9 settembre 2020 / Cini Boeri: partigiana, architetto e designer
Che nei suoi interventi architettonici Cini Boeri (1924 - 2020) abbia sempre manifestato un elevato rispetto per l'ambiente naturale in cui essi si inserivano è un dato incontrovertibile. Sarà da lei che suo figlio Stefano, archistar internazionale, noto per i suoi giardini verticali, lo avrà mutuato? È molto probabile, cresciuto come è nei luoghi splendidi progettati dalla madre, dove natura e architettura si fondono in un'osmosi che somiglia a quella del respiro. A partire dalla cosiddetta Casa Bunker (così chiamata dagli abitanti del luogo, poi questo nome, che alla progettista era piaciuto, le è rimasto), da lei realizzata nel 1966 lungo il litorale scoglioso della Maddalena, sul Golfo dell'Abbatoggia, quasi roccia essa stessa, faraglionica emergenza in perenne colloquio con il flusso delle onde. Questa casa è stata il suo buen retiro per tutta la vita, dove era solita rifugiarsi, per fuggire dalle frenesie milanesi, per pensare, per progettare, per disegnare, per essere un tutt'uno con il cielo e con il mare e per godersi la crescita dei suoi figli: di Sandro, poi giornalista, di Stefano, in futuro architetto, e di Tito, che sceglierà di studiare economia, tutti e tre divenuti famosi, come lo è stata la loro mamma.
Così di questa casa ha detto lei stessa: "Casa Bunker sintetizza al meglio il mio modo di pensare. La pianta ha quattro stanze, ognuna con il proprio bagnetto e una propria uscita verso il mare. Il mio concetto di abitazione è stato sempre questo: massima autonomia, cioè piena responsabilità nella fruizione degli spazi", sia collettivi che ad uso privato.
Maria Cristina Mariani Dameno (detta Cini, dal diminutivo dialettale “picinin”, piccolina, con cui veniva chiamata dai familiari), nasce a Milano nel 1924, ultima di tre fratelli. Durante la guerra, come molti milanesi, anche la sua famiglia sfolla sul Lago Maggiore. È lì che, ancora giovanissima, Cini entra in contatto con i Partigiani, per i quali fa addirittura la staffetta ed è lì che conosce Renato Boeri, anche lui partigiano, studente di medicina e futuro neurologo, che diventerà suo marito e il padre dei suoi figli. Loro testimone di nozze fu nientemeno che Ferruccio Parri. Così ha raccontato lei stessa in un'intervista: "Eravamo sfollati in montagna, sotto al Mottarone, e io collaboravo con i partigiani facendo la staffetta per i documenti. Ma qualche volta partecipai anche a dei raid antitedeschi."
Al termine del conflitto, rientrata nel capoluogo lombardo, si iscrive al suo Politecnico, dove si laurea in Architettura nel 1951. Ecco cosa ha detto a proposito del giorno della propria laurea:
"Fuori dal Politecnico mi aspettava mio figlio Sandro, di soli due mesi. Ricordo che non festeggiai ma iniziai subito a pensare a come imparare a lavorare perché ero una giovane donna che sgomitava in una tribù di uomini.
All’epoca, inoltre, non esisteva l’esame di Stato e per entrare a far parte dell’Ordine degli Architetti bisognava essere presentati da un professionista in grado di garantire per me."
Il suo mentore sarà Gio Ponti, nel cui studio inizierà il proprio tirocinio professionale, sebbene il maestro (che era un po' misogino) non perdesse occasione per dissuaderla dall'intraprendere il mestiere di architetto, indirizzandola, invece, verso il disegno e la pittura, arti nelle quali pure eccelleva. A darle piena fiducia e a incoraggiata nel proseguire la carriera che aveva scelto, sarà invece Marco Zanuso, nel cui studio "la Cini" (così la chiamavano tutti nell'ambiente di lavoro) inizia a collaborare nel 1952, restandovi per undici anni. Certo, il contatto con questi due mostri sacri dell'architettura e del design è stato fondamentale per la sua formazione, come ha dichiarato lei stessa, confessando di aver appreso proprio da loro il metodo di lavoro e il rigore, nutriti da un infinito amore per queste discipline così complesse e difficili ma ricche di fascino.
