Dispaccio #7. Predatori o prede?
La predazione è una questione ontologica. In alcune declinazioni dell’Animismo le anime predano o sono predate: la caccia, l’uccisione, la violenza di specie sono narrativizzate, formano un sistema inferenziale di lettura del mondo che lascia poco spazio ai dubbi del neoliberista moderno sul consumo della carne. La predazione è anche una questione metafisica. Bruce Chatwin, intervistando Bob Brain che aveva studiato alcuni cumuli d’ossa preistorici e aveva scritto un libro bellissimo, The Hunters or the Hunted (1981), inferisce che il predatore alfa responsabile di quella “carneficina”, il Dinofelis, una volta estinto avesse continuato a generare incubi nei primi uomini, trasformandosi nella prima versione interiorizzata dell’Anticristo. L’argomento affascina e continua a nutrire la cultura popolare perché, anche se non siamo animisti amazzonici o cristiani fondamentalisti, intuiamo che la partita non è chiusa nemmeno dopo qualche milione di anni di evoluzione, ma continua a generare fantasmi emotivi e filosofici. L’ultimo neonato prodotto di genere è Prey (agosto 2022) del regista americano Dan Trachtenberg, spin-off della saga Predator ambientato nel 1719 tra i Comanche delle Grandi Pianure. Il film è carino, una versione un po’ più splatter di The Brave (2012), godibile praticamente dall’inizio alla fine anche se, come al solito, etnograficamente e storicamente pieno zeppo di cialtronerie. Il punto però è un altro, e la domanda che l’accompagna è semplice: che senso ha raccontare oggi la storia di un alieno supercacciatore-predatore-hyperalpha ambientata nel Settecento tra Nativi bellissimi, fieri e intatti e Francesi brutti, sporchi e cattivi? La stessa domanda vale per The Northman (2022), una storia diretta da Robert Eggers in bilico tra Shakespeare e Vikings che trasforma un’ossessione di vendetta in atti seriali di predazione primaria. Qualcosa nell’immaginario contemporaneo sta intercettando una mutazione antropologica? L’epica arcaica somiglia stranamente al futuro di guerra che ci attende? Il domani, invisibile come Predator, sta attaccando il nostro primitivo presente? E in definitiva, dopo essere stati predatori, stiamo diventando le prede ignare di questo pianeta agli sgoccioli? La storia di Trachtenberg insiste proprio su questo: essere preda o predatore è relativo, l’umanità non è più una questione di scelta morale, ma di chi vede più a fondo, più lontano.
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