Appunti per la casa della paesologia

13 Gennaio 2015

Sì, abbiamo aperto la casa della paesologia, ma c’è sempre questa storia che si muore. Non tanto il fatto che muoiono tutti, il fatto che debbo morire io. E non è nemmeno il fatto che debbo morire, ma il fatto che si può morire all’improvviso, per esempio mentre si cammina.

 

 

La casa della paesologia l’abbiamo aperta velocemente, senza starci a pensare più di tanto. In effetti la morte è l’unica cosa che penso tanto, ci penso in continuazione. E questo pensiero certe volte è violento: mi pare assurdo che uno non debba esserci più.

Anche la casa della paesologia un giorno non ci sarà più e la cosa non mi dà nessun problema. Siamo partiti dall’idea che sarà un fallimento, un altro fallimento, ma ci sono discrete possibilità che sia un fallimento più lieto di altri, un fallimento democratico, corale.

 

 

Secondo me non c’è nessun bisogno di dire cosa vogliamo fare e a cosa può servire la casa della paesologia. Basta dire che è a Trevico, in provincia di Avellino e che tutti si possono iscrivere. Non facciamo cultura. Abbiamo semplicemente pensato che in una casa si può mangiare e dormire e parlare insieme ogni tanto. Ogni tanto si formeranno in quella casa piccole comunità provvisorie, di tre, di trenta, di cento persone. Canteremo, suoneremo, magari prenderemo qualche ingiustizia per le corna, proveremo a essere attenti al paese che abbiamo scelto. Attenti e clementi, senza smanie di fare chissà che. I pochi soldi che servono li mettiamo noi, non abbiamo obblighi con nessuno. Ogni tanto chiameremo nella casa qualche persona che ci possa insegnare qualcosa o ci possa dare lietezza. Crediamo molto alla lietezza, naturalmente provvisoria.

 

 

Magari lo diranno altri che ci battiamo per il ripopolamento dell’Italia interna. Magari diranno altri che la peste della miseria spirituale qui si sente meno. La cosa importante è che in quella casa avverranno buoni incontri che poi si ripeteranno in altri luoghi. Pensate a un diffusore e a un moltiplicatore di virtù paesologiche. A qualcuno verrà in mente anche di dire che questa è un’esperienza politica. Altri parleranno di una rete che si sta costruendo dal basso, parleranno di buone pratiche. E mentre diranno queste cose, io continuerò a pensare alla morte e ad andare a Trevico.

 

 

 

*

oggi a trevico

c'era un vento

che faceva suonare

ogni finestra.

i rami degli alberi sembravano
maestri d'orchestra.

 

**

 

il giorno dell’apertura della casa

il paese era nelle nuvole

e noi pure.

 

**

 

a trevico si misura

la temperatura del cielo

non quella della terra.

 

**

la rivoluzione che ci piace

non è stata mai fatta

e non la faremo neanche noi

perché ci vuole una fiducia folle

nell’avvenire e tutta la forza dell’antico.

però un po’ siamo felici

di pensarla tutti assieme

a trevico

 

**

 

noi non crediamo ai gruppi
che non abbiamo in casa bicchieri 
pieni d'acqua piovana.
non crediamo ai gruppi
che non conoscono l'odore delle nuvole.
noi crediamo ai gruppi
che aspettano la neve
per mettere una sedia in mezzo alla strada
e fanno fotografie al più allegro.
noi crediamo ai gruppi
che quando il sole tramonta
sanno dove mettere le mani
sulle cose ancora calde.

 

**

 

andare in un paese
dove ci sono poche macchine
questa è la prima cosa.
e poi che sia un paese
dove non si parla molto.
un paese che sa di rami
e di cappotti
(quando non c'erano gli infissi buoni
il vento muoveva le sedie
nelle case).
andare a trevico
guardare la luna
sotto le scarpe,
guardare il tiglio che ha smesso di lavorare
perché ha messo il fiocco alle radici.
c'è un'erba nuova
nella nostra casa
e se la bevi ti leva un poco la smania
che portiamo in testa.

 

**

 

conoscere un luogo e abitarlo, questo è importante.
conoscere gli occhi del luogo
i colori delle porte, conoscere
i venti, dove stanno le sorgenti
dove si fanno il nido gli uccelli
dove dormono le volpi e i serpenti,
conoscere le pietre della piazza,
quello che c'è nella credenza dei vecchi
conoscere chi sono quelli 
che sono andati in svizzera o a torino
conoscere i gatti, gli alberi, i vestiti.
il nostro compito non è cambiare il mondo
ma conoscere bene il mondo in cui viviamo,
il mondo intorno a noi
non quello lontano.
il compito adesso è essere fedeli 
al paesaggio,tenere il paese in testa
e la testa nel paese, essere presenti
con tutta l'attenzione possibile
che ci è possibile da vivi
e dopo anche da morti.

 

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