Toglietegli tutto ma non il suo Brel
C’è qualcosa di nuovo, nel Belgio, anzi, di strano. La nazionale di calcio è seconda nel ranking mondiale Fifa, dietro la sola Argentina. Tra dilaniate cronache politiche nazionali la sua capitale, Bruxelles, è anche la capitale dell’Unione Europea. Per i francesi, i belgi da sempre sono stati degli stupidoni, e Gustave Flaubert nel Dizionario dei luoghi comuni alla voce BELGI scriveva: «Chiamarli francesi contraffatti, fa sempre ridere: “Come ben sapete…”». Se veniamo a conoscenza di un genio belga, è perché se ne è andato dal Belgio: Eden Hazard e Thibaut Courtois giocano nel Chelsea, Marouane Fellaini nel Manchester United e Vincent Kompany nel Manchester City. Jacques Brel se ne era andato a Parigi. Il Belgio prima o poi vincerà i Mondiali. Paul Van Haver, in arte Stromae (che si pronuncia Stromaï), il mondo se l’è già preso a 25 anni, e ora ne ha 30, e ha voluto restare a Bruxelles.
Tra gli altri belgi che hanno inventato qualcosa che è piaciuto al mondo ci sono anche Hergé (Tintin dal 1929) e Peyo (Les Schtroumpfs ovvero i Puffi dal 1959). Stromae, nei frammenti di interviste che la giornalista musicale e di costume francese Claire Lescure ha collezionato in Stromae maestro formidabile (un libro, in quanto libro, di rara bruttezza, ma interessante come regesto di stromaetudine), deve qualcosa a Jacques Brel e a Tintin: un giorno una signora anziana gli disse che le ricordava tanto Jacquel Brel, per come allampanato si dinoccolava malinconico e buffo sul palco, e per come aRRotava la erre del francese nei suoi bellissimi testi, che sembravano versi alessandrini; di Tintin dicono che abbia quell’aria da ragazzino cresciuto con il musetto e l’allegria, una specie di Pinocchio diventato bambino.
Una delle canzoni celebri di Stromae è Formidable: il maestro della comunicazione sul web (si fece conoscere nel 2009 su YouTube con 24 intelligenti e ironiche “lezioni” che lanciarono il trionfo mondiale di Alors on danse nel 2010, che lo portò al contratto con l’etichetta discografica Universal France), girovaga sbronzo interpretando un ometto piantato dalla sua ragazza; il video di quella canzone – diretto dal regista di molti degli straordinari clip di questo artista: Jérôme Guiot – fu girato sotto la pioggia alle 8 di mattina davanti alla stazione ferroviaria di Bruxelles, con alcuni che lo riconoscevano e postavano sul web video con “ho visto Stromae sbronzo in giro stamattina!”: «Tu eri formidabile, io ero miserabile, eravamo formidabili».
Stromae, figlio di un padre ruandese assente per tutta la sua infanzia e poi morto violentemente durante la guerra civile genocida in Ruanda, fu cresciuto da una madre fiamminga, che gli insegnava il francese e non il fiammingo nel Belgio da sempre multietnico e poi multiculturale nell’era post-coloniale; crebbe in un quartiere pieno di ragazzi congolesi, e ascoltava hip hop e rumba, ma gli piaceva anche Mozart, tanto che la sua società di produzione si chiama Mosaert (altro anagramma di Maestro e Stromae); dice che per i neri è sempre stato un bianco, e per i bianchi è sempre stato un nero. La sua condizione mista e ambigua viene impugnata con genio nel video di Tous les mêmes, che ha un testo teatralissimo su una lite maschio/femmina: «Tutti uguali, tutti uguali, tutti uguali, non se ne può più»: il dinoccolato belga-ruandese interpreta il maschio con metà del volto maschio, la femmina con metà del volto femmina; bellissimo androgino, in una sola canzone sa esprimere quella che lui preferisce definire “malinconia”, piuttosto che “tristezza”.
In Papaoutai (“Papà dov’è?) interpreta il padre assente come un manichino-robot, insensibile, sordo, non relazionale… il bimbetto si lagna, lo provoca, lo cerca, e lui niente, sino a che, con un colpo di scena da film horror il bimbo si rassegna e si trasforma in manichino come il padre, per star vicino al padre nel modo in cui il padre stava vicino a lui.
Su ritmi di dance elettronica, con impasti di rumba e di chanson, Stromae, polimorfo e dannatamente creativo, riesce a esprimere poeticamente la condizione malinconica globale. Con i suoi bermuda, e i calzini al ginocchio, e il farfallino sulla T-shirt, sempre brillante nelle interviste televisive: simpatico ma niente piacione.
Nella primavera 2015 ha fatto un tour nell’africa sub-sahariana, e come gli era capitato già da bambino, si è preso la malaria, e ha cancellato la sua tournée europea di questa estate (ora è guarito e concluderà la tournée americana il 1° ottobre al Madison Square Garden di New York duettando con Janelle Monáe). Singolare che il trentenne dei Due Mondi (Europa e Africa post-coloniali e ora di flussi migranti) abbia ospitato nel suo corpo, con i ritmi di ballo, anche i microorganismi di una malattia epidemica mai debellata.
In Carmen, che ha un video animato, prende la melodia di Bizet e la ribalta amareggiando sull’avvilimento delle nostre relazioni: «L’amore è come l’uccellino di Twitter: sei pazza di lui per sole 48 ore».
Guardate integralmente il video di Ave Cesaria, la sua dichiarazione d’amore alla grande cantante capoverdiana Cesaria Evora: in una magnifica ballroom vintage coloniale, come fossimo a una festa di famiglia allargata, la videocamera riprende maldestra come fosse in mano a un dilettante; sul palco, nella band, c’è quasi anonimo Stromae che canta, seduto e mite; modestia, tenerezza, commozione, gioia di vivere, malinconia di un passato perduto, bimbi e anziani, la forza degli affetti e della condivisione: «Malgrado tutte quelle bottiglie di rum, tutti i cammini portano alla dignità».
Claire Lescure, Stromae formidabile maestro, Mondadori, Milano 2014, 156 pp., € 16,90