Speciale

Penso dunque sono

29 Aprile 2015

Al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori i manuali scolastici sono poco presi in considerazione: invece il manuale è un genere di libro molto diffuso e fondamentale per la formazione degli individui; è sempre su un manuale che si fondano le principali conoscenze generali di qualsivoglia ambito, prima che un eventuale percorso ulteriore giunga a perfezionare e definire conoscenze specialistiche e di settore. Da qui l'attenzione che è opportuno dedicare al modo in cui i manuali di diverse materie affrontano gli argomenti e sviluppano le competenze trasversali e relative a ogni specifico ambito disciplinare. La nuova edizione del manuale di filosofia per le scuole superiori Penso dunque sono (G. D’Anna 2014), scritto da Armando Massarenti ed Emiliano Di Marco, è l'occasione per ragionare insieme a Massarenti, filosofo e responsabile del supplemento culturale de Il Sole-24 ore, di filosofia a scuola, insegnamento, domanda pubblica di saperi e cambiamenti culturali.

 

Molti manuali di filosofia hanno una storia editoriale lunga che coincide anche con una tradizione di pensiero (penso a Abbagnano-Fornero, Antiseri-Reale, Geymonat etc). L'offerta attuale è molto ricca e variegata, con libri scritti da docenti universitari e/o di scuola superiore, e recentemente anche una figura intellettuale come Umberto Eco (insieme a Riccardo Fedriga) ha proposto un manuale per le scuole. La sensazione è che i docenti siano molto legati ai libri “classici” su cui si sono formati e che in qualche modo conoscono e controllano meglio. Cosa vi ha spinto a proporre un lavoro nuovo?

 

Prima di tutto la necessità di agganciare l'attenzione dei ragazzi attraverso una forma di motivazione più diretta rispetto a quella dei manuali classici, i quali hanno avuto una evoluzione piuttosto interessante negli ultimi decenni; ma forse nessuno ha cercato di prendere veramente sul serio, in maniera coerente e decisa, le indicazioni della Commissione Brocca, che risalgono ormai a una trentina di anni fa, che invitava a occuparsi della filosofia, ovviamente senza trascurarne la storia, a partire dai problemi e dalla domande filosofiche di fondo. È un approccio innovativo che consiste nel fare della filosofia una materia di conoscenza che ha un carattere pratico molto forte e una dimensione applicata. Questo manuale cerca di mettere in atto una serie di espedienti editoriali per accendere in modo specifico questa motivazione: ad esempio ogni capitolo, dedicato a un filosofo o una corrente, parte da una domanda importante, che può riguardare l'etica o la conoscenza.

 

 

Proprio l'impostazione che “mette al centro le domande” (come sottolinea Rodotà nell'introduzione) è una caratteristica del vostro lavoro. Il libro colpisce per lo stile narrativo: la “voce”, che imposta profili e temi e pone le questioni, è fresca e diretta anche nella rilettura della tradizione. Un'altra specificità del manuale mi sembra l'attenzione ad attualizzare i grandi temi della storia del pensiero, che riprende la tua nota rubrica Filosofia minima (che trova spazio anche sul libro) e il tuo lavoro sulla Domenica de Il Sole-24ore.

 

Una caratteristica del mio modo di fare filosofia è quella di cercare di accendere l'attenzione su un problema filosofico, o su una serie di problemi filosofici, che segue a catena da una micro-narrazione. Ad esempio nel mio libro Il lancio del nano (Guanda 2006) si parla di questa pratica stravagante, nata in Australia e che poi si è diffusa ed è diventata famosa anche grazie al film The Wolf of Wall Street. È un piccolo racconto che, partendo da questo esercizio di “lanciare il nano” pone il problema della legittimità della cosa, delle obiezioni e delle proteste che questo solleva. Si può accettare un tale “sport”? Va vietato? Come giustificare il divieto? In base a quali criteri, se i soggetti coinvolti sono contenti? Da una micro-narrazione si può arrivare a problemi etici più ampi, alla trattazione del tema dei diritti e delle libertà e al loro entrare in conflitto con la dignità umana e personale. Il che è un modo per far emergere dilemmi etici, conflitti morali e le principali teorie in materia.

 

Nel manuale le mie introduzioni e lo spazio di Filosofia minima, in modo analogo a quanto scrivo per la Domenica de Il Sole-24ore, sono modi fulminei di accendere l'attenzione sulla vita e sul lavoro dei filosofi. Si tratta di fare tesoro di questo sfondo filosofico traendo spunto da occasioni di vita quotidiana, dai film, dal teatro, dalla letteratura. Una delle esigenze importanti di oggi è catturare l'attenzione dei ragazzi che hanno bisogno di stimoli “veloci”, il che non esclude il successivo approfondimento. Ma l'approfondimento deve avvenire in modo naturale a partire dall'accendersi di scintille di interesse: gli studenti devono sentire la filosofia come qualcosa che li riguarda da vicino, partendo da temi che ritrovano nella loro esistenza concreta e nella vita quotidiana e quindi anche nella fiction, nella musica, sui media.

 

La discussione sul rapporto tra conoscenza della storia della filosofia e filosofia come pratica è al centro del dibattito scolastico: la necessità della competenza filosofica e della capacità di argomentare sono istanze che tu porti avanti da anni. Quali sono innanzitutto le specifiche competenze filosofiche e cosa offre la filosofia rispetto ad altre discipline?

