Cinquanta sfumature di intimo
San Valentino. Lego. Lingerie. Basic Bitch. BDSM. Non è un mal riuscito tentativo di haiku, ma è una sintesi dei temi dominanti dell'agenda mediatica che intervengono sotto forma di concrete opere di manipolazione dell'immagine finalizzate al dover-essere di un corpo in una cultura, o meglio alle sue molteplici sfumature. È indubbio che le pratiche significativamente rilevanti per una data cultura plasmano i tratti stilistici del sistema moda e le forme del corpo per costruire una data struttura valoriale e ciò emerge in modo preponderante nella comunicazione della lingerie, ovvero la trasposizione visiva e patinata di ciò che è nascosto o “sotto”. Nelle campagne pubblicitarie dei maggiori brand di intimo a distribuzione mondiale si rilevano dei motivi invarianti rispetto al setting o alle pose, e i singoli capi sono accomunati da texture e formanti plastici che asservono alla modellizzazione “corretta” del corpo di moda. Indubbiamente ogni brand si rivolge a un target e a uno “stile di vita”, sia per valori critici dovuti in prima istanza al prezzo che per valori utopici dovuti al “chi si vuole essere” indossando una data lingerie, pertanto, dal costoso Agent Provocateur (il cui prezzo minimo di un reggiseno è 140 euro) fino al più economico Jadea (un coordinato si aggira intorno ai 14 euro), si colgono delle linee forza equivalenti. Ma procediamo con ordine.
La prima fotografia di moda al mondo in cui una modella indossa i collant “a vista” è apparsa nel photoshoot di Corinne Day “Under-exposure”, pubblicato su Vogue UK di marzo 1993, che vede, inoltre, come protagonista l'icona di stile Kate Moss, ritratta nel suo appartamento di Londra. Il servizio è incentrato su quale lingerie indossare quando ci si veste “senza impegno” e, infatti, il titolo “Under-exposure”, che letteralmente significa “sottoesposizione”, è riferito sia al fatto che viene mostrato ciò che sta sotto ai vestiti, sia alla tecnica fotografica utilizzata che prevede un tempo di posa inferiore per ottenere un maggiore contrasto e colori più saturi. Con “Under-exposure” Corinne Day ha introdotto nella fotografia di moda il corpo imperfetto, dando luogo sia a una democratizzazione del corpo di moda che a una risemantizzazione della significazione di moda nell'estetica del quotidiano. Kate Moss posa in ginocchio sul letto, con il bacino lievemente sbilanciato in avanti, come se si stesse alzando in piedi, e la schiena ricurva. Non si può osservare il corpo di Kate Moss escludendo dal campo visivo il televisore, e il telecomando, posto perpendicolarmente a entrambi, delimita il punto focale su cui dirigere l'attenzione. A ben vedere, il telecomando è orientato verso l'osservatore, assegnandogli il compito di gestire il mezzo di comunicazione e, per estensione, anche Kate Moss è presentata come un prodotto mediatico da fruire, in quanto il telecomando è dinnanzi a lei. La fotografia appare come un'istantanea, nel senso che coglie il corpo in movimento durante l'inizio di un'azione, facendo apparire Kate Moss come non consapevole del fatto di essere ritratta. Lo sguardo, infatti, non è diretto in camera, ma sono la frontalità e il sorriso beffardo che determinano gli effetti di senso sull'osservatore.
Corinne Day, Under-exposure, 1993. A destra Belen Rodriguez per Jadea, 2014
Tale posa è ormai una costante nella fotografia di intimo, come si può notare anche nella campagna Jadea A/I 2014-15 che ha come protagonista una meno iconica Belén Rodríguez. Se Kate Moss è effettivamente ripresa di sorpresa, Belén finge un momento di riflessione trascendentale, ma in realtà sa di essere guardata e vuole essere guardata, dato che è intenta a mostrare il suo notissimo tatuaggio che altrimenti sarebbe stato ignominiosamente coperto dallo slip. Ed è proprio l'atto di “calarsi le mutandine” che ha destato l'indignazione del sig. Paolo Ippoliti Uguccioni, presidente del comitato milanese residenti Venezia-Buenos Aires, che nel dicembre 2014 ha fatto richiesta di eliminare il maxi poster pubblicitario esposto in via Lazzaro Palazzi tacciandolo di attentare alla sicurezza di automobilisti e pedoni (cfr. Blitz quotidiano, 15 dicembre 2014) a causa di una Belén troppo provocante e distraente.
