Un uomo onesto 

12 Settembre 2024

Abbiamo sentito o letto in tanti la dichiarazione del 6 settembre 2024 della presidentessa del consiglio Giorgia Meloni sul ministro (ora ex) Gennaro Sangiuliano: «Un uomo onesto, prendo atto». Chissà a quanta gente è venuta in mente, come a me, la Ballata dell’amor cieco, o della vanità di Fabrizio D’Andre, un pezzo del 1965 (sic), che iniziava così:

Un uomo onesto, un uomo probo
tralalalallatralallalero
s'innamorò perdutamente
d'una che non lo amava niente.

A sentire le reazioni ironiche di Maria Rosaria Boccia su quella che Gennaro Sangiuliano aveva definito una «relazione» sembra che le cose siano andate proprio così come canta la ballata: lui si era innamorato perdutamente ma lei non lo amava niente. Le analogie finiscono qui. 

Per il resto della ballata, e per amore di completezza, rimando a questo video:

 

Mentre il testo completo lo si può trovare qui.

Le analogie, dicevo, finiscono alla prima strofa. Ma l’uomo era davvero onesto? E che cos’è l’onesta? E qui finisce la parte musicale e inizia la parte teorica, sulla scorta del mio libro Onestà uscito ormai dieci anni fa presso l’editore Cortina, tema su cui già scrissi su Doppiozero nel giugno del 2014 e dicembre 2016, il che testimonia del suo intramontabile interesse. 

Il senso ristretto e il senso esteso dell’onestà

Ora, noi oggi attribuiamo prevalentemente all'onestà l'aspetto commerciale: essere onesto vuol dire non imbrogliare, non impadronirsi del denaro altrui. Onesto, pensiamo infatti noi di un uomo politico, di un professionista, di un commerciante, di un banchiere o di una guardia di finanza, come di molti altri svariati mestieri, professioni e ruoli sociali, è «chi non ruba»; onesto è chi non corrompe e non si lascia corrompere nell'ambito della politica, delle transazioni commerciali e della guerra, come pure della medicina e della pubblicità. Onestà è astenersi dalla sottrazione di denaro, dalla frode e dalla corruzione: l'onestà è per noi oggi una virtù morale – crediamo di poter continuare a definirla così – legata al mondo del denaro.

In realtà limitare i sensi di onestà e di onesto a questo ambito è far torto a un concetto polisemico e sfaccettato quanto ricco di significati. E tuttavia è vero che gran parte di tali significati si sono persi per strada, spogliando il concetto stesso della sua ricchezza e riducendolo a un nocciolo di senso esclusivamente economico; anche all'onestà è toccata infatti la sorte che accompagna molti aspetti della vita contemporanea, dominati idealmente e anche linguisticamente dall'idea del mondo-come-mercato. Non stupisce quindi che in questo mondo malato, per riprendere il titolo di un fortunato libro di Tony Judt, anche il concetto di onestà abbia visto il suo significato spostarsi sempre più verso la sfera dell'economico. 

Non lasciamoci condizionare dall'uso comune odierno: l'onestà non è un concetto soltanto economico, non lo è stato di certo in passato, non lo è nemmeno oggi: molto più ricchi di senso sono il sostantivo onestà, l'aggettivo onesto e l'avverbio onestamente, sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista concettuale.

In particolare ci preme sottolineare l'insieme di alcuni requisiti: non mentire, non ingannare, non nascondere o omettere informazioni, non rubare, non frodare e non corrompere, che compongono il senso esteso della nozione di onestà ai nostri giorni. Definiamo invece senso ristretto dell'onestà quello che limita la nozione all’aspetto economico dell'evitare furto, evitare imbroglio, corruzione e concussione, dilazione dei pagamenti ecc. Entrambe le accezioni sono presenti nel linguaggio e nell’uso comune. Non è sufficiente non rubare, e nemmeno evitare imbroglio, corruzione e concussione o dilazione dei pagamenti per essere un uomo onesto. 

Un uomo onesto. E la donna onesta? 

E già che ci siamo, e dal momento che l’espressione usata dalla presidentessa Meloni non dice di Sangiuliano: «è una persona onesta, ma proprio «è un uomo onesto», non possiamo non soffermarci sulla differenza sessuale dell’aggettivo onesto. 