 

Bisogna studiare i filosofi che si susseguono nella storia della filosofia, con molto rispetto della sequenza cronologica: ma tutto questo deve aiutare a formare nel ragazzo una serie di competenze, quali la capacità di pensare in maniera astratta, di argomentare e di ragionare in maniera sufficientemente generale per poi ricomprendere situazioni particolari; in sintesi deve aiutare a pensare criticamente. Pensare in modo critico significa non solo costruire bene il proprio argomento ma anche individuare le manchevolezze che possono esserci nei discorsi e nelle costruzioni complesse in cui si mettono insieme diverse opinioni.

 

Gli inglesi parlano di Critical thinking come insieme di saperi e competenze trasversali – tra l'altro non nuovi, nel senso che si trovano già nella Retorica di Aristotele – che, oltre le singole conoscenze relative a uno specifico tema, riguardano qualsiasi argomento che noi vogliamo trattare.

Isaiah Berlin, il grande storico delle idee, fuggito dalla Russia e rifugiatosi in Inghilterra, citava spesso un professore di Oxford, il quale sosteneva di insegnare filosofia non solo per gli specialisti ma proprio per quelli che avrebbero svolto professioni diverse (come l'avvocato o l'ingegnere): ai suoi allievi prometteva che alla fine dell'anno avrebbero saputo riconoscere a colpo sicuro qualcuno che sta dicendo delle scempiaggini... Fare filosofia aiuta a saper argomentare bene e a riconoscere le fallacie altrui, anche quelle dei decisori pubblici, dei politici, che si sentono nei dibattiti televisivi, tutti i discorsi che sono spesso poco fondati dal punto di vista logico e dal punto di vista della verifica fattuale. Abituarsi a questo fin dalla scuola significa fare un buon uso della filosofia, non noioso e che può anzi essere giocoso. Le competenze filosofiche, in sintesi, servono a creare il cittadino di oggi, capace di orientarsi tanto nei saperi quanto nelle buone e cattive argomentazioni.

 

In un più ampio discorso sul “sapere che serve” oggi e sulle svolte culturali decisive per il futuro, il rapporto tra scuola e ambiente digitale è un problema aperto: in che modo avete deciso di affrontarlo?

 

Fare un bilancio e scegliere tra digitale e cartaceo, un fenomeno che è recente e in continua trasformazione, è complesso: gli studi più recenti mostrano che, soprattutto per quanto riguarda i manuali, fissare idee e concetti avviene più facilmente e in modo più naturale sul supporto cartaceo. Data la diffusione degli ambienti digitali, si può pensare a un semplice passaggio del cartaceo sul digitale, ma serve anche uno specifico sviluppo. Tenendo anche conto delle direttive di legge e indicazioni ministeriali che riguardano l'editoria scolastica, nel manuale la serie di supporti elaborati dall'editore D'Anna è una proposta che è nata con un procedimento empirico, con sperimentazione su classi, per vedere cosa funziona e cosa no, in modo da proporre qualcosa di nuovo che fosse sperimentato e radicato nella realtà e nell'insegnamento concreto. In particolare ci sono strumenti originali come gli Esperimenti mentali, diffusi nei diversi volumi, che sono veri esercizi di immaginazione, come quelli che si trovano dei classici e che generano motivazione e accendono intelligenza immaginativa. La capacità di pensare mondi possibili, come scriveva Musil – che, oltre al senso del reale, invitava a coltivare il senso del possibile – è necessaria a mettere in moto il meccanismo filosofico. Ma vorrei sottolineare che c'è un grande lavoro sui testi, nella rubrica Pagine per appassionarsi: sono stati scelti testi che possono avvicinare i ragazzi alla lettura del testo filosofico, spesso brani di grandissima bellezza letteraria che hanno anche una grande efficacia argomentativa.

 

Il “canone” filosofico tradizionale che si propone a scuola sembra ancora fermo agli anni trenta-cinquanta. Nella vostra impostazione vedo la filosofia analitica, la filosofia della mente, l'attenzione alla scienza e all'epistemologia, il “nuovo realismo”. Eppure, al pari di altri sguardi contemporanei (come le scienze delle culture, la storia delle idee, ma anche l'antropologia, la semiotica, il decostruzionismo), la mia sensazione è che quasi mai a scuola tutto questo riesca a trovare posto. Lo sforzo mi sembra in ogni caso quello di fare una filosofia del presente.

 

La filosofia del presente ha delle radici importanti nel passato, se intendiamo la filosofia come cosa viva: nella storia incontriamo dei problemi e sono quelli di cui si sono variamente occupati i filosofi. Se vogliamo, ad esempio, parlare del rapporto tra mente e corpo, un tema molto attuale al centro del dibattito delle neuroscienze, proprio le scienze ci hanno mostrato che è sbagliato pensare a una dicotomia, come spesso è stato fatto nella tradizione filosofica; pensiamo al libro di Damasio, L'errore di Cartesio.

 

Penso che la migliore filosofia sia quella che tiene conto di come procedono le conoscenze in ambito scientifico, in modo critico e nel senso di una continua correzione. Se guardiamo al problema del rapporto mente/corpo, o ragione/emozione, possiamo risalire fino al pensiero greco, da Aristotele, per poi passare a Hume o Spinoza, autori in cui questi temi sono trattati in modo forte e sottile, per poi arrivare ancora a Darwin e quindi alle neuroscienze di oggi. C'è un terreno comune, che è molto importante far emergere: a volte nei testi dei filosofi del passato troviamo passi bellissimi che, non a caso, gli scienziati più brillanti e che fanno divulgazione come Edelman, il premio nobel per la medicina, amano citare con un fortissimo effetto di efficacia quasi poetica. Questo aumenta la consapevolezza dei problemi e delle domande che sono alla base di quei discorsi e che costituiscono il tratto specifico della filosofia nella sua storia.

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