L'Expo e il giubileo
L'Expo e il Giubileo non sono la stessa cosa, anzi. L'Expo (o esposizione internazionale) è un evento promozionale a carattere economico-politico, costituito allo scopo di mettere in vetrina alcuni aspetti culturali, scientifici e tecnologici raggiunti dall'epoca che tale esposizione organizza, finanzia e presenta. Si svolge a partire dal 1851 in luoghi diversi, assegnati in virtù di una specie di concorso. L'esposizione del 2015 si è svolta a Milano e ha celebrato questioni di nutrizione e alimentazione.
Il giubileo è invece un evento religioso, concernente la comunità dei credenti della chiesa cattolica coi suoi funzionari, che si svolge dal 1300 sempre nello stesso posto, a Roma, cui non partecipano rappresentanze di diversi paesi e che poco ha a che fare con la società civile e la democrazia secolare. È un'occasione di pellegrinaggio nel luogo santo di una religione monoteista (la cattolica «romana», appunto) e serve a purificare l'anima dai peccati. È una festa anche, ma di questo in seguito.
Date tali eclatanti diversità delle due realtà, non si capisce bene in base a che cosa alcuni politici italiani propongano audaci paralleli tra i due eventi, se non forse col fatto che si recheranno a Roma molti milioni di persone (che non pagheranno il biglietto per entrare), come molti milioni di persone si sono recate a Milano pagando fior di soldi per il biglietto di ingresso a Expo. Forse l'appello alla gestione virtuosa si riferisce all'ordine pubblico, che a Milano è stato garantito in maniera ineccepibile, immagino dalle forze debitamente incaricate e pagate dallo stato italiano. A Roma pure, mi auguro, dove stato e comune e altri organi istituzionali si incaricheranno, per mantenere ordine e sicurezza, di pagare le forze di polizia regolari e supplementari, nonché quelle della marina, dell'esercito, dei Nocs e dei carabinieri. A chi tocca stanziare i denari per pagarli? E per costruire quantità esorbitanti di bagni pubblici per i bisogni dei pellegrini? Per mettere a posto i giardinetti dove i pellegrini si riposeranno per non spendere denaro nei bar? per ripulire la città dalle tonnellate di rifiuti e cartacce che i pellegrini maleducati getteranno in strada? E che cosa significa che il governo di uno stato laico stanzia un miliardo «per il giubileo»? «Hop hop sbrigatevi, fate in fretta» esclamano battendo le manine poco avvezze al lavoro i monsignori, rivolgendosi alle autorità italiane. E gli amministratori pubblici lì a correre per «fare come all'Expo», come se fosse compito dello stato laico far funzionare la macchina giubilare. E ora, che cos'è un giubileo?
Non trovo parole migliori per spiegarlo che quelle del grande studioso Harald Weinrich, dal suo mirabile saggio Lete. Arte e critica dell'oblio (il Mulino 1999). Scriveva Weinrich:
«La tradizione ebraica rispetto all'anno giubilare viene accuratamente descritta nel terzo libro di Mosè (Levitico), con intenzioni legislative. In primo luogo vi si stabilisce che, in analogia col ciclo di sette giorni della settimana, col Sabbat come giorno di festa e di riposo, si fissi un analogo ciclo degli anni, col settimo anno che sia anno sabbatico, di festa e di riposo per tutto il popolo. Un anno di festa ancora maggiore va celebrato quando siano trascorsi 7x7=49 anni. Sarà il cinquantesimo anno, nel quale risuonerà il corno liturgico, anno che potrà essere chiamato anno del corno di montone ossia anno giubilare o giubileo.
L'anno giubilare è un anno eccezionale nella vita di ogni singolo ebreo e della comunità religiosa ebraica perché in quell'anno vengono rimessi i debiti ancora vigenti, come già accade – in misura minore – ogni sette anni. Viene infatti chiamato dai teologi anche annus remissionis, anno della remissione. «Remissione» dei debiti che non vale solo per oggetti presi in prestito ma anche per persone prigioniere per debiti (servitù per debiti).