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Per quanto riguarda le donne tutte, il fatto che mantengano o no la parola data, infrangano o meno le promesse, siano oneste nel senso esteso o nel senso ristretto del termine, mentano, omettano informazioni, rubino, corrompano o imbroglino, nulla importa alla tradizione morale che ha di poco preceduto i nostri giorni bizzarri, dove questi contorni sembrano svanire nella teoria, per poi permanere solidamente nella pratica. Per tali mentalità questi comportamenti non investono la sfera della moralità femminile perché le donne non hanno sentore di quel tipo di virtù, l'onestà con tutti i suoi correlati, che non compete e non interessa il loro sesso. L'onesta condotta delle femmine consiste sempre e solo nella loro purezza, dal momento che la virtù delle donne, il loro onore, la loro onestà, sono stati fino a pochissimo tempo fa unicamente di natura sessuale: la donna virtuosa, la donna onesta non ha da essere leale e coraggiosa, audace e sincera (non saprebbe nemmeno esserlo, queste capacità le sono precluse) ma unicamente casta e fedele al marito. Potrebbe persino diventare una eroina dell’onestà come Lucrezia (l’onesta moglie di Collatino), o magari come Pamela/Elisa di Rivombrosa, o forse persino come quella povera bambina di nome Maria Goretti, onesta fino a immolarsi in nome della purezza.

L’uomo no, dicevamo. Forse la presidentessa del consiglio aveva in mente proprio questo pensiero, non confessato perché, diciamocelo, inconfessabile. Sangiuliano è un uomo onesto perché per un uomo tradire la moglie invaghendosi della bionda e prosperosa consulente non è grave, non è disonestà. E infatti la moglie è lì pronta a perdonare e a ribadire la fedeltà al marito ritirandosi con lui in un chiostro per ritrovare l’amore perduto nonostante la storiaccia. Perché lei sì è fino in fondo «una donna onesta», fedele persino nell’infedeltà e nella disgrazia. 

Tutto ciò rafforza il fronte di coloro che sostengono la tesi del complotto: esistono forze politiche che tramano contro il governo per indebolirlo e che si sono servite di Boccia per intaccare la posizione di un uomo onesto, vittima di atroci raggiri alle sue spalle. 

Onestà: valore assoluto o relativo?

Ci chiediamo ora se l'onestà sia un valore assoluto o relativo, come e per chi. Un aiuto a rispondere potrebbe forse giungere dall'introduzione del distinguo tra onestà come intenzione e onestà come azione. Sani motivi, ottime ragioni e buone intenzioni lastricano la strada dell'ideale del comportamento, dell'intenzione dunque, la quale si troverebbe a cambiare l'azione in rapporto a nuove circostanze materiali. Ma questo conduce a dire che allora nessun ideale morale può essere assunto a guida del comportamento, non l'onestà, né l'amore, il rispetto, la giustizia, per esempio, e nemmeno la verità. Ma che ideale è un ideale che deve essere rinegoziato ogni volta che spuntano circostanze critiche? Se modifiche e accomodamenti di accordi stipulati diventano pratiche socialmente accettate, ciò non fa che indebolire la continuità e la stabilità che le società politiche ed economiche raggiungono proprio attraverso contratti e promesse, e attraverso l'onestà come definizione dell'atteggiamento di chi tali impegni assolve. 

C'è da chiedersi se la società è dunque davvero così debole da aver bisogno di menzogne che esaltino la disonestà. E se sia educativo dare dell’«uomo onesto» a chi cela e occulta e approfitta del potere per illudere chi probabilmente non amava niente lui, ma tanto le sue nomine a incarichi lucrosi e di prestigio. Non è invece preferibile una società politica ed economica nella quale la disonestà – intesa nel senso di non rispettare i patti e non assolvere gli impegni contrattuali – sia una rarità, un'eccezione che si verifica in circostanze assolutamente straordinarie? Non è preferibile una società in cui l'onestà sia la regola e la disonestà l'eccezione?

Nonostante i dubbi che ci siamo posti e le condizioni che abbiamo evocato e discusso, pensiamo che sia il caso di continuare a insegnare ai bambini, soprattutto con esempi di comportamenti pratici piuttosto che a parole, che l'onestà è una virtù e pure un piacere, che se è bene in generale rispettare i contratti e mantenere gli impegni, non è bene, anzi è disonesto mentire e nascondere dati e informazioni, e anche concedere favori, o pagare viaggi e soggiorni alle proprie «relazioni», ricambiate o meno.

Per tornare alla ballata, le analogie, ripeto, finiscono subito dopo la prima strofa; nessuno ha richiesto all’ex-ministro di strappare il cuore alla mamma e nemmeno di tagliarsi le vene, e l’epilogo non è la tragica perdita della vita ma soltanto la banale dimissione da un ministero, anche se estremamente ambito. Né la storia vera si conclude con un finale dolce per lui, «contento e innamorato» e amaro per lei cui «nulla era restato». In realtà il finale è amaro per tutti, eccetto per chi entra a gamba tesa nel ministero lasciato libero dall’«uomo onesto». 

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