Il capitalismo nello spazio immateriale / Rete: autonomia illusoria
Il modello della rete ha una lunga storia alle spalle. Per parecchi secoli l’impiego di reti sociali e culturali è stato riservato alle necessità amministrative dei grandi imperi e a quelle commerciali di pochi mercanti. Ma nell’Ottocento, grazie alle notevoli innovazioni introdotte nell’ambito dei trasporti e in quello dei mezzi di comunicazione, il modello della rete ha cominciato a introdurre dei profondi cambiamenti anche nella vita quotidiana delle persone comuni. Sono in particolare tre le principali innovazioni che si sono imposte in tale secolo: la rete elettrica, quella telegrafica e quella telefonica. Queste, agendo in maniera contemporanea e complementare, hanno reso possibile liberare per la prima volta l’informazione dalla necessità di ricorrere a un trasporto di tipo fisico.
La rete rappresenta un’efficiente forma organizzativa e di funzionamento non soltanto dei processi comunicativi, ma anche di quelli economici e sociali. Si è visto infatti che grazie alla disponibilità di una rete i sistemi complessi, anche se molto estesi, non necessitano di un controllo centralizzato e sono in grado di far emergere spontaneamente un’organizzazione funzionante in maniera ottimale. Si spiega così perché oggi le società maggiormente avanzate cerchino sempre più di operare adottando a tutti i livelli il modello della rete. E ciò avviene soprattutto nell’ambito dei media, dove appare sempre più evidente che questi ultimi e le loro tecnologie si stanno progressivamente separando. Se in passato infatti era possibile legare strettamente ciascun medium a una specifica tecnologia di comunicazione, oggi ciò si presenta come sempre meno realizzabile. Soprattutto in conseguenza del processo di digitalizzazione, ogni medium acquista la possibilità di circolare su varie tecnologie (la radio, ad esempio, può essere trasmessa nel modo tradizionale cioè via etere, ma anche attraverso il digitale terrestre, il telefono o Internet), mentre nel contempo ogni tecnologia può ospitare media differenti (uno smartphone può contenere la telefonia, Internet, la televisione oppure il cinema).
Ma è Internet, evidentemente, ad identificarsi soprattutto con la rete. Non è un caso dunque che lo studioso dei media Derrick de Kerckhove abbia sostenuto che la rete rappresenta il messaggio principale che viene trasmesso dal medium Internet. E poiché quest’ultimo è basato sullo sviluppo di reti di connessione, ne deriva che in questo caso il messaggio è costituito soprattutto dalle reti che consentono di dare vita a relazioni sociali. Ciò che appare oggi soprattutto evidente comunque è che Internet, come ha sostenuto Fausto Colombo nel volume Introduzione allo studio dei media, tende sempre più a funzionare come le tradizionali reti di distribuzione di risorse (acqua, gas, elettricità).
Pertanto, analogamente a quanto è accaduto con tali reti, anche nel caso del Web risulta evidente che «i recenti sviluppi tecnologici non aumentano affatto l’autonomia dell’utente, ma semmai manifestano in modo ancora più evidente la sua necessità di collegamento con centri di servizi e di contenuti» (p. 46). L’individuo cioè, nei confronti di Internet, sta diventando più attivo, ma anche più dipendente.
Tutto ciò naturalmente è reso possibile dallo sviluppo delle tecnologie informatiche, che ha portato alla creazione di reti di connessione all’interno delle quali circolano senza tregua flussi di informazioni e immagini. Reti che configurano a loro volta il passaggio dal modello dell’industrialismo a quello che il sociologo Manuel Castells ne La nascita della società in rete ha chiamato dell’«informazionalismo».
Cioè un modello nel quale la produzione di ricchezza economica si basa, più che sulla realizzazione di prodotti fisici, sulla creazione e il commercio di un particolare bene: l’informazione. Un bene che è condiviso e dunque comporta una messa in comune delle risorse, la cooperazione tra gli individui e tra le imprese e lo sviluppo della comunicazione. Questo è il modello che viene adottato in maniera crescente nelle odierne società avanzate, il cui funzionamento si basa su un insieme di reti attraversate da nodi interconnessi e su un processo di espansione illimitato, ma anche su meccanismi forti di integrazione e su codici di comunicazione largamente condivisi. Non a caso Castells ha sottolineato che, «Benché la forma di organizzazione sociale a rete sia esistita in altri tempi e in altri spazi, il nuovo paradigma della tecnologia dell’informazione fornisce la base materiale per la sua espansione pervasiva attraverso l’intera struttura sociale» (p. 535).
Il nuovo tipo di società che si basa sulle reti, come ha sostenuto Carlo Formenti in Cybersoviet, è chiaramente dotato di una natura di tipo capitalistico, sebbene vada considerato che in esso il capitalismo assume delle forme notevolmente differenti rispetto al passato. Si tratta infatti di un capitalismo che tende a operare sempre più massicciamente all’interno di quello spazio immateriale che caratterizza Internet, pur continuando a svolgere in maniera efficace la sua funzione primaria, ovvero la produzione di valore economico. Dunque la Rete e tutto quello che si trova al di fuori di essa, ovvero il capitalismo nei suoi aspetti economici e produttivi tradizionali, sono accomunati dalla stessa logica di funzionamento.