E infine Bowie capì che la vita è caos

3 Ottobre 2022

David Bowie è morto il 10 gennaio 2016: nell’anno successivo sono usciti vari documentari (al Festival di Cannes 2022 è stato presentato Moonage Daydream di Brett Morgen, una “cinematic experience”, nelle sale italiane per qualche giorno a fine settembre), mostre, libri per assestarne il mito:  nel primo anniversario il Saggiatore pubblicò una raccolta di interviste, di cui abbiamo scritto qui. Ora lo stesso editore torna con un librino in cui un anonimo editor da rimontato per temi un altro gruppo di intervista rilasciate dall’artista nel tempo a “New Musical Express”, “Melody Maker”, “ZigZag”, “Mojo”, “Time Out” “Ikon”, “Q”, “Rolling Stone”, “The Face”, “Filter”, “The Word”, nei bei tempi in cui anche in Italia pullulavano le riviste stampate sulla musica.

Gli intervistatori erano orientati a definire con lui lo stile musicale più che l’iconografia scenica e mondana dell’icona pop, lo Ziggy Stardust, il Duca Bianco, la Stella Nera, eccetera. Adoperandomi perché Franco Battiato venga nel tempo considerato uno dei grandi artisti multiversi italiani del Novecento, come Pasolini, a sei anni dalla morte di Bowie comincio a conoscere e stimare quella di Bowie come una delle grandi produzioni di pensiero artistico di fine Novecento. Entrambi nel loro privato amavano dipingere, entrambi hanno espresso una visione del loro tempo, Battiato molto nei testi, vera opera poetica complessiva, Bowie in modo più sensoriale, più sesto senso, più “astrale” come lui desiderava essere specie negli ultimi anni della sua vita.

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Entrambi hanno attraversato una stagione di composizione elettronica che li ha fondati come compositori, oltre che abili creatori di canzoni pop. Bowie non ha mai dato molta importanza ai suoi testi, spesso insensati per intenzione, ma la sua musica – come dice in varie di queste interviste raccolte in Essere ribelli (il Saggiatore 2022) testimonia con qualche anno di ritardo vere e proprie ere dell’espressione artistica del Novecento: su tutti gli altri lo ha influenzato William S. Burroughs, con una letteratura schizzata dall’LSD, e più in generale lo spirito esistenziale ramingo, apolide della Beat Generation; ricorda Aldous Huxley che sul letto di morte decise di farsi di LSD per morire in colorate allucinazioni.

Bowie filosofo

Più volte, raccontando le overdose, i giri di valzer con la morte («Io amo la morte»), la sua noia abissale per la vita («Mi sono sempre sentito tappezzeria della vita»), le depressioni al fondo della tossicodipendenza, la stagione in cui ha tentato di placarsi con la meditazione, le fasi alcoliste, Bowie si avvicina alla formulazione ex post di una visione filosofica della vita sua e nostra di esseri umani caduti sulla Terra: «Sto cercando di fare di me stesso il messaggio» (citando McLuhan), «Temo di esserlo, un pessimista.

Spero che si possa trovare un qualche conforto nella compassione per le persone e per le situazioni stupide e disperate in cui si cacciano»; straordinaria questa intuizione, attualissima: «La gente non riesce a far fronte alla quantità di cambiamenti che avvengono nel mondo. Accade tutto troppo in fretta… c’è questa spirale ascendente a cui la gente tenta disperatamente di aggrapparsi, e ora tutti hanno iniziato a staccarsi. E le cose peggioreranno». La folgorazione finale la svela a Mikel Jollett di “Filter” nel 2003: «Non ci servono novità. Non ci servono! Penso che saremo molto più felici quando riusciremo ad accettare che la vita è caos. Non c’è alcuno schema. Non c’è alcun disegno. Non ci stiamo evolvendo. Dobbiamo trarre il meglio da ciò che abbiamo. E se riuscissimo ad accontentarci di questo, forse vivremmo più serenamente».

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Bowie pittore

Ha dipinto tantissimo, Bowie. Strano che i suoi quadri non siano ai vertici delle aste d’arte contemporanea. Lo stile prevalente è espressionista. Deformazioni angosciose. Volti che colano, forti vampate di colore. Trovate tante immagini dei suoi lavori in questo post del 2021 molto interessante sul blog della residenza per artisti madrilena Very Private Gallery intitolato “A Soulful Art Legacy”: «Nella primavera del 1976 lui e Iggy Pop lasciarono l'America e si trasferirono a Berlino. Stavano fuggendo dal cannibalismo artistico di Los Angeles. Berlino gli ha dato accesso a una nuova vita e nuove ispirazioni. E non solo di musica: Bowie, la cui affinità per l'arte espressionista tedesca precedette di gran lunga la sua residenza a Berlino, eseguì allora un gran numero di litografie e molti ritratti. Ha avuto una grande influenza sulla sua scrittura di canzoni».

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Bowie compositore

Questa fuga a Berlino Ovest nel 1976, lui drogatissimo insieme a un Iggy Pop completamente distrutto, è uno snodo della sua carriera artistica. Perché la surreale capitale tedesca spaccata in due dalla Guerra Fredda, nel bel mezzo della DDR comunista soggiogata dall’Unione Sovietica russa, trasforma le allucinazioni interiori di Bowie in contemplazione di una allucinazione storica reale e angosciante. Lì sostanzialmente viene concepito il lato B di Low (RCA 1977), trenta minuti circa di musica ancora contemporanea.

Le due collaborazioni decisive in studio di registrazione sono quelle con Brian Eno e Tony Visconti, suo produttore sino all’ultimo stupendo disco prima della morte, Blackstar (RCA 2016). A Berlino Bowie ascoltava i Kraftwerk e i Tangerine Dreams. Davvero “spirito del tempo” è che in quegli stessi anni Settanta anche Battiato abbia prodotto i suoi capolavori di elettronica sperimentale:  Fetus, Pollution, Sulle corde di AriesClic, M.elle le Gladiator, Battiato, Juke Box, L'Egitto prima delle sabbie di cui abbiamo parlato qui. Tra i suoi ascolti musicali c’era molta musica classica (di cui apprezzava la potenza espressiva senza il bisogno di testi), Philip Glass e Steve Reich.

Brian Eno, in studio con il suo sintetizzatore portatile EMS, era anche il compositore di Discreet Music (1977), invenzione della “ambient music”; seguiva le tecniche aleatorie zen di John Cage, da lui messe a punto nella "tecnica delle 124 carte delle strategie oblique" da lui ideata nel 1975 con Peter Schmidt. Le carte venivano girate a caso dai musicisti in studio, che ne ricavavano indicazioni esecutive. Bowie ne era entusiasta. Bene, il lato B di Low contiene pezzi straordinari, quasi tutti strumentali, con qualche vocalizzazione su testi insensati. Ascoltate Weeping Wall: la direste di David Bowie, se ve la facessero ascoltare ad occhi bendati?

Le poche parole di Bowie in Low sono nel lato A, nella ipnotica Some Are, ad esempio, e raccontano i paesaggi invernali berlinesi che lui sentiva specchiarsi dentro la lotta, infine vinta, per uscire da depressione e fallimento:

Marinai nella neve
invia una chiamata alzando le mani
alcuni sono destinati a fallire
alcuni sono sole d'inverno, ah

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