Se quindi l'anno giubilare, come viene descritto e come vale per tutte le festività ebraiche, è un anno di commemorazione e di memoria, collegato attraverso la simbologia del sette alla creazione del mondo e all'istituzione del Sabbat come giorno di riposo e di festa, esso vale anche, nella sua elaborazione interna, come un anno di oblio. La «remissione» dei debiti e dell'obbligo di pagamento è infatti un atto di oblio prescritto da Dio e annunciato da Mosè all'intero popolo. Per il periodo di quest'anno verrà dimenticata ogni «alienazione», per usare un vocabolo marxiano: veramente un motivo per festeggiare.
Motivo per festeggiare che neppure i cristiani in seguito si lasciarono sfuggire. Dopo che già Isidoro di Siviglia aveva fatto menzione dell'anno giubilare (annus iubilaeus) del calendario ebraico, solo per vedere nella remissione dei debiti ad esso collegata una prefigurazione allegorica della remissione dei peccati nel riposo eterno in Dio (requies aeterna), nel 1300 il papa Bonifacio VIII introdusse per l'intera cristianità un anno di festa, che da allora si chiama anno santo e viene festeggiato a intervalli di tempo variabili ogni 100, 50, 33 o 25 anni. Da quel tempo in avanti l'anno santo è un anno in cui si va in pellegrinaggio a Roma più che in altri per ricevere, in questa occasione, un'indulgenza plenaria, anche questo un atto di oblio, ovvero di tutte le pene inflitte da Dio per i peccati degli uomini. Dante fu uno dei pellegrini del primo anno santo e fu in ricordo di questa grande festa dell'oblio che, nella Commedia, collocò il suo pellegrinaggio nel regno dei morti nell'anno 1300».
Un grande festeggiamento in onore dell'oblio, della dimenticanza o perdono/condono dei peccati e/o dei debiti, ecco che cos'è il giubileo, ed ecco che ora tutto diventa più chiaro, anche il collegamento con Expo. L'Expo e il giubileo hanno in comune il fatto di essere grandi eventi economici. Non commerciali perché non sono fiere, nel senso che direttamente non vi si vende nulla. Indirettamente però molto, tra pranzi e pernottamenti per esempio, che a Milano andavano a vantaggio di albergatori e ristoratori, mentre a Roma andranno in buona parte a vantaggio degli alloggi e delle mense della chiesa, che non pagano l'IMU ma saranno pagati dai pellegrini giunti a Roma sulle ali non degli angeli ma degli aerei, anche di quelli delle compagnie legate al Vaticano.
Ma questi sono discorsi banali, legati al piano basso e materiale della realtà. Andiamo un po' a curiosare nei piani alti dell'astrazione a livello simbolico, analogico e metaforico. Lì già Isidoro - che era anche santo oltre che un grande erudito universale, e che la chiesa cattolica, con un colpo di genio, ha proclamato santo protettore di Internet – si era accorto del fatto che c'era qualche cosa di profondo in quel rapporto analogico tra debiti e peccati, che passava per il fatto di essere entrambi colpe, soggette però, possibilmente, a remissio, sorta di condono e/o perdono. Del resto anche la preghiera economica per eccellenza della cristianità, il Padre Nostro, lo rivela esplicitamente. Derogando dal principio cristico di dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare, il papa Giovanni Paolo II, santo subito, nella lettera apostolica inviata in preparazione al giubileo dell'anno 2000 si espresse per il condono del debito internazionale. Che cosa si chiederà di condonare/perdonare in questo giubileo straordinario? Ci auguriamo che la chiesa non vada ancora una volta a invadere l'ambito di Cesare, e nel dirlo ci auguriamo anche che ai pellegrini venga risparmiato il grave peccato dell'Expo, ovvero le sue terribili code.