Carnet geoanarchico | 8 / Scozia ribelle

7 Gennaio 2019

Ultimamente mi tornano in mente due mappe. Per mera coincidenza le ho viste lo stesso giorno. La prima rappresentava la Gran Bretagna, ma era difficile riconoscerla perché appariva come un arcipelago formato da una ventina di isole. Si trattava di un’elaborazione di ESRI, un software cartografico in cui tu inserisci dei valori numerici e statistici e lui ti produce una mappa con invenzioni spaziali a volte curiose. In questo caso i dati riguardavano la Brexit e la mappa finale (intitolata Remain Land) illustrava come sarebbe la Gran Bretagna dopo un ipotetico diluvio, dove le uniche terre emerse sarebbero quelle che hanno votato no al referendum. La mappa, oltre a procurarmi un piacevole straniamento, si prestava a un commento politico, soprattutto dopo che la Banca d’Inghilterra ha detto di temere una crisi economica paragonabile a quella del ’45: il Regno Unito, insomma, sta affondando come Atlantide. Ma ESRI, forse per par condicio, ha elaborato anche la mappa della Leave Land, in cui le terre del sì somigliano a un’isola sbocconcellata da laghi e fiordi, ma ancora compatta, by God, e vagamente somigliante all’Isola del Tesoro di Stevenson. 

 

 

L’altra mappa, che ho visto lo stesso giorno, illustrava il tasso di inquinamento dell’aria in Europa. Come nelle carte meteorologiche, con le linee isobariche dell’alta e bassa pressione e i diversi colori a enfatizzare l’intensità del fenomeno, il Vecchio Continente mostrava in modo drammatico il suo variabile stato di salute. Si andava da rare zone di un rassicurante verde pisello (le meno inquinate) per passare ad ampie aree di un giallo itterico (più o meno la norma) attraverso un arancione allertante fino all’ineluttabile rosso Armageddon. Il rosso Armageddon era la Pianura Padana (solitaria in tutta Europa) dove da ottobre 2018, per colpa delle polveri sottili, è vietatissimo accendere caminetti domestici e anche i barbecue in giardino, mentre si lascia via libera alle ciminiere e agli altiforni delle decine di migliaia di fabbricone e fabbrichette che, a criticà in bun tucc’, sono la nostra gloria nazionale. Anche questa mappa si presterebbe a un commento politico, magari meno sarcastico, magari più violento, ma la sesta estinzione è praticamente inevitabile, dunque mettiamoci il cuore in pace e insegniamo ai nostri figli a indossare le mascherine antismog.

 

 

Da qualche giorno mi tornano in mente queste due mappe per via della Scozia, perché in entrambe spicca in modo prepotente: nella prima, compatta contro la Brexit, emerge come l’isola-madre in un disordinato arcipelago frattale, un mondo alla Earthsea dove vorremmo veleggiare un giorno; nella seconda, proprio sul confine con l’Inghilterra, il giallo di un’Europa ormai simile alla Terra di Interstellar diventa di colpo verde pisello, promettendo aria pulita e speranza ai figli di Sean Connery e Bravehart. La cosa che mi ha colpito in queste mappe “scotocentriche” è che un Vallo di Adriano sembra esserci per davvero, uno spartiacque civile, un taglio geografico né astratto né casuale che separa due vocazioni antropologiche, due filosofie: a nord un popolo che prova ancora a immaginare il futuro liberamente, a sud il resto del mondo rassegnato all’Apocalisse. Ovviamente non è così, o non è così semplice, ma il taglio netto lo si vede e basta, e qualunque sia lo sforzo per svuotare o complessificare il dato visuale, la Scozia resta oggettivamente un luogo in cui si pensa e si respira meglio. A meno che? A meno che le mappe non mentano. A meno che i ribelli non siano tutti comparse.

 

 

Vediamo. La vera ragione per la quale continuo a pensarci è che Internet mi ha messo sotto il naso queste mappe proprio mentre mi trovavo ad Aberdeen, al Dipartimento di Antropologia di Tim Ingold. Non voglio farla lunga. Tornare al King’s College, vedere la bacheca dell’Anthropology of the North, andare in bus a Banchory lungo il Dee, mangiare alla Barn di Fiona e Mark, i pub veri, i bambini che vanno a scuola da soli, la gentilezza asciutta, la quasi totale assenza di aggressività culturale e sociale, due o tre aneddoti su sanità, sistema scolastico e politiche artistiche, insomma, i temibili Pitti, no? E invece, a sud dell’istmo Forth-Clyde, i civilissimi eredi di Roma. Roma, dove quasi duemila anni dopo Giulio Agricola un partito che fino a qualche tempo fa evocava i Celti per propugnare l’indipendenza della Padania si accanisce oggi contro tutte le minoranze, in perfetto stile imperiale. Ma no. Le mappe sono trappole narrative. Non è vero che la Scozia è un’isola di civiltà e di cura ecologica. Non è vero che la Padania è nel pianeta una delle terre più inquinate da polveri sottili e volgarità politica. Quello che è vero è tutto contenuto in un’inarrivabile frase di Donald Trump: «Windmills are going to be the death of Scotland». Che è come dire che ciò che è buono e pulito fa inorridire gli angeli.

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