Gian Butturini: un fotografo nel Cile di Allende
A cinquant’anni dal golpe militare in Cile – avvenuto l’11 settembre 1973 – l’Associazione Gian Butturini ha ristampato in edizione speciale il libro Cile. Brigada Ramona Parra (€ 29, ordinabile tramite l’Associazione Gian Butturini) con le foto storiche scattate da Gian Butturini (1935-2006) nella primavera del 1972 e il testo dell’allora notissimo critico d’arte Mario De Micheli, accompagnato da scritti di Carlos Vassallo, all’epoca ambasciatore del Cile in Italia, e di Guido Vicario, inviato del quotidiano “l’Unità” in Cile, il quale, assieme alla moglie, fu arrestato dopo il golpe cileno, per poi essere insignito, nel 1999, dell’Ordine Bernardo O’Higgins dedicato agli autori stranieri che si erano maggiormente impegnati per la causa cilena. Questo libro di Butturini sul Cile sarà presentato al festival letterario Librixia (Brescia), venerdì 29 settembre alle 15; e poi domenica 5 novembre 2023 alle ore 17.00 durante la Rassegna della MicroEditoria, Villa Mazzotti a Chiari (Brescia).
Gian Butturini (fotografo, ma anche grafico, regista di film e documentari, attivista culturale e politico) aveva voluto pubblicare questo libro già nel 1973, subito dopo il colpo di stato, come un omaggio alla lotta del popolo cileno e come una testimonianza dell’entusiastico sostegno giovanile nei confronti del governo di Allende. Si tratta di una testimonianza preziosa e d’importanza storica, che ci ricorda un periodo ormai lontano, quando tutto il popolo della sinistra italiana, e non solo, vedeva nel governo di Unidad Popular di Salvador Allende un simbolo verso quella via democratica al socialismo, rispettosa del Parlamento e della Costituzione, a cui quindi guardare come a un esempio carico di speranza.
Ma che cosa era questa Brigada Ramona Parra e perché è così significativa tanto da dedicarle un libro? Il nome era stato scelto come un omaggio a Ramona Parra, giovane comunista uccisa nel 1946 durante una manifestazione degli operai del salnitro a Santiago. Divenuta un simbolo delle lotte dei lavoratori cileni, Pablo Neruda le dedicherà anche alcuni versi nella poesia Los Llamo: «Ramona Parra, fragile eroina / (…) giuriamo in tuo nome di continuare questa lotta / affinché fiorisca il tuo sangue versato». Quasi volessero raccogliere il messaggio di Neruda e “continuare la lotta”, moltissimi giovani comunisti, già dal 1969, iniziarono a girare ovunque nel Paese per realizzare grandi scritte politiche e murales dai colori accesi: un modo, il loro, per sostenere sia la revolución sia il presidente Allende. Spesso erano studenti o ex studenti di Belle Arti che, suddivisi in varie squadre di lavoro e armati di tute, caschi da operai, grandi lattine di colore e soprattutto pennelli, firmavano le loro opere con l’acronimo BRP o con il loro simbolo: un pugno chiuso da cui sporgeva un grosso pennello da imbianchino. La presenza delle loro scritte e dei loro dipinti era così pervasiva in tutto il Cile che era impossibile non notarla. «Le grandi figure e scritte rosse, blu, nere ti accompagnavano ovunque, al centro come nei quartieri popolari della periferia: braccia chiuse a pugno che stringevano l’asta della bandiera nazionale, volti di donne, di giovani, gruppi di lavoratori, simboli stilizzati quasi astratti della rivoluzione e della fatica umana. Il loro era un messaggio chiaro, una comunicazione del nuovo che urgeva, incalzava nella città, nel paese, tra la gente» – scrive Guido Vicario nel libro.
Dopo il suo entusiastico viaggio (1970) nella Cuba di Fidel Castro, Gian Butturini arriva in Cile nella primavera del 1972, e immediata è la sua partecipazione alla causa rivoluzionaria e socialista del Cile. Così, si dedica a percorrere il Paese, tra fabbriche e villaggi rurali, tra operai, contadini poveri e mercati del pesce. Nei suoi viaggi incontra anche Alejandro “Mono” González, fondatore della Brigada nel 1969, il quale gli dice: «Fotografa quello che stiamo facendo e la nostra lotta, poi raccontala e mostrala in Italia». Un’Italia che – come racconta bene Nanni Moretti nel suo film-documentario Santiago, Italia (2018) – saprà rispondere con grande solidarietà alle drammatiche vicende cilene, sia durante il golpe (grazie al coraggio dei responsabili dell’Ambasciata italiana a Santiago che accolgono molti perseguitati), sia nei confronti dei tanti che saranno presto costretti a fuggire dalla loro patria.