Il gioco della seduzione contemporanea si avvale di un'atmosfera paradossalmente greve grazie al fenomeno della trilogia di E.L. James capeggiata da Cinquanta sfumature di grigio che ha dischiuso agli occhi delle masse il controverso panorama BDSM. Anche la lingerie si è dovuta adeguare, probabilmente grazie alle nuove aspirazioni del suo target, e così nelle campagne pubblicitarie A/I 2014-15 regnano sovrani i riferimenti alla dominazione e alla sottomissione, anche in vista dell'evento del 12 febbraio 2015, ovvero l'arrivo delle sale della trasposizione filmica del romanzo. Perfino un brand nato nel 1886 e riconosciuto per un'impostazione più classica della sua produzione come Triumph ha alluso ad Anastasia Steele, proponendo sulla home page del sito aziendale e di Facebook l'immagine di una modella bendata con una fettuccia di velluto rosso, o ancora, negli scatti di Ellen von Unwerth, la nota modella Emma Stern indossa un reggiseno le cui bretelle richiamano la triscele che dal 1994, grazie anche al romanzo Histoire d'O, pubblicato nel 1954 da Domique Aury, in arte Pauline Rèage, vero e proprio manuale del sadomaso, è il simbolo univoco del BDSM.
Nella campagna di Agent Provocateur, ambientata nel backstage di uno strip club di lusso, BDSM e Burlesque si fondono tra frustini piumati, boa, corsetti e l'onnipresente pattern animalier che sin dall'epoca greco-romana è associato alla lussuria. L'animalier, indossato anche dalla onnipresente, quando si tratta di lingerie, Irina Shayk per Twin Set, nelle collezioni attuali è decisamente meno inflazionato degli anni precedenti proprio perché la donna-fiera, libera ed emancipata come Josephin Baker, Ava Gardner o Audrey Hepburn, è ben lontana da quella sottomessa, almeno nelle pratiche erotiche, dell'estetica propugnata da Cinquanta sfumature di Grigio. I legacci del bondage si trovano anche nell'advertising di stagione di Intimissimi che dal canto suo propone una variante rispetto alla location del photoshoot, unico tra quelli analizzati ambientato outdoor, ovvero nell'Arena di Verona, già teatro di Intimissimi on Ice Opera Pop, il 20 e il 21 settembre 2014. Nella collezione, si legge sul sito aziendale, oltre alle legature “simboliche” del corpo, i capi sono realizzati con microfibre “effetto lattice”, citazione neanche tanto velata del “leather pride” del BDSM. Però, tra latex e legature, spunta la donna angelo, forse citazione dotta dei più noti Victoria's Secret Angels, che con annesse ali emana luce benigna sulla donna diabolica e perduta. L'essere alato, inoltre, incarnato in due volatili, è presente anche nell'immagine che ritrae l'alter ego malefico, dove vige un netto contrasto figura/sfondo che evoca attraverso i chiaroscuri una lotta tra il bene e il male, dove lo sfocato sta per il sottomesso e il nitido per il dominatore.
Rimanendo sullo stesso segmento di mercato, si giunge alle immagini patinate di Yamamay, la cui protagonista è Emily Ratajkowski, salita agli onori della cronaca per il suo topless censurato nel video di Blurred Lines, hit di Robin Thicke ft. Pharrel e T.I., in cui, inoltre, soleva coprire le sue pudenda con un simpatico agnellino. Come dichiarato dal brand, Emily è stata scelta perché ha un corpo “a cui il pubblico non è abituato” perché è troppo curvy rispetto alle modelle canoniche. A ben vedere, il video di Blurred Lines ha imperversato ovunque per parecchi mesi, quindi il grande pubblico dovrebbe ricordare l'esplosiva Emily, ma a parte le facili ironie, ciò che Yamamay vuole mettere in risalto è il legame con l'italianità, ovvero la formosità della silhouette mediterranea, incarnata da una modella che tra le tante nazioni di appartenenza “genetica”, ahimè, vanta tutto fuorché l'Italia. Sempre a detta dell'azienda, la campagna A/I 2014-15 non è un semplice servizio fotografico, bensì uno “story telling”, data la particolare ambientazione nello studio del pittore Ercole Pignatelli, che tra le sue opere annovera diversi nudi “curvy” accostati a nature morte in cui campeggiano vegetali dalla rotondità esasperata. Le rime plastiche in questo senso sono notevoli, poiché il corpo viene magnificato amplificandone le forme identificative dell'estetica soft porno. La campagna della Christmas Collection Yamamay fa un passo indietro e ritorna a schemi pubblicitari più inflazionati, l'ambientazione è la solita camera da letto barocca, in realtà la suite lussuosa di un albergo, con pellicce “buttate” sul letto e lenzuola di seta, dove Emily indossa coordinati in rosso e gioca alla sexy Babbo Natale atteggiandosi nella canonica posa di “auto-offerta” di cui si è parlato nei casi di Kate Moss e Belén. L'indubbia costante, quindi, è la relazione diretta che si instaura con chi guarda dovuta alla protensione del corpo della modella verso lo spazio della fruizione in cui si cerca di costituire un rapporto, mi si perdoni il gioco di parole, “intimo”, rafforzato anche dalla netta messa in evidenza rispetto allo sfondo della donna e dalla posa che simula il gesto di offrirsi nella sua totalità.
