Sempre di passaggio, l'esame di stato.

20 Giugno 2014

Esiste ormai un vero e proprio genere “maturità”, che ogni anno annoia o attira a seconda dei casi, con i consigli per gli adolescenti, le previsioni sui trend, i ricordi delle celebrità, le letture psicanalitiche, all'interno del quale il gioco è ormai riuscire a trattare per quello che è – un momento di verifica di un ciclo scolastico e un momento di passaggio a un'altra fase della vita – per circa cinquecentomila adolescenti. Un buon osservatorio è Twitter e nel lasciarvi al piacere di scoprire o evitare #maturità2014, il migliore commento mi sembra quello di Maria Laura Rodotà (@marilur1) che scrive «La terribile sensazione del genitore medio di vivere da giorni e per giorni in una canzone di Venditti».

 

Questa è l'ultima maturità con il “vecchio sistema”, considerato che nel 2015 arriveranno nell'anno conclusivo del triennio delle scuole superiori le classi che hanno iniziato il percorso previsto dall'ultima “riforma”, quella che porta il nome della mia coetanea di Leno (BS).

Non c'è ancora chiarezza però sul nuovo e probabilmente a luglio uscirà un documento chiarificatore del Miur, in quanto è impensabile iniziare un anno scolastico senza sapere quale sono le 'regole di ingaggio' dell'esame per chi frequenta (e programma) l'ultimo anno di scuola; sul tavolo le ipotesi, in ordine sparso, prodotte dai ministeri Profumo, Carrozza, Giannini, sono diverse.

 

Prima l'introduzione di una prova Invalsi, uguale per tutti, al posto della Terza prova attualmente elaborata dalla commissioni (che prevedono due classi e sono miste, tra docenti interni ed esterni). Considerato il livello di apprezzamento dell'Invalsi (simile a quello del vaiolo), è plausibile che la prova venga mantenuta ma non in sede di esame e non valutata (come invece avviene ora alle medie), almeno in una prima fase e finché non si stabilizza l'affaire; la Terza prova nuova quindi potrebbe rimanere simile all'attuale, con più materie, e continuare a essere prodotta dalle commissioni (o unica di Istituto).

 

Salterebbe poi, e questo si legge in numerosi siti frequentati dagli studenti, la famigerata “tesina”, l'argomento a scelta del candidato, croce e delizia di ogni commissario d'esame (vedi articolo Mastrorocco).

In ogni caso, mentre la Seconda prova caratterizzante l'istituto potrebbe essere un punto fermo (magari meno rigidamente determinata, ad esempio un'alternanza/sorteggio tra matematica e biologia in uno scientifico), la Prima prova, di scrittura e uguale per tutti, si vorrebbe meno “liceo-centrica”, in particolare per l'analisi del testo considerata oltranzista per le competenze richieste. Ma fino a quando non uscirà una circolare dettagliata siamo davvero nella vaghezza delle illazioni: occhio a ferragosto, dunque.

 

Le tracce uscite ieri e giunte per via digitale senza intoppi grazie alla solerzia, alla prontezza e alla tempestività tecnologica del nostro personale burocratico sono, anche a detta dei tanti osservatori, buone tracce che parlano il linguaggio della realtà e di oggi.

L'analisi di Quasimodo, Ride la gazza, nera sugli aranci, diventa una riflessione sull'indifferenza della natura per l'uomo o sul contrasto tra il senso e il dolore e la vita che non si pensa; molto bella, comunque per animi sofisticati e malinconici.

 

I saggi brevi sono sul Il dono, con testi di Deledda, T.W. Adorno, l'antropologo Aime e il priore Bianchi, che permette di ragionare di economia in senso lato a partire dai fondamenti culturali dei rapporti di scambio e di relazione. Sulle Nuove responsabilità di vivere in un mondo globale, con testi di Amartya Sen, Luce Irigaray, Jacques Attali, e sulla Tecnologia, in particolare il digitale, a partire da riflessioni di Fabio Chiusi, Massimo Gaggi, Dianora Bardi, Umberto Galimberti.

 

In ambito storico non poteva mancare un'ampia traccia su Violenza e non violenza, che si muove tra le citazione di George L. Mosse, Walter Benjamin (!), Hannah Arendt, il Mahatma Gandhi e Martin L. King e, quasi in parallelo, la proposta di ragionare per il tema di ordine generale su L’Europa del 1914 e l’Europa del 2014: quali le differenze?. Un buon modo per tenere insieme il centenario della Grande guerra, che ha fatto esplodere la violenza del Novecento e la sua grammatica, fino a ragionare sull'anti-europeismo di oggi che i nuovi adulti esaminandi stanno respirando a pieni polmoni in questo anno di tensioni elettorali.

 

Il tema di ordine generale è sui beni comuni e il paesaggio, in particolare sulla fragilità delle periferie, attraverso uno spunto di Renzo Piano («Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione...»). Delicato parlarne per i tanti che ci vivono (le 'mie' scuole di studente e docente sono sempre state lì) e che di quella fragilità sono i primi a soffrire, ma comunque doveroso il prenderne atto e ragionare su cosa questo comporti.

 

Sono un docente che quest'anno non vede occhi sgranati e mani anchilosate dal tanto scrivere (ecco, io dei portatili li metterei davvero, comunque), i corridoi mal-illuminati e male-areati, le fotocopiatrici e le postazioni computer militarizzati, i cesti di cellulari consegnati all'ingresso e le carriole con i dizionari; da questa particolare postura mi sembrano davvero buone tracce, fattibili, in cui buone competenze sviluppate sui contenuti canonici durante l'anno possono essere messe in atto sul mondo.

Per chi ascolta radio Tre o legge le pagine culturali di giornali/blog, sono topiche davvero quotidiane e reali (lo ha mostrato questa mattina Francesco Merlo commentando i quotidiani su pagina Tre e usando le tracce di ieri come fil rouge). Il punto è, al limite e senza polemiche: quanti sono gli studenti che ascoltano Radio Tre e leggono blog culturali e quanti i colleghi che a quelli li avvicinano esercitando quotidianamente l'esercizio di connettere “programmi” e presente?

La scuola di domani, mi sembra, dipende anche dalla risposta a questa domanda.

 

In un'era che trasforma in simbolo ogni cosa, eredi di una specie che dalla lecanomanzia al meteo ha fatto della mantica e della profezia delle professioni, vagando nel buio e nuotando tra i marosi della crisi e della rinascita, anche quest'anno scrutiamo le tracce della maturità per cercare di capire qualcosa di noi.

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