretto e poi criticato un processo che si è rivelato dannoso e improduttivo nel mondo della salute mentale. Ricordiamo Starke R. Hathaway, che nel 1937 inventò un test diagnostico noto come Minnesota Multiphasic Personality Inventory (o meglio come MMPI) e nel 1972 scrisse il noto articolo Where have we gone wrong (Dove abbiamo sbagliato), in cui critica radicalmente la sua creatura, ritenendola del tutto inadeguata alla clinica. L'articolo del 1972 restò del tutto inascoltato e tuttora l'MMPI è spacciato come test valido nei contesti psicogiuridici.
Questa volta però si tratta di qualcosa di ben più grande. Allen Frances, ripeto, è colui che aveva diretto la task force dell'edizione antecedente: il DSM-IV! Faceva parte dello staff dominante della psichiatria anglo-americana, quella forza che si è imposta nel mondo come dottrina psichiatrica!
La cosa è impressionante già a partire dal nome: Task Force, mai lemma fu più azzeccato. Il termine risale al 1941, si tratta di unità di pronto intervento finalizzate ad affrontare uno scopo militare specifico. Questa l'origine. Se il DSM richiede una Task Force di operatori della salute mentale, questo la dice lunga sul sistema psichiatrico dominante: si tratta di espugnare il mondo della mente costruendo un macchinario universale di codifica e assegnazione diagnostica.
Questo macchinario però può alzare o abbassare la soglia della patologia secondo le epoche e delle esigenze socio-economiche. Se la alza, meno condotte umane sono da considerare patologiche, viceversa se l'abbassa. Secondo l'opinione di Frances, il DSM-5, la nuova edizione del manuale, produce una terribile inflazione diagnostica.
Condotte da sempre considerate normali, con il DSM-5 saranno diagnosticate come disturbi mentali da farmacologizzare (ricordate il mio pezzo Pillole per il lutto?). Frances fa l'elenco di quante diagnosi lui stesso prenderebbe, secondo le indicazioni del DSM-5. Dal canto mio, sto leggendo in questi giorni il DSM-5, dopo averne seguito il dibattito: se non facesse ridere, sarebbe uno spaventoso delirio. Mi ritrovo ampiamente in numerose diagnosi predittive di prognosi catastrofiche, da far impallidire il Malato immaginario di Molière.
Gli argomenti di Frances sono semplici e convincenti. Non dovete pensare di trovarvi di fronte un testo specialistico, né un testo scritto da un intellettuale particolarmente sofisticato. Frances sostiene che quando gli fu conferito l'incarico di dirigere la redazione del DSM-IV propose d'introdurre una riduzione dell'inflazione diagnostica alzando la soglia della patologia.
Si è, infatti, di fronte a un processo allarmante in cui chi davvero necessita di un servizio psichiatrico adeguato si vede tagliati i fondi che permettono una cura dignitosa, mentre chi ha lievi disturbi fa un uso smodato di farmaci spesso inutili, talvolta nocivi. In altri termini: la psichiatria sociale e territoriale è ridotta in modo allarmante, la psicofarmacologia è ingigantita tanto da non esserci più nessuna famiglia che non abbia in casa almeno uno psicofarmaco.
Allen Frances
Purtroppo Frances fallì, o forse non si rese conto che la sua impresa, in quel contesto, era disperata e impossibile. Con il DSM-5 il proposito palese è favorire i profitti farmaceutici. Persone che non necessitano una diagnosi psichiatrica, entrano nel manuale facendo esplodere il mercato dell'industria farmaceutica.
Lui non lo dice, ma dalla lettura del suo libro appare ben chiaro un meccanismo che non si può definire altro che mafioso. Almeno se si segue la definizione classica del termine mafia: una lobby espande i propri interessi (vendere pillole, fare profitti) corrompendo gruppi di professionisti di alto livello (professori di note università, direttori di noti ospedali nord-americani) per ottenere incrementi di vendite di prodotti psicofarmaceutici.
Personaggio chiave di questo meccanismo, per quanto riguarda il mercato degli antidepressivi, è stato Peter D. Kramer, che sosteneva, vent'anni fa, che il Prozac avrebbe debellato la depressione come gli antibiotici, a suo tempo, avevano debellato la tubercolosi, anche se la tubercolosi vent'anni dopo era stata davvero debellata, mentre la diagnosi di depressione, da quando esiste il Prozac, è andata in escalation. Come non pensare che l'entusiasmo dell'allora quarantenne Kramer, più che per la salute mentale dei suoi pazienti, fosse rivolto al colore verde del dollaro?
I profitti farmaceutici sono dunque dovuti a un fenomeno assai interessante. Mentre la tubercolosi c'è, o non c'è, la depressione c'è quando è diagnosticata (nell'esempio di Frances: il rigore c'è quando l'arbitro lo fischia). Dunque si tratta di lavorare sui criteri diagnostici che permettano di formulare la diagnosi. Il trucco è molto semplice: tutti gli psichiatri e gli psicologi clinici che seguono rigorosamente i criteri del DSM-5 devono giungere alla stessa identica diagnosi, con questo trucco si crea il consenso legale. Tuttavia i criteri sono definiti da una Task Force che desta il sospetto di lavorare alacremente per i profitti farmaceutici e i risparmi assicurativi, per far fare carriera a chi si sottomette a questo programma, per eliminare sistematicamente ogni approccio critico e culturale alla salute mentale; per tutto ciò e per altro, meno che per il paziente.
Che dire di Allen Frances: complimenti per il coraggio, ora che è in pensione diventa molto più facile pensare in modo critico. Tuttavia abbiamo bisogno di questo coraggio tra i colleghi che stanno ancora lavorando e che sono sufficientemente giovani da poter cambiare le cose da dentro. Non c'è bisogno di studiare la storia della follia e del suo trattamento, anche se sarebbe auspicabile, basta un pizzico di onestà.