Diario 1990 / Ricordo di Pier Vittorio Tondelli

27 Novembre 2021

Ho conosciuto Pier Vittorio Tondelli nel 1983, un anno dopo la pubblicazione del suo secondo romanzo, Pao Pao. Allora gestivo la programmazione del Teatro Affratellamento di Firenze e, come attività collaterali, organizzavamo presentazioni di libri.

Chiamai Franco Cordelli, che fece una lettura affettuosa del libro, davanti a un pubblico giovane: in quegli anni il teatro aveva spettatori under 30, Pier Vittorio nell’83 aveva appena 28 anni. Diventammo amici e Firenze la sua città elettiva. Gli presentai, nel corso del tempo, protagonisti e comparse della scena culturale fiorentina: Federico Tiezzi, Sandro Lombardi e Marion D’Amburgo che allora si chiamavano Magazzini Criminali, Giovanni Agosti, Aldo Rostagno, Paolo Isidori, Giancarlo Cauteruccio che aveva fondato Il Marchingegno, che poi cambiò nome in Krypton, gli artisti Luciano Bartolini e Monica Sarsini, Tommaso del Signore, Frances Lansing e Cristiano Toraldo di Francia, Michelangelo Caponetto e Lorenza Pampaloni, Ennio Bertolucci, Carlo Ducci, Patrizia Adami Rook, Derno Ricci, Gianluca Gori, Sandro Pestelli, Lorenzo Mazzini. Anche Dani Karavan, che tornava di tanto in tanto a Firenze dopo la grande mostra che la città gli aveva dedicato a Forte Belvedere, Amnon Barzel e sua moglie Rivka Rinn incrociarono Pier Vittorio.

 

Una sera, a casa di Enrico Coveri, conoscemmo David Hockney, che stava realizzando le scene per un Tristano e Isotta al Teatro Comunale. Anna Maria Papi, Giuliana e Pasquale Mennonna ci invitavano spesso a cena, Giuliana era stata sposata con Carmelo Bene, dal quale aveva avuto un figlio, morto poco dopo essere nato: in quelle case accoglienti incontravamo Donata Giovani (che diventò il suo medico fiorentino), Franco Camarlinghi, Grazia Bonaiuti, Valerio Valoriani, la fotografa Verita Monselles. Amici che non di rado partecipavano a quelle che io chiamavo “borse di studio” per Pier Vittorio, quando davvero non aveva una lira in tasca e dovevo fargli il biglietto del treno per venire a Firenze da Bologna. Care persone che hanno voluto bene a Pier e lo hanno accolto con la curiosità della gente di mondo, ma scoprivano poi che le sue qualità segrete erano proprio l’antitesi dello scrittore scafato e mondano. Sarà per queste “borse di studio” che mi sono guadagnato la terza posizione (P.L.) nei Biglietti agli amici, dopo Aldo Tagliaferri (A.T.) e François Wahl (F.W.), i suoi editor alle case editrici Feltrinelli e Les éditions du Seuil (che aveva pubblicato in Francia Les Nouveaux Libertins nel 1987): “... ecco Firenze proporsi come un largo e caldo abbraccio di comprensione e di affetto”.

 

