Isteria e narcisismo a cinque stelle
Riprendo il tema del trickster, figura inquietante, già descritta, a proposito di Grillo, da Marco Belpoliti in queste pagine. Nel capitolo L’isteria totalitaria, dei Linguaggi dell’isteria, ero convinto di un fenomeno che ho chiamato totalitarismo sublime. Una sorta di populismo coatto. Non che il populismo sia totalitario tout court. È un ingrediente che caratterizza il totalitarismo.
Quel che manca in quel testo è l’analisi del populismo vuoto, che non sta da nessuna parte. Il fenomeno del Movimento Cinque Stelle – non vogliono esser più chiamati grillini in virtù dei rimproveri di verticismo mossi loro dai piraten tedeschi – è destinato a franare nel momento in cui la tesi indimostrabile che ognuno di loro è santo, come Savonarola, sarà sfatata. E non manca molto, data la percentuale d’italiani corruttibili.
Corruttibili, termine disposizionale, non corrotti. Stiamo parlando della disponibilità a corrompersi. Ci si corrompe sempre in un contesto, mai nel vuoto. Come diceva Nelson Goodman (1906-1998) un ombrello è apribile, ma se piove. Per esempio: se siamo al bar e la squadra del cuore di un giovanotto sta perdendo, mandare a quel paese un arbitro con un epiteto volgare non pare granché corruttivo. Qualche domanda: chi fa un comizio pubblico insultando gli avversari è già corrotto e corruttore, oppure è paragonabile al giovane tifoso? Oppure si tratta di una formazione reattiva (definizione freudiana di sintomo)? Chi lo fa non desta il sospetto che voglia governare gli altri senza passare attraverso il governo di sé? Io vi guarirò, perché sono sano, integro, incorruttibile. Uova fresche, di giornata, nostrane, del mio pollaio. Ogni aggettivazione desta il sospetto del contrario: ça va sans dire.
Un appartenente al Movimento Cinque Stelle va in televisione, Beppe Grillo – se non ho capito male – è contrario. Ora, si tratta di vedere se qualche esponente del suo movimento ci andrà di nuovo oppure no. Se nessuno ci andrà più, Grillo dovrebbe prendere atto che il suo movimento è passibile dell’accusa di verticismo che gli muovono i Piraten, cioè del sospetto che lo accomuna al tiranno, del quale uno dei massimi psicoanalisti italiani, Mauro Mancia (1929-2007), ha dato questa diagnosi impeccabile: il tiranno è la figura classica di una forma di narcisismo. Il narcisista si slega dalla relazione con l’altro presentandosi con la faccia di trickster, ancora vergine quando è in fase ascendente. Modello appetibile per gli italiani, che prediligono il grottesco, in politica.
La meccanica è grosso modo la seguente: c’è confusione nel paese, un bisogno di mettere a posto le cose. Di qui la necessità – intravista ingenuamente da Max Weber – di mettere nelle mani di un carismatico leader (potremmo anche pronunciare alla romagnola omettendo la e) il potere per un periodo determinato di tempo. Quanto tempo? Un giorno, un anno, dieci anni, sempre. Questa sola premessa conferma il trickster carismatico nel suo narcisismo, già implicito nell’esser portatore di carisma. Il carisma ruba il tempo, la vita, la socialità, l’intimità, la fiducia. In altri termini distrugge la rêverie materna, quel senso di fiducia collante della relazione e del legame sociale. La società si pietrifica, noi/loro, amico/nemico. Lo si fa per sconfiggere il nemico, che sta sempre dalla parte dell’Altro. Questo non è un problema della destra: in questi casi destra e sinistra, direbbe Gregory Bateson, condividono la stessa epistemologia. L’epistemologia del populismo vuoto.
Dai il potere a un carisma, non lo molla finché non ha ridotto il paese a pezzi. Il carisma non ha nessun rispetto per le istituzioni, per le regole. In modo perverso inneggia al reato mentre è presidente dell’istituzione, inneggia alla guerra, alla ribellione mentre sta al governo; insomma perde qualsiasi tipo di responsabilità, o forse non l’ha mai avuta. La Legge per lui è oscena, e lui crea leggi oscene, il vuoto. Vuoto istituzionale, sociale, culturale: svuota le relazioni di contenuto, blatera nel vuoto.
Invero ricorda un po’ anche il monaco accidioso di Cassiano: il convento in cui sono è sempre peggiore degli altri. Con una differenza: il convento in cui sono è sempre il peggiore, ma se vieni da me (occhiolino) lo distruggiamo insieme (a denti scoperti).
Il gran potere del narcisista consiste nell’ipnotizzare le masse. La macchina narcisista crea un campo magnetico che funziona anche a distanza di tempo, lascia un segno nella mente di chi ascolta. Come nell’induzione ipnotica – spiegata da Hyppolite Bernheim (1840-1919) – la macchina narcisista produce una suggestione onirica nello stato di veglia, una dissociazione che si protrae nel tempo. Suscita la risata del pubblico assoggettato, attraverso la battuta, attraverso la barzelletta. Tutti ridono, cinicamente. Se reiterata l’induzione può diventare permanente, e addirittura restare impressa anche dopo la fine del suo periodo politico, dopo la devastazione, come nel caso del fenomeno del nostalgico.
Molti seguaci del carisma, dopo la sua decadenza, nel ricordarlo piangono le sue battute, nostalgia: come ci faceva ridere! Accadrà così, tra qualche anno, anche per i nostalgici di Grillo? Si tratterebbe di scrivere un libro sulla relazione carismatica tra il trickster e il suo popolo, che sotto ipnosi si lascia rubare il tempo, cedendo all’aggressività, alla manipolazione, al godimento vendicativo del capo.
Il politologo rifiuta questa lettura liquidandola come psicologismo. Perciò si trova in imbarazzo in questi casi. Lo studio della psicologia dinamica gli gioverebbe. Così la raccomandazione che qualche persona di buon senso, di tanto in tanto, lancia: “stategli vicino, amatelo, ma non illudetelo!”, può valere per ogni carisma, come per noi tutti. Vale la pena di trovare il modo di prendersi cura di sé, forse siamo tutti malati, almeno in senso esistenziale, ma costoro sono gravi. Boia d’un mond l(e)ader!