Kitsch

8 Gennaio 2015

Il concetto di kitsch è probabilmente stato presente in varie forme all’interno di tutte le culture sociali, ma ha assunto un’immagine positiva nell’epoca contemporanea, grazie al suo confondersi con la cultura pop. Non a caso Abraham Moles ha sostenuto nel volume Il Kitsch. L’arte della felicità che la corrente artistica della Pop Art ha sostanzialmente riabilitato negli anni Sessanta del Novecento tale fenomeno. A suo avviso, infatti, prima della Pop Art il termine «kitsch», nato in Germania circa un secolo prima, evocava solamente dei significati di tipo negativo, come «rifilare sotto mano, vendere qualcos’altro al posto di ciò che era esattamente chiesto». Vale a dire che esprimeva un significato di negazione dell’autenticità. Ovvero negazione dell’arte di qualità, alla quale si sostituisce qualcosa di scadente. Dopo l’affermazione della Pop Art, il kitsch ha continuato ad essere considerato come una forma surrogata di esperienza, come qualcosa che viene consumato “al posto di”, ma ha cominciato anche a significare divertimento, divagazione estetica e abbellimento degli spazi della vita quotidiana.

 

Claes Oldenburg, Bedroom Ensemble, Replica I, 1969

 

In realtà, le radici del kitsch contemporaneo possono essere rintracciate qualche anno più indietro e cioè nell’epoca ottocentesca della comparsa dei primi media di massa. È in tale epoca infatti che possono essere recuperate le origini dei comportamenti dell’individuo contemporaneo, il quale, grazie ai media che lo circondano, si sente vicino a mondi e persone che a ben vedere gli sono decisamente estranei. È dunque simile alla celebre Emma Bovary, personaggio che è stato inventato e descritto nell’Ottocento dallo scrittore Gustave Flaubert e dal quale è derivato quel modello di comportamento definito appunto «bovarismo» che è basato sulla tendenza a credersi diversi da ciò che si è. Ovvero sull’attitudine a imitare qualcuno che è diverso da sé, ma si trova in una situazione considerata migliore e percepita come raggiungibile. Non è un caso che tale modello sia nato in un contesto sociale che era stato messo in movimento dalle rivoluzioni borghesi e dalla progressiva disgregazione dei regimi aristocratici. La borghesia ha creato infatti una precisa distinzione tra lo spazio privato e quello pubblico e ha consentito agli individui di formarsi in pubblico l’immagine che desiderano. Dunque, quell’affermazione dell’immagine personale e quello sfoggio di beni di lusso e di moda che caratterizzavano il bovarismo erano necessari agli individui per immaginarsi in un ruolo differente e costruirsi di conseguenza pubblicamente un’identità diversa da quella posseduta nel privato. All’epoca è diventato così sempre più obbligatorio dimostrare in pubblico la propria posizione sociale, nelle strade come all’interno dei salotti della borghesia.

 

Tutto questo ha costituito la premessa per lo sviluppo del kitsch, ma anche per lo sviluppo di ciò che il kitsch stesso è diventato a partire dagli anni Sessanta, e cioè quello che Moles ha definito «neo-kitsch del consumo». Un kitsch che si è affermato a causa del successo ottenuto dal modello estetico proposto dalla Pop Art, ma anche per la progressiva diffusione della cultura del consumo. Perché il kitsch contemporaneo ha ricevuto un particolare impulso dallo sviluppo della cultura borghese prima e della cultura consumistica poi, grazie alle sempre maggiori possibilità d’acquisto di cui la classe media ha potuto godere. Il grande magazzino, caratterizzato da una vasta offerta di merci largamente accessibili, ha rappresentato lo strumento fondamentale di questo processo di diffusione del kitsch. In seguito, è arrivato il supermercato, mentre oggi il desiderio di prodotti degli strati superiori trova soddisfazione negli ipermercati, nei centri commerciali e nei numerosi altri luoghi del consumo, ma anche nella dilagante proposta contemporanea di merci e servizi low cost. Dove la promessa fondamentale che viene rivolta al consumatore rimane ancora la stessa di cui parlava Moles: «è meno caro, ma è un po’ meno bello, pure ciò vi soddisferà lo stesso».

 

Modellino del carro funebre speciale usato per i funerali di Padre Pio

 

Il kitsch non va dunque considerato come un fenomeno di cattivo gusto che riguarda esclusivamente le fasce più basse della popolazione, perché, in quanto forma di consumo, coinvolge tutte le persone. Anche perché è lo stesso mondo del consumo, con il suo progressivo accorciamento dei tempi di vita dei prodotti (il cui valore simbolico si usura sempre più rapidamente), a generare livelli crescenti di disuguaglianza tra i prodotti presenti in uno stesso spazio domestico. Il kitsch dunque si sviluppa oggi anche a causa della coesistenza nel medesimo universo familiare di oggetti dotati di stili differenti perché concepiti e acquistati in epoche diverse.

 

Si potrebbe pensare che oggi, in un’epoca dominata da Internet e dai social network, il concetto di kitsch non sia più in grado di dare conto delle nuove forme che sono state assunte dalla struttura della società. In realtà, le motivazioni che orientano i comportamenti di consumo sono ancora quelle che derivano dalla ricerca di differenziazione sociale. Sono cioè quelle che derivano dal bisogno degli individui “di credersi diversi da ciò che si è”.

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