La vita di Tondelli in quegli anni è racchiusa nelle due antologie Un week end postmoderno e il postumo L’Abbandono, che funzionano anche come diari perché raccontano le sue frequentazioni e le sue predilezioni. Poi, nel 1990 la scoperta di essere malato, che terrà segreta (a me lo rivelerà soltanto in una telefonata del 28 agosto del 1991, quattro mesi prima di morire). Rileggo sul mio diario: “Al telefono Pier mi dice di avere contratto l’Aids. Ripercorro con la mente questo ultimo mese, il suo nervosismo, i suoi lamenti durante la notte nella nostra ultima vacanza ad Hammamet, dal 5 al 12 agosto scorsi. Mi sento in colpa per averlo costretto a uscire, a fare cose che non aveva voglia di fare (durante una cena a casa di Luzzetti a Hammamet Pier si era sentito male, si era alzato da tavola tra lo stupore di tutti; io mi ero molto incazzato). Al telefono mi dice: ‘È bene che siamo preparati...’. ‘Preparati a che?...’ chiedo con un filo di voce. ‘Eh, caro, al nostro amico Virus’. La stanza mi gira, resto senza parole. Mi sale un groppo in gola. ‘Vedi lo sapevo – dice lui – sapevo che eri emotivo, non volevo dirtelo... L’ho detto al Gibo (un suo amico di Correggio) e l’ha presa malissimo. Ho dovuto dirlo ai miei. Ne hanno fatto una tragedia...Ti regalerò un viaggio, da fare quando non ci sarò più’. Io sono sconvolto, riesco solo a dire ‘Ma come può essere successo?’. Lui risponde: ‘Guarda, non chiedermelo. Evidentemente non basta essere santi’”. 

 

5 settembre 1990, mercoledì.

“Mentre Pier e Filippo sono in viaggio scrivo questo ritratto di Pier.

Come tutte le persone molto alte Pier è timido e anche un po’ impacciato, ma è naturalmente elegante quando prende posto su una sedia, su una poltrona a teatro o alla guida della sua Saab. L’altezza lo costringe a curvarsi un po’ al tavolo del ristorante e, quando cammina, lascia le braccia penzoloni lungo il corpo, il che gli conferisce quell’aria da eterno adolescente che resta un suo tratto caratteristico. Degli adolescenti conserva lo sguardo limpido e indifeso e un bel colore rosa della pelle, che fa esclamare a Mauro, quando vuole prenderlo in giro, “che incarnato!”. Consapevole di questo dono di dio, Pier cura la sua pelle con creme, alla sera e al mattino, maschere di bellezza e quant’altro può dargli l’illusione di conservare un viso fresco e giovane. Preferisce il profumo inglese Penhaligon’s e vuole quello come regalo di Natale. Per molto tempo Pier ha trovato difficoltà a vestirsi: non trovava mai le sue taglie. Ora che può permettersi il sarto è sempre molto elegante.

 

I colori che restano in mente di lui sono quelli dell’inverno e del bosco: si ricordano dei verdi, dei marroni, dei grigi, dei prugna che lui illumina con camicie bianche o chiare. Porta spesso la cravatta, ha un orologio sportivo, scarpe di tipo inglese nere. Ogni domenica mattina Pier si veste bene, giacca e cravatta, ed esce a prendere i giornali. Nei giorni feriali indossa spesso un pullover di cachemire. È un abile cuoco e sono memorabili i suoi brodi: durante la prima stesura di Camere separate mi fece leggere un capitolo in anticipo. Mi piacque molto e gli dissi più o meno: 'Tieniti sui party... come ti vengono bene i party a te non c’è nessuno!'.

 

 

Pier fu colto da un accesso di riso e spruzzò fuori una cucchiaiata del suo formidabile consommé: per molto tempo una parete della sala da pranzo di via Abbadesse ha portato le tracce di quel ristretto di pollo che sempre Pier mi fa trovare quando vado d’inverno a fargli visita a Milano. Gli piacciono i buoni ristoranti ma è legato al rito dello Yellow Bar la domenica, quando è a Firenze, tanto da ricordarlo spesso al telefono con nostalgia e al Diana di Riccione, in estate: pizzerie senza nulla di straordinario, solo bei ricordi di serate passate insieme ridendo e divertendoci.