Emily Ratajkowski perr Yamamay, 2014
La lingerie si esplicita sia attraverso una totale fusione col corpo, diventando una seconda pelle in accordo con il mito del «senza cuciture» caro alla retorica dei capi modellanti e di alcuni vestiti da sera come i bandage dress, volti ad armonizzare la silhouette e a modificarne i volumi, sia creando delle fratture che lo mostrano nella sua nudità, assumendo valenze erotiche. In questo caso non contano le forme, ma la superficie del capo che, a seconda delle varianti in gioco, può mascherare o evidenziare alcune zone ad alta valenza seduttiva. A tale proposito Barthes afferma che “l'indumento avrebbe in fondo l'ambiguità di una nevrosi: lo si è potuto paragonare al rossore pudico che invade il viso, come segno paradossale del segreto” (Il Sistema della Moda, 1967, p. 157). In questo caso è la relazione tra vedere e non vedere che porta alla significazione nell'alternanza tra segreto e svelato, ovvero parti del corpo scoperte e coperte, che descrive il collegamento tra il segreto e il senso finale dell'indumento intimo. Il nudo, dunque, presupposto o meno, ha un valore spiccatamente culturale determinato dalle narrazioni a cui prende parte e dall'osservatore che ha l'arduo compito di svelarne il segreto. Il problema si pone quando il nudo non è una questione da scoprire e la sfumatura di rosso che invade il viso si accende dei toni scuri del colore Pantone 2015, il Marsala. Questa prosaica similitudine ha l'onere di introdurre un'altra tipologia di estetica, giustappunto più imbarazzante di quelle esposte in precedenza, che va oltre il soft porno del Burlesque e del bondage, ma ricalca i canoni imposti dall'emblematico fenomeno dell'erotismo virtuale, al secolo YouPorn, online dal 2005.
Nel ranking Alexa, YouPorn è al centotrentaquattresimo posto nella classifica mondiale, mentre è al trentacinquesimo in quella italiana. I dati significano da soli, non c'è bisogno di commentarli dal momento che viene fatto di continuo in modo crossmediale. I modus agendi e fruendi sono gli stessi di YouTube, a cui, quindi, non è solo ispirato il nome, e i contenuti sono comodamente divisi in più di sessanta categorie. Già, il porno si avvale di multiformi sottogeneri, non solo per ciò che concerne gli orientamenti sessuali dei suoi protagonisti, ma dal punto di vista testuale. I sottogeneri di YouPorn coprono qualsiasi tipo di fantasia perversa legata a età, etnia, aspetto fisico, abbigliamento, location e set di azioni prestabilite. Solo a leggere per sommi capi il nome di ognuna delle categorie ci si rende conto di trovarsi dinanzi a un universo di senso rigidamente strutturato e rivolto a una comunità che condivide una medesima enciclopedia di riferimento. Inoltre, è possibile accedere a particolari features a pagamento che consistono in spettacoli live privati, dove si possono scegliere lingua e nazionalità della performer. Nonché, se si è proprio indecisi a causa della vasta scelta, si può optare per i video più popolari, in assoluto o per nazione. Gli screenshot sono particolarmente disturbanti, almeno a mio parere, poiché rivelano in medias res i momenti apicali del video e ciò fa capire che, a differenza di YouTube, dove c'è una volontà di incuriosire il fruitore, ci si rivolge a un utente che vuole che la sua “curiosità” sia soddisfatta istantaneamente. Tale aspetto è trasposto anche nella durata dei contenuti, pari o inferiore a un cortometraggio, che possono essere quindi definiti delle “forme brevi” progettate nell'ottica “di una strategia di captazione e contatto nei confronti del pubblico” (Isabella Pezzini, Trailer, spot, clip, siti, banner, Meltemi 2002, pp. 16-17).