Il suo primo progetto di architettura con Zanuso sarà l’Asilo per madri nubili al Lorenteggio, dove si farà le ossa anche come direttore di cantiere e dove imparerà a rispettare le competenze pratiche delle maestranze, dalle quali ha sempre ammesso di avere appreso moltissimo.
A proposito di quel progetto, ha raccontato: "Ad ogni letto avevamo abbinato una cassettiera che fungeva da divisorio e garantiva un po’ di privacy. Il progetto era nato per la Senavra, una sorta di casa per ragazze madri a Milano, e l’aveva finanziato la signora Bonomi, benefattrice come non ne esistono più."
Finalmente, nel 1963 Cini Boeri aprirà il proprio studio di architettura in Piazza Sant'Ambrogio, nella stessa zona in cui aveva vissuto fin da bambina (suo padre era stato fabbriciere della Basilica del santo) e dove continuerà a vivere, nel palazzo progettato da Asnago e Vender nel 1948, fino all'ultimo dei suoi giorni.
Da allora i lavori di architettura e di design si susseguiranno in un ritmo sempre più intenso, prediletta dai suoi clienti e rispettata dai suoi collaboratori. Suoi interventi di residenza monofamiliare, entrati nella storia dell'architettura, oltre alla Casa Bunker, sono: la cosiddetta Casa Rotonda, del 1966-67, sempre sull'isola della Maddalena, in località Punta Cannone; la Casa nel bosco, del 1969, a Osmate, Varese, la Casa Vacanze, del 1969-72, ad Alzate Brianza; la Villa su Tre Livelli, del 1992-93, a Vigolzone, sulle colline piacentine, e da ultimo la casa detta La Sbandata, del 2003-2004, sempre sull'isola della Maddalena, in località Stagno Storto, che ha progettato all'età di ottant'anni.
Credo che La Rotonda, architettura classica e modernissima insieme, possa essere ritenuta il suo capolavoro. Attorno al patio centrale, rotondo come l'orchestra di un teatro greco antico, quello spazio circolare che là fu destinato alle danze del coro e qui è il luogo della vita collettiva degli abitanti, protetto dai venti, si sviluppa la casa in forma anulare. Essa si compone di tre camere con servizi, destinate alla famiglia e di un vasto living, tutti accessibili dal patio, mentre nel corpo a sinistra sono le stanze degli ospiti, anche queste dotate ciascuna di servizi. Il locale caldaia è ipogeo, scavato nella roccia.
La Casa nel bosco, a Osmate, presso Varese, del 1969, si trova invece immersa in un bosco di betulle prossimo al Lago Maggiore. Nel progettarne il corpo di fabbrica, Cini Boeri ha espresso tutto il suo rispetto per la natura, costruendo la casa negli spazi liberi, salvaguardando così la posizione degli alberi, in modo da evitare di abbatterli. All'interno lo spazio è aperto e la divisione fra gli ambienti è resa possibile non già da muri ma da una serie di porte scorrevoli. Ecco una dichiarazione di suo figlio Stefano fatta in un'intervista rilasciata a Class editori: “Quella casa è stata per me un'ispirazione fondamentale che mi ha portato al concept del Bosco in Verticale, così come lo sono stati il Barone rampante di Calvino e Un albero di 30 piani di Celentano."
Nella Villa su Tre Livelli, realizzata da Cini Boeri nel 1992 a Vigolzone, sulle colline piacentine, un patio sospeso sui vigneti circostanti, quasi a far loro da vedetta, collega gli ambienti di nuova costruzione a un’antica preesistenza rurale, restaurata e integrata nel progetto abitativo senza soluzione di continuità.
Progettare è una gioia ma anche un impegno, è stato il titolo della conferenza da lei tenuta al MAXXI Museo nel 2012, all'età di 88 anni. “La gioia è insita nell’atto del progettare", ha detto "nel proporre il nuovo e nel crearlo con responsabilità e passione. L’impegno corrisponde a un’etica morale e intellettuale, che dovrebbe sempre accompagnare il nostro lavoro, in tutti i suoi aspetti.”