 

A Milano va alla trattoria di via Santa Marta con Alain Elkann e allo Smeraldino con Mauro. Qualche volta cena da solo in un cinese sotto casa. Da quando abbiamo cominciato a guadagnare ci permettiamo, in viaggio, dei buoni hotel, qualche volta perfino di lusso. Avendo conosciuto molti Foyer de la Jeunesse, molti Ostelli della gioventù e molte pensioncine sordide nei suoi viaggi prima dei trent’anni, Pier paga volentieri cifre astronomiche per una camera ma è esigentissimo; che sia all'Amstel di Amsterdam, al Ritz di Madrid o al Minerva di Firenze la prima cosa che chiede è di cambiare la camera; poi la disposizione dei letti. Quando dorme con un’altra persona, naturalmente sempre in letti separati, esige che almeno un comodino fra i due letti protegga la sua zona di intimità. Negli alberghi all’estero si esprime sempre in francese. Ad Amsterdam, a un portiere che rispondeva in inglese a certe sue lamentele, urlò battendo un pugno sul banco della reception: 'Ici il faut parler français!', frase che successivamente ci ha fatto ridere fino alle lacrime. In viaggio si fida della guida City per conoscere i posti alla moda, i ristoranti, i negozi, i caffè. Non va mai al cinema, gli piace invece passare di tanto in tanto una sera a teatro. Una volta che è andato al cinema in centro a Milano mi ha raccontato di aver preso un tram semivuoto, arrivando con tre quarti d’ora in anticipo sull’inizio dell’ultimo spettacolo. Ha aspettato pazientemente seduto all’ingresso, ha visto il film, ed è tornato a casa, sempre in tram (il film mi pare fosse Amici, complici, amanti). Gli telefonano molte persone e lui si difende con la segreteria telefonica.

 

I suoi amici di telefono abituali, oltre a me, in questo periodo sono Alain Elkann, Filippo Betto, Angelo Sebastianis, Giampiero Bodino, Fulvio Panzeri. Gli telefonano anche Martina Vergani e Anna Cataldi Falck per invitarlo ad occasioni mondane che Pier rifugge bidonandole clamorosamente, loro tuttavia non demordono. Alle feste Pier è a suo agio ma non si intrufola, non si intromette. Aspetta tranquillo che qualcuno gli si avvicini e gli rivolga la parola. Lui risponde sempre gentilmente ma non è mai al centro di una conversazione, non tiene mai banco. Nessuno dice mai, dopo averlo conosciuto a una festa: 'Tondelli? Simpatico!'. Si lascia dietro sempre un po’ di mistero, mette sempre un po’ di soggezione con la sua timidezza e la sua ritrosia. È un formidabile osservatore e un imitatore irresistibile. Rifà il verso alle persone cogliendo sfumature e atteggiamenti che le identificano senza possibilità di equivoco. In queste imitazioni può sembrare cattivo perché la sua ironia colpisce gli assenti senza possibilità di appello. Qualcuno dice di lui che è una jena.

 

Quello che io penso è che, se lo è, non lo è mai involontariamente, la qual cosa lo riscatta. Sa anche essere buono e affettuoso però non è mai espansivo. Non è per niente snob, non rinnega le sue origini provinciali, la sua estrazione piccolo borghese-contadina, anzi, gli capita spesso di esaltarle. Alla prima di Altri libertini adattato per il teatro da Gianfranco Zanetti, sua madre svenne in un palco del teatro di Correggio. Lui stesso era emozionatissimo. Il cinismo non gli appartiene. L’invidia, invece, non è il migliore dei suoi difetti: è invidioso dei soldi guadagnati dagli altri, delle case comprate dagli altri, dei libri scritti dagli altri, pur essendo un generosissimo talent scout di giovani scrittori. Altra cosa è la gelosia possessiva e affettuosa che lui esterna per tutti quelli che gli stanno più intorno. Non esibisce le sue letture, si lascia andare di più sui suoi gusti musicali, gli piace la musica rock e guarda tutti i giorni Video Music. La sua libreria, larga e alta quanto una parete, è piena di libri in verticale e orizzontale, doppia e tripla fila. Pier la guarda pensoso e dice: ‘L’ordine alfabetico è andato a farsi benedire’”.

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