Butturini, sempre schierato dalla parte degli oppressi, accoglie immediatamente la richiesta di “Mono”: lo ritrae e si mobilita. Stringe amicizia con i giovani di uno dei tantissimi gruppi della Brigada Ramona Parra, la quale, prima del golpe militare, era divisa in quasi centocinquanta squadre, operanti in tutto il Paese. Sale sui loro camion scassati, fotografa questi ragazzi in viaggio e al lavoro, mentre dipingono o scherzano imbrattati di colori. Le sue immagini sono vivide, vitali come un’incalzante narrazione visiva. Paiono simili a frame di un video che segue le azioni dei giovani muralisti e le loro giornate, momento dopo momento. Non c’è una sua sola fotografia in cui qualcuno si mostri in pose costruite. Lui scatta con naturalezza, in stretta relazione reciproca con chi ritrae. Quello che conta per Butturini non è la bella inquadratura, ma il rapporto umano, la realtà in cui la gente vive e che egli stesso vive, grazie alla sua straordinaria capacità di immergersi ovunque, anima e corpo, nelle situazioni umane e politiche che incontra.
In altre parole, Butturini non fotografa la realtà “da fuori”, con lo sguardo di un estraneo, perché vi fa talmente parte da abbandonare a volte la macchina fotografica per aiutare con le sue stesse braccia questi ragazzi pieni di speranze. Con loro dipinge, scherza e condivide le loro faticose giornate. Certo il nostro autore, da bravo fotoreporter, non fotografa solo questi giovani in azione. Soprattutto nella parte finale del libro, mostra anche le loro opere, come ad esempio le scritte che avevano dipinto davanti alle famose fabbriche di rame e alle raffinerie di salnitro. Quelle raffinerie – ricordiamolo – che Allende voleva nazionalizzare opponendosi agli interessi dei grandi proprietari e delle multinazionali USA; spiccava tra queste il gigante delle telecomunicazioni International Telephone & Telegraph (ITT), soprannominato dai militanti cileni “Imperialismo, Tradimento e Terrore”. Si trattava in effetti di una multinazionale dalle molteplici diramazioni che – come evidenzia il sociologo Evgeny Morozov (“Le Monde diplomatique” agosto 2023) – reagisce con decisione di fronte all’eventualità una nazionalizzazione che avrebbe minato i suoi extra profitti, ottenuti anche grazie a società fittizie. Sarà infatti la ITT a condurre una grande battaglia a Washington, suggerendo al segretario di Stato Henry Kissinger numerose ed efficaci misure per destabilizzare il governo di Unidad Popular. Inoltre, come risulta anche dai documenti desecretati dalla CIA nel 2000, l’ITT aiuterà finanziariamente gli oppositori del governo per preparare il colpo di stato militare (e non a caso, dopo il golpe, eccola regalare a Pinochet 125 milioni di dollari come ringraziamento!).
Butturini, ovviamente, fotografa anche i possenti dipinti ipercolorati a campiture piatte della Brigada. Si tratta di murales che, in assenza di una tradizione pittorica locale, un po’ ricordano quelli dei grandi muralisti messicani Orozco e Siquieiros, ma anche traggono ispirazione dalla forza emblematica dei quadri di Fernand Léger e della grafica cubana anni ’70. Quella della Brigada Ramona Parra è una revolución en los muros, un modo per comunicare a tutti, anche a chi non sa leggere, a chi non può permettersi di comprare libri o giornali. Giornali che, per altro, come nel caso dell’importante quotidiano “El Mercurio” – finanziato direttamente dalla CIA su suggerimento dell’ITT – erano impegnati a impaurire il ceto medio e la piccola borghesia sui rischi di un governo che, non solo li avrebbe impoveriti, ma anche depredati dei loro beni. A questo scopo, come racconta Jesús Manuel Martínez (Salvador Allende. L’uomo, il politico, Castelvecchi, Roma, 2019), in molte case dei quartieri borghesi venne addirittura diffuso, al puro scopo di generare paura, un «modulo di censimento popolare dei beni e delle abitazioni, nel quale un immaginario organismo per la riforma urbana dell’Unità Popolare chiedeva se i padroni di casa erano disposti a ospitare famiglie di senzatetto in qualità di coinquilini permanenti».
