Maturità 2013: tracce di contraddizione
Il video del ministro che in diretta legge una password di 25 cifre per accedere alle prove di maturità, postato dai principali quotidiani nazionali in rete, è davvero un interessante indizio, una spia dell'esistenza, di quanto sia surreale il rumore che si fa attorno alla scuola. Per quel che ne sono io, che ho ritirato, fotocopiato e distribuito le prime prove di lettere questa stamattina, la password arriva altrimenti, ogni scuola ha almeno due addetti di segreteria che sono stati addestrati con simulazioni per questo momento.
Poi, che le tracce dell'esame di prima prova scritta siano attese alla stregua di un oracolo è un mistero che continuo a non spiegarmi: sarà che chi non lavora nella scuola e ne parla senza saperne più niente ha bisogno di mitizzare momenti come questo, per ricordare la sua esperienza e per sociologizzare sulla base del proprio osservatorio?
Le tracce ancora in questo momento sono disponibili in versioni illeggibili, sfocate e mal scannerizzate (ecco, amici di «Repubblica», perché le mettete visto che tanto non si legge niente? In ogni caso avete sbagliato l'ordine della pagine). Nessun pronostico si è realizzato, altra pratica rituale esorcistica intensamente vissuta ogni anno.
Per l'analisi del testo è stato proposto un brano di Claudio Magris, da «L’infinito viaggiare», una scelta inconsueta si sta dicendo, che mette la frontiera da attraversare come fuoco della riflessione. Per il saggio o articolo di giornale artistico letterario il titolo è «L’individuo e la società di massa», con citazioni di Pasolini, Canetti, Montale, Bodei e immagini di Guttuso e Warhol; per l'ambito scientifico «La ricerca deve scommettere sul cervello» con riferimenti alle ricerche più avanzate e alla convergenza tra psicologia, biologia e neuroscienze e citazioni di ricercatori e studiosi, tra cui Boncinelli.
In ambito socio-economico, la traccia «Stato, mercato e democrazia», con testi di Krugman, Zingales, Pirani invita a mettere a fuoco l'economia mondiale sullo sfondo della globalizzazione e dell'integrazione ma anche della crisi.
Per il saggio storico-politico brani di studiosi (Villari, Procacci, Salvadori) sono dedicati all'omicidio politico: Francesco Ferdinando, 1914, Sarajevo; Giacomo Matteotti, 1924, Roma; J.F. Kennedy, 1963, Dallas; Aldo Moro, 1978, Roma.
Il tema storico chiede di esaminare lo sviluppo di paesi “emergenti”, i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), con riferimenti alle vicende storiche di due stati nel XX secolo; quello di ordine generale, con un brano del fisico olistico Fritjof Capra invita a riflettere sulla «rete della vita», non come ordine di distruzione e competizione ma come sistema interrelato di cooperazione e coevoluzione.
Le tracce sono belle e interessanti e, lette isolate dal contesto, testimoniano a favore di una scuola che parla dell'oggi e del mondo contemporaneo, che chiede di riflettere e che forma cittadini e cittadine pensanti con gli occhi aperti, buoni lettori con interessi di ampio respiro. Non riesco a trattenere un certo disappunto perché poco di tutto questo risulta nei contenuti che realmente riescono a essere svolti a scuole. Benché non siano assenti nelle Indicazioni ministeriali dei programmi, nel precipitato della realtà quotidiana, a fronte di un numero sempre più alto di studenti e di riduzioni di ore curriculari, si finisce per praticare un canone che, quanto meno cronologicamente, si ferma ben prima ed è focalizzato su altre priorità e paradigmi, anacronistici e passatisti.
Dunque, per i nostri studenti i temi risultano «belli e impossibili», come si legge già un po' dappertutto, astrusi e difficili, a meno che la disposizione personale dello studente o le divagazioni del professore open minded e attualizzante non abbiano creato le condizioni per svolgere il lavoro.
In altri termini, esiste una scuola che si vuole aperta e ragionante mentre le sue logiche profonde funzionano altrimenti. Ma la scuola aperta e ragionante è quella che vive attraverso i docenti e la loro quotidiana mediazione tra la policy istituzionale e l'applicazione alla didattica quotidiana.
Il disappunto finisce per diventare acredine se ragioniamo sul fatto che ancora non si vedono spiragli di cambiamento rispetto alla situazione critica in cui versa la scuola da tempo. L'immaginario edificante che splende nelle nostre tracce di maturità mal si concilia con la realtà dei nuovi tagli che diversi uffici di una stessa istituzione stanno facendo nel personale docente: solo per fare esempi nelle cattedre a venti ore per l'anno venturo che stanno uscendo in barba ai contratti nazionali, nell'eliminazione del sostegno che verrà sostituito con qualcos'altro (che ricadrà sui docenti), nel mancato finanziamento dei progetti di innovazione didattica per pagare scatti di anzianità e arretrati o per dematerializzare la burocrazia, cosa che avviene un po' ovunque per far quadrare i conti.