Fin dal 1980, nel suo libro Le dimensioni umane dell’abitazione, pubblicato da Franco Angeli, aveva scritto: "Mi hanno sempre interessato le persone e i loro comportamenti. Sono una grande osservatrice, quando progetto mi piace entrare in sintonia con i committenti e comprendere le loro necessità e desideri per cercare di fornirgli la migliore soluzione possibile."
Cini Boeri ha avuto una vita professionale straordinaria, in cui ha creato anche numerosi oggetti di design divenuti famosissimi. Tra l’altro, ha vinto ben due Premi Compasso d'Oro, il primo nel 1979 con la serie Strips per Arflex, realizzata nel 1968 e ispirata al lavoro dell'artista Christo, che "aveva iniziato a impacchettare monumenti." Così ha dichiarato lei stessa. "Io un giorno provai a impacchettare un divano creando una specie di sacco a pelo trasformato in letto." Il secondo Compasso d'Oro, lo ha ottenuto nel 2011, stavolta alla carriera. Nel 2008 aveva anche vinto il Good Design Award di Chicago e, sempre nel 2011 è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Oltre che per Arflex e per Gavina, l’architetto milanese ha lavorato molto per Knoll e per Rosenthal Studio Line, progettando oggetti che ho avuto la fortuna di veder nascere e crescere, poiché i prototipi della più parte di essi, come la poltroncina Folio (1980) e lo strepitoso tavolo Prisma (1981), sono stati realizzati nella bottega di mio padre. Lì hanno anche preso vita molti degli arredi su misura da lei disegnati per le magnifiche case che ha progettato, come quelli alla fine degli anni novanta per la Casa Rotonda, che aveva da poco cambiato proprietario, così come, per il medesimo committente illuminato, erano nati a Bovisio anche i mobili per la Villa su Tre Livelli, del 1992-93, situata sulle colline piacentine. Sempre lì erano già stati prodotti anche quelli da lei progettati nel 1986-88 per l'appartamento al 56 piano della Trump Tower di New York. Nell'articolo che Doppiozero ha dedicato al suo tavolo da lavoro nel 2013 (si legga qui) è ben visibile la piccola e bellissima libreria girevole da tavolo da lei progettata nel 1986 per la ristretta e raffinatissima produzione di Pierluigi Ghianda.
Un anno dopo, Cini Boeri creerà un must del design, la sedia Ghost per Fiamm Italia, ricavata da un'unica lastra di vetro, dello spessore di 12 millimetri, tagliata e curvata per generare la seduta, i braccioli e lo schienale, un oggetto prezioso, imparentato anche all'arte, quasi una scultura più che un semplice pezzo di design.
Questo breve elenco annovera solo un numero molto limitato degli oggetti da lei progettati nella sua lunga carriera, molti esposti in permanenza al MoMA di New York, al MAD di Parigi e al Triennale Design Museum di Milano.
Ma Cini Boeri ha curato pure allestimenti museali, oltre a quelli di uffici e di negozi, come, ad esempio, gli showroom di Knoll International a Parigi (1976), in Germania, in Italia e in California, o il negozio di Venini in Piazza san Marco a Venezia (1992), tanto per citarne soltanto qualcuno. Si è anche occupata di didattica, tenendo lezioni e conferenze in molte università: a Berkeley, Barcellona, San Paolo, Rio De Janeiro, Detroit, Los Angeles, in Svizzera e in alcune città tedesche, inoltre, dal 1981 al 1983, ha insegnato Progettazione architettonica e Disegno industriale al Politecnico di Milano, nella stessa scuola dove si era formata.
Lo scorso nove settembre, all'età di novantasei anni, questa donna eccezionale e generosa, maestra dell'architettura e del design ci ha lasciato. A poche ore dalla sua scomparsa, così ha raccontato di lei suo figlio Stefano:
“Fino a un anno fa andava in studio la mattina, tutti i giorni. Il lavoro era la sua vita, la teneva in piedi, la stimolava. Anche negli ultimi mesi, nonostante la fatica, continuava a progettare e disegnare, anche con le mani, è sempre stata una disegnatrice di forme, mia mamma.”
Grazie, Cini!