Ma torniamo al libro di Butturini e al suo valore di testimonianza. Il critico e storico dell’arte Mario De Micheli (che firma il libro assieme a Gian Butturini) definisce l’immane e capillare lavoro della Brigada «una vicenda esaltante» e la loro opera «pittura d’intervento, pittura d’agitazione, pittura d’emergenza». Peccato che tutti i loro dipinti e le loro scritte, con l’arrivo di Pinochet, saranno cancellati dall’operación limpieza per un forzato ritorno alla “normalizzazione”. Incarcerati, uccisi, perseguitati, costretti alla fuga dopo il golpe militare, delle opere e dell’impegno tenace di questi giovani attivisti rimangono per fortuna le fotografie di Gian Butturini a testimoniare il loro lavoro e il loro sincero slancio politico in nome della giustizia e della revolución. Immagini che, proprio per questo, assumono oggi un valore storico di grande importanza e sottolineano, ancora una volta, come le fotografie possano costituire una testimonianza imprescindibile, uno strumento per conoscere meglio una data realtà, purché gli autori di tali fotografie siano capaci di assumere una chiara e adeguata posizione.
Fotografo indipendente, Gian Butturini (come pure, ricordiamolo, il suo grande amico Mario Dondero) proponeva i suoi servizi fotografici solo a riviste e quotidiani che sapeva affini politicamente: giustamente, era infatti convinto che le fotografie, nella loro intrinseca ambiguità, potevano venire travisate oppure usate per veicolare messaggi politici antitetici rispetto alle intenzioni del fotografo. Ma c’è di più. Diversamente da Dondero, Gian Butturini – in quanto grafico e non solo fotografo – credeva fermamente nell’importanza dell’opera-libro per la libertà e le possibilità comunicative che quest’ultima offriva. Come aveva già ampiamente dimostrato con l’opera London (1969), per lui fare un libro non significava solo impaginare in bell’ordine le sue fotografie e accompagnarle da un testo critico o politico. Tanto per dare l’idea, quando Martin Parr, fotografo di fama internazionale ma soprattutto grandissimo collezionista di libri fotografici, vide per la prima volta il libro London, ne fu subito conquistato. «Con la sua grafica forte e le immagini sgranate mi fu ampiamente chiaro che avevo per le mani un gioiello trascurato» – scrive Parr non appena scoprì il libro. Mai ripetitivo, Gian Butturini, nel libro Cile, Brigada Ramona Parra, compie un’operazione diversa da London ma a sua volta efficace: non interviene più sulle sue fotografie con ingrandimenti di dettagli o inserimenti grafici, ma costruisce un montaggio serrato in cui le sue immagini sono alternate o accostate a scritte a mano, a documenti, fumetti, murales.
«Il vero montaggio si basa sul documento» – scriveva Walter Benjamin. E Butturini, in questo libro, intreccia documenti fotografici e scritti, fino a creare un’opera di grande potenza visiva e di deciso impatto politico. Le fotografie, per lui, non sono qualcosa da valorizzare nella loro intrinseca qualità, ma parti di un’opera stratificata che si trasforma in una presa di posizione politica. Così, accosta ad alcune sue immagini lettere scritte a mano su fondo nero, come quella di “Mono” che invita l’amigo Gian a far conoscere in Italia la causa cilena; poi aggiunge uno scritto di Victor Jara, importante autore della Nueva Canción Chilena, torturato e assassinato cinque giorni dopo il golpe di Pinochet. Non contento, inserisce, così come li trova in spagnolo, parti dei programmi politici della sinistra cilena (come Para el 7 congreso o Unidos para Estudiar), ma anche copertine di riviste impegnate, fumetti satirici e corrosivi, manifesti. Il tutto presentato come un insieme disposto in modo eterogeneo e proteiforme che spiazza l’osservatore e lo coinvolge. Il suo libro non è quindi solo un omaggio alla revolución en los muros, ma si rivela a sua volta una revolución, un gioco sovversivo, militante. Come sanno fare i giovani della Brigada Ramona Parra, riesce infatti a fondere e a far dialogare tra loro scritte e immagini, fino a creare un’opera dove l’anelito di libertà e giustizia del movimento rivoluzionario cileno segna e movimenta ogni pagina. Il suo intento è di non lasciare muto quello che avviene nella realtà e nella storia, ma di portarlo alla nostra attenzione grazie a una polifonia di linguaggi, dove il valore documentario delle immagini, accostate a una molteplicità di altri media, si trasforma in un’esperienza raccontabile, trasmissibile, significativa, simbolica di un preciso momento storico.