La questione del tempo da dedicare alla fruizione è di fondamentale importanza in un universo pluri-sfaccettato e iper-informante come quello del web, in cui l'espansione non è premiante perché non si ha la voglia di dedicare attenzione a testi troppo complessi e ciò che funge da specchietto per le allodole è la salienza dei dettagli che serve ad aggirare le strategie di evitamento dei contenuti poco interessanti rispetto a immagini e titoli. Insomma, YouPorn prevede un tipo di fruizione one shot, di un utente che sa perfettamente ciò che vuole vedere e che non si avvicina al sito per il mero gusto del porno, ma è anche “choosy” quanto i giovani contemporanei lo sono con il lavoro, o come una casalinga attenta al rapporto qualità/prezzo durante la spesa al supermercato. Le etichette servono a facilitare i tempi e i modi della visione, alla stregua di un bancomat del sesso. Basta inserire il giusto codice e la fantasia si trasferisce su uno schermo luminoso.
Fino all'avvento di YouPorn, la ricerca era nettamente più ardua, bisognava confrontarsi con virus e pop up sul web, e con gli occhi indiscreti dell'edicolante o del commesso del videonoleggio. YouPorn ha liberalizzato e abbattuto i costi di qualunque tipo di pulsione scopica, bisogna solo imparare a riconoscere i nomi dei sotto generi e a collegarli con i desideri più nascosti. L'estetica dominante è sostanzialmente translucida, viscida e dozzinale, in una parola “amatoriale”, ovvero audio e video di scarsa qualità, location indoor approssimative e che veicolano un effetto di vissuto (disordine, sporcizia), recitazione che vuole simulare a tutti i costi un evento reale della quotidianità, creando una continua alternanza tra effetti di realtà e finzione. I corpi si contorcono, ostentano una forma di piacere estremizzata, violenta e brutale, oscena. Sono corpi grotteschi bachtiniani, non delimitati né circoscritti, che comunicano tra di loro attraverso la lingua franca parlata da escrescenze e orifizi che non ha bisogno di traduzioni per essere compresa dagli osservatori.
Miley Cyrus, MTVMA 2013
L'estetica “amatoriale” di YouPorn si vede sui marciapiedi, ma anche nei video musicali dove si pratica il twerking, danza in cui il didietro spadroneggia in maniera provocante per attirare consensi sessuali o revenue economiche, che pur essendo nota dagli anni Novanta è diventata un fenomeno grazie alla performance di Miley Cyrus in occasione dei MTVMA del 2013, dove era accompagnata dal sopracitato Robin Thicke. Il twerking è ostentato da molte cantanti che come Iggy Azalea, Rihanna e Nicki Minaj, ne hanno fatto un tratto stilistico del loro modo di essere corpi oggetto di desiderio, accompagnandolo a tanga microscopici e a movimenti convulsi che richiamano alla memoria più la morte di un insetto, penso allo scarafaggio, invece che un rituale di accoppiamento. Il corpo grottesco musicale si esplicita e dischiude il suo universo valoriale al mondo grazie al videoclip Work Bitch di Britney Spears, nomen omen, che ha il merito di unire i motivi caratterizzanti del BDSM a quelli di YouPorn, assurgendo a una sorta di entità dell'onnipotenza erotica, in uno zibaldone fortunatamente ambientato perlopiù nel deserto: in alcune scene indossa una maschera da baccante alla Eyes Wide Shut, poi passa alle calze a rete e alle cuissardes di vernice, in altre impugna un frustino. Insomma, se il video fosse durato qualche minuto in più, avrebbe potuto riprodurre tutti i simulacri dei sotto generi di YouPorn. Il mercato discografico è notoriamente soggetto ai labili gusti del pubblico e, come è accaduto con la trilogia di E.L. James, bisogna tenere in conto che è proprio il target a richiedere contenuti mediatici più “disinvolti”, essendo ormai obnubilato, o meglio impermeabilizzato a una seduzione più soft.
Si evince, d'altronde, una nuova isterizzazione del corpo della donna, per citare Michel Foucault, saturo di ogni tipo di sessualità, che si divincola nervosamente tra il pubblico, il palcoscenico, e il privato, la camera da letto dei video amatoriali. Il lusso dei setting di Cinquanta sfumature di Grigio e delle campagne di lingerie, cozza vistosamente con le ambientazioni miserabili di YouPorn, ma a ben vedere le invarianti somatiche e gestuali rimangono le stesse pur se differiscono nei gradi della loro estremizzazione.
Parafrasando Paul Ricoeur, il corpo è l'organo del volere e i gesti e l'abbigliamento sono rispettivamente il saper fare e il saper come nella performanza del volere.