Domani, al Circolo dei lettori di Torino / Gratitudine. Un'antologia
Domani sera alle ore 18 al Circolo dei Lettori di Torino il terzo dei nostri incontri dedicati ai Sentimenti positivi: Anna Stefi parlerà di gratitudine.
“nulla di bello e amabile viene agli uomini senza le Cariti”, dice Teocrito.
Ma come erano venute le Cariti agli uomini? Come tre pietre grezze cadute dal cielo, a Orcomeno. Solo in epoca tarda furono poste statue in figura di donne accanto a quelle pietre. Ciò che cade dal cielo è l’innominabile, per sempre. Eppure l’uomo deve sempre conquistarsi quelle pietre, o fanciulle dalle belle trecce, se vuole che i suoi canti siano “colmi del respiro delle Cariti”. Come fare? Dalle Chàrites si passa alla chàris, dalle Grazie alla grazia. E quale sia il rapporto con essa ci indica Plutarco: “Gli antichi, Protogene, chiamarono chàris lo spontaneo consenso della femmina al maschio”. Le grazia, dunque l’inconquistabile, si dà soltanto a chi tenta di conquistarla con l’assedio erotico, pur sapendo che non potrà mai entrare nella cittadella se la cittadella non si aprirà, con grazia, a lui.
R. Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia, Adelphi, p. 120
né saprei dire se è più vergognoso negare un beneficio o chiederne il contraccambio, perché il beneficio appartiene a quel genere di crediti di cui dobbiamo recuperare solo quello che viene restituito spontaneamente […] se sono colpevoli quelle persone che non mostrano alcuna riconoscenza neppure con la semplice ammissione di essere in debito, colpevoli lo siamo anche noi. Perché se è vero che troviamo molte persone ingrate, ne rendiamo tali un numero ancora maggiore: infatti, o siamo veramente insopportabili nel rinfacciare i nostri benefici e nell’esigerne il contraccambio, o volubili e subito pronti a pentirci del nostro dono, o infine ci lamentiamo e condanniamo il minimo tentennamento; avveleniamo insomma ogni senso di riconoscenza non solo dopo che abbiamo fatto un beneficio, ma anche mentre lo facciamo.
Seneca, Sui benefici, Laterza, pag. 4.
Ma la semplice gratitudine è tutta relativa ad altrui, laddove l'amore passione, benché sembri, non è tale, ma è fondata sommamente nell'amor proprio, giacché si ama quell'oggetto come cosa che c'interessa, e ci piace, e la nostra persona entra in questo affetto per grandissima parte.
G. Leopardi, Zibaldone, 293, 1, 22 ottobre 1820, Donzelli, p. 286.
in contrapposizione al bambino che, per colpa della sua invidia, non è stato capace di costituire in modo valido l’oggetto buono, il bambino che possiede una grande capacità di amore e di gratitudine stabilisce un rapporto ben radicato con l’oggetto buono ed è in grado di superare senza grave danno quegli stati di invidia, di odio e di dolore temporanei, da cui non sono esenti nemmeno i bambini amati e ben curati dalla madre. Quando questi stati negativi sono transitori l’oggetto buono viene riguadagnato ogni volta. Questo è un fattore essenziale per la stabilità del rapporto con l’oggetto e per la creazione di solide basi per l’Io. Con il passare degli anni il rapporto con il seno materno diventa il punto di riferimento per lo sviluppo del sentimento di devozione verso le persone, e verso i valori ideali, su cui si sposta parte dell’amore che era stato in origine sperimentato per l’oggetto primario.
Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare. La gratitudine è essenziale per stabilire il rapporto con l’oggetto buono e per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria. La gratitudine ha le sue radici nelle emozioni e negli atteggiamenti dei primissimi stati dell’infanzia quando la madre è il primo e unico oggetto per il neonato. Ho già detto che questo primo legame è basilare per lo sviluppo di ogni successivo rapporto di amore.
M. Klein, Invidia e gratitudine, Giunti, pp. 26-27.
mettendo il dono al cuore della società si introduce l’inatteso, la sorpresa come fenomeno essenziale dei legami sociali. Si introduce la grazia, direbbe il poeta; la singolarità, l’aleatorio, l’indeterminazione, l’incertezza, direbbe lo scienziato. [...] Si ritroverà sempre questa tensione tra obbligo e libertà, insolubile, al cuore del dono. Questo strano obbligo di essere spontaneo, tensione fondatrice del legame sociale, di fronte alla quale il sociologo dovrà sempre restare modesto, riconoscere i propri limiti, ed essere pronto a fare posto, ovvero a cedere il suo posto alle altre discipline delle scienze umane, ai filosofi e ai poeti.
J. Godbout, Il linguaggio del dono, Bollati Boringhieri, pp. 82-84.
mi sembra di custodire un prezioso pezzo di vita, con tutta la responsabilità che me ne viene. Mi sento responsabile per quel grande e bel sentimento della vita che mi porto dentro, devo cercare di mantenerlo intatto in questo tempo per poterlo trasmettere a un tempo migliore. È l’unica cosa che conta e ne sono pienamente cosciente. Ci sono dei momenti in cui penso che dovrei rassegnarmi e soccombere, ma ogni volta ritrovo quel senso di responsabilità nei confronti della vita.
E. Hillesum, Diario, Adelphi, p. 726.
io ringraziare desiderio per tutti quelli
che sono piccoli, limpidi e liberi.
M. Gualtieri, Le giovani parole, p. 116.