Speciale
Tempo di libri - incipit / José Saramago, Le intermittenze della morte
Per contribuire a un momento d’incontro, approfondimento e scambio come Tempo di Libri, la fiera del libro che si terrà a Milano dall'8 al 12 marzo, abbiamo creato uno speciale doppiozero | Tempo di Libri dove raccogliere materiale e contenuti in dialogo con quanto avverrà nei cinque giorni della fiera. Riprenderemo i temi delle giornate - dalle donne al digitale -, daremo voce a maestri che parlano di maestri, i nostri autori scriveranno sugli incipit dei romanzi più amati, racconteremo gli chef prima degli chef, rileggeremo l' “Infinito” di Leopardi e rivisiteremo la Milano di Hemingway, rileggeremo insieme testi e articoli del nostro archivio, che continuano a essere attuali e interessanti.
«Il giorno seguente non morì nessuno. Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento, cosa del tutto giustificata, ci basterà ricordare che non si riscontrava notizia nei quaranta volumi della storia universale, sia pur che si trattasse di un solo caso per campione, che fosse mai occorso un fenomeno simile, che trascorresse un giorno intero, con tutte le sue prodighe ventiquattr’ore, fra diurne e notturne, mattutine e vespertine, senza che fosse intervenuto un decesso per malattia, una caduta mortale, un suicidio condotto a buon fine, niente di niente, zero spaccato.»
È uno dei pochissimi incipit che io ricordi a memoria, ma è anche quello che mi ritorna in mente più spesso. La prima frase rappresenta da sola la sintesi di tutta la scrittura di Saramago. Mostra l’abilità dello scrittore portoghese nel raccontare il mondo attraverso il paradosso. Tutti perdono la vista in Cecità; un uomo si accorgerà di avere un doppio identico, non solo nelle sembianze, in L’uomo duplicato; la gente smette di morire in Le intermittenze della morte, appunto. Questi sono solo tre esempi, scelti tra i romanzi più noti, ma tutta l’opera di Saramago mira a mostrare i malesseri del mondo, la difettosa umanità, attraverso la rappresentazione dell’assurdo, declinato di volta in volta con toni drammatici, comici, catastrofici, o surreali.
A questo incipit sono legato particolarmente perché un giorno senza morte è un mio desiderio, un giorno soltanto, senza esagerare, per vedere di nascosto l’effetto che fa. Un giorno in cui tutti quelli destinati a morire la scampino; per fortuna o per caso, diremmo, se capitasse. Saramago, invece, non mette in campo la fortuna, fa semplicemente smettere alla Morte o alla sua incaricata di fare il proprio lavoro e non per un giorno ma per un numero congruo di mesi. La gente la scampa, tutti sono felici, almeno all’inizio, ma il non morire presto diventerà un problema. Una complicazione economica e sociale. Le imprese funebri saranno destinate al fallimento, la malavita troverà la soluzione portando la gente a morire oltre confine (solo in uno stato la morte andrà in vacanza). Ci saranno problemi di carattere religioso. Se nessuno muore chi risorge? Partendo da quell’incipit straordinario e con la sua prosa dal ritmo ipnotico, Saramago con tono leggero e ironico mette a nudo le miserie dell’uomo contemporaneo. Siamo accomunati tutti da un fatto senza precedenti, diventiamo simili non morendo più ma subito dopo ci distinguiamo nuovamente adeguandoci al nuovo evento facendo prevalere le nostre miserie, le nostre carenze.
Saramago è uno dei miei scrittori preferiti e questo romanzo in particolare mi appassiona ancora dopo tanto tempo, ne leggo dei brani di tanto in tanto. Solo uno scrittore padrone assoluto della lingua è in grado di ergere il paradosso a pilastro della propria opera, e l’assenza della morte è il paradosso più grande. La bellezza di Le intermittenze della morte sta anche nel fatto che la Morte non sia esente da debolezze; è debole quando sparisce, è umana, e lo sarà ancora di più quando tornerà a manifestarsi cadendo come cadiamo tutti, prima o poi.
Il giorno seguente non morì nessuno e non mi dispiacerebbe una Morte che si presentasse a fare quattro chiacchiere, anche solo per dire: “Questa volta non tocca a te”, o che mi spedisse una lettera per comunicarmi la fine e che io potessi non accettare rispedendola al mittente. Lettera alla quale potrei, d’altro canto, rispondere chiedendo un rinvio o una rateizzazione.
José Saramago, Le intermittenze della morte, Einaudi, 2005, Feltrinelli 2012. Traduzione di Rita Desti.