Vinitaly
Pasolini aveva torto? Il dubbio viene dopo una giornata al Vinitaly, la grande fiera del vino di Verona, rappresentazione plastica dell’Italia dei campanili, diviso come è in padiglioni regionali. La cosa che più colpisce dopo una giornata in Fiera è il campionario di facce, una diversa dell’altra: asciutta la toscana, sanguigna e astuta quella piemontese, concentrata come il pugno della mano la faccia dei sardi, etrusca quella umbra e così via. Qui tracce dell’omologazione culturale non sono riscontrabili.
Andare al Vinitaly è, tutto sommato, divertente e istruttivo. È un modo di leggere l’Italia attraverso il vino e anche di preoccuparsi un po’ degli apprenti sorcier che stanno trasformando i vitigni toscani (non il Chianti) e siciliani in esperimenti dove la zolla di terra non è più il punto di partenza. E il barrique? Ideologicamente sono contrario, ma certi risultati fanno riflettere e, almeno a tavola, è meglio essere un po’ più empirici. Ogni produttore ti fa assaggiare modiche quantità di vino e le accompagna con grissini, cracker, salamini, formaggelle. Così a metà pomeriggio il cemento armato dei padiglioni sembra che cominci a oscillare e allora è meglio farsi un giro per la lindissima Verona (c’è qui una specie di ossessione per la pulizia) in attesa della cena.
Siamo - la sempre più allegra combriccola partita da Milano - invitati da un produttore di Manduria ( un rosso clamoroso, ma niente pubblicità) a un ristorante ancora in città ma verso Legnago. C’è un bel dehors dove veniamo innaffiati dai migliori spumanti italiani, facciamo conoscenza col mondo dei rappresentanti, dei ristoratori, mentre un dj sui cinquanta (invecchiano anche loro!) ci allieta con la colonna sonora standard del divertimento generazionale (Y-M-C-A).
A tavola! Non lucidissimi, ma ancora in grado di apprezzare formaggi e salumi locali, un risotto all’amarone eccellente, una grigliata di carni dove spiccavano il galletto e l’angus con contorni saporitissimi (melanzane, patate, peperonata). In finale un eccezionale semifreddo col croccantino fatto in casa di bontà superiore.
L’ambiente è da “invenzione della tradizione”, una formula che vale per tutto il Veneto di questi anni. Eravamo ospiti, ma si spendono molto onestamente tra i 30 e i 40 euro.
Trattoria Alla Palma
Via Legnago 143 – tel. 045500365. Chiuso la domenica.