Speciale
Occhio rotondo 44. Autoritratto
Quando scattò questa fotografia Ilse Bing aveva trentadue anni. Aveva cominciato a farlo da tre anni, se è vero che 1928 aveva comprato la sua prima macchina, mentre nel 1929, l’anno del crollo della borsa di New York, s’era procurata una piccola macchina portatile della Leica da 35 mm con cui ha scattato molte delle sue immagini. In alcune biografie ho letto che già all’età di quattordici anni Ilse aveva scattato un autoritratto grazie a una Kodak avuta in regalo dalla sua famiglia di ricchi ebrei dediti al commercio a Francoforte. Il 1931 è anche l’anno in cui conclude la sua prima collaborazione con una rivista ed entra in contatto con l’ambiente intellettuale tedesco – architetti artisti poeti – dove conosce i surrealisti e i dadaisti più vecchi di lei d’un decennio. La fotografia s’intitola Autoritratto con Leica e si trova ora nel catalogo che raccoglie le immagini di una mostra ancora aperta a Roma alle Terme di Caracalla: Narciso la fotografia allo specchio (a cura di Nunzio Giustozzi, Electa).
Non so se questa immagine sia ascrivibile al gioco di riflesso del giovane cacciatore del mito greco. Piuttosto mi sembra l’immagine di un doppio scatto: un’immagine che intende verificare sperimentalmente la duplicità dello scatto fotografico. Vuole vedere come si vede da due punti vista contemporaneamente. Uno è quello della fotografa che guarda in macchina e insieme osserva il soggetto del proprio scatto: vuole vedere vedere: si guarda e ci guarda. L’altro corrisponde a essere vista mentre fa la foto, lateralmente: è l’essere osservati mentre si osserva. L’impersonale è quasi d’obbligo nella seconda immagine. Inoltre, la prima quasi si nasconde sul lato destro della fotografia: sia la macchina che la testa sono in parte fuori dal riquadro di carta sensibile. Quale dei due è il vero autoritratto? Quello sul lato sinistro o quello sul lato destro? Verrebbe da rispondere: entrambi. Ma forse non è esatto.
L’unico autoritratto è quello a destra, tagliato. Poiché non posso rifare l’esperimento di Ilse Bing con gli specchi – come diavolo li avrà messi per ottenere questa separazione di punti di vista nel set allestito nella stanza dell’Hotel de Londres a Parigi? –, sono costretto a ipotizzare che quello di profilo è un ritratto e non un autoritratto, anche se è sempre lei che si ritrae. Siamo davanti a un raddoppiamento? Non credo. Le due immagini sono separate e non congiunte. Sono divise e non unite. Per via del punto di vista. Eppure Ilse Bing è stata in contatto che le avanguardie artistiche dei primi decenni del Novecento, sapeva bene cosa fosse il Doppio. Tuttavia la sua non è mai una fotografia sperimentale, bensì una fotografia che sperimenta. Una fotografia senza teoria, ma non ingenua, anzi. Forse possiamo dirla una fotografia pratica? Cerca di ottenere punti di vista altri, come si capisce dalle fotografie che ci ha lasciato, quelle che è riuscita a portare in America mentre fuggiva dai nazisti che in Francia l’avevano imprigionata in un campo.
Le sue fotografie più note – lei per un lungo lasso di tempo, come molte altre fotografe donna, è stata pressoché dimenticata – raccontano di uno sguardo aguzzo come in questo Autoritratto con Leica: una staccionata quasi senza fine, corpi che ballano, mani che sfogliano un’agenda, bambini con animali, tubazioni, alberi contorti, eccetera. Tutto quello che si può guardare con intensità attorno a sé, e a volte pure lontano. Sguardo aguzzo vuol dire: acuto, intenso, penetrante, perspicace; è uno sguardo che punge persino. Anche in questa doppia immagine – di fronte e di profilo – c’è la medesima acutezza. Lo si vede da quell’occhio a destra, quello che spunta da dietro la piccola Leica appoggiata sul treppiede.
Un occhio solo che ci guarda come se fosse l’occhio di un Ciclope. L’altro è l’obiettivo che fissa l’immagine che ritrae. Un occhio per lei stessa – l’autoritratto – e un occhio per noi: ci sta guardando. Ma non guardava sé stessa? Certo, si guarda; ma come ogni fotografo che si rispetti mentre scatta ci guarda. Ci giudica? Non credo. Piuttosto prende le misure. Non è questo che si fa quando si fotografa? Ilse Bing ci guarda da distante. Questo sarebbe, secondo i critici, il significato della sua fotografia: stabilire una differenza, alimentarla visivamente. Ma proprio così la fotografia avvicina. Forse possiamo dire che il senso della fotografia di Ilse Bing consiste nell’usare un occhio diverso ogni volta.
Ilse Bing, Autoritratto con Leica, © Estate of Ilse Bing.
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