Helmut Newton. White Women
Sessualmente disponibili. Così nella mostra White Women, Sleepless Nights, Big Nudes presente al Palazzo delle Esposizioni dal 6 Marzo al 21 Luglio recita una parete a proposito delle preferenze femminili del fotografo Helmut Newton scomparso nel 2004 : un'inclinazione abbastanza curiosa dato che le donne che desiderano un uomo di solito sono anche inclini a consumare un rapporto sessuale con esso, a meno che la concezione del fotografo non riguardi il desiderio subito (le donne che lo desiderano) piuttosto che quello esercitato (le donne che lui desidera).
Se la trasgressione è connessa al desiderio – desiderio che rompe le redini che dovrebbero imbrigliarlo – allora sono la volontà, frenesia, anelito a diventare osceni, in quanto motori di quella rottura di confini che è il pudore. Ma non a caso si usa qui un “Se”, giacché nell'epoca odierna la trasgressione è comunemente legata perlopiù a una nudità fisica di cui si equivoca la potenza simbolica. Altro che potere; nelle immagini di Helmut Newton non trova posto un'espressione di desiderio né pertanto di un'azione verso l'esterno.
Il nudo diviene una perdita: più le eroine sono svestite più divengono statiche, immobili, e identiche. È la dimensione temuta da Tereza ne L'Insostenibile Leggerezza dell'Essere di Kundera, del mondo creato dalla madre, “dove l'intero universo non è che un enorme campo di concentramento di corpi identici fra loro e con l'anima invisibile”.
Certo, il desiderio è annichilente, imprigiona e manipola, ma libera anche come spinta all'esterno, verso l'Altro: colui che desidera esce da se stesso per muoversi fuori nel mondo (e non a caso l'estasi rappresentava in greco “l'uscita da sé”).
Questo non toglie che le immagini di Helmut Newton non siano esteticamente attraenti e godibili, secondo quell'idea di fotografia di moda basata innanzitutto sul valore descrittivo, più che narrativo dello sguardo. In altri termini, un modo di vedere sopra le persone, come dall'alto, e non all'interno. Se però la nudità non serve per parlare, ma per ammutolire, non c'è da stupirsi che le donne vestite nell'opera di Newton siano soprattutto quelle calate in ruoli maschili.
È un discorso che deve prescindere dal valore estetico anche perché, sotto la perfezione formale – innegabile nell'opera di Newton - il gioco sessuale messo in atto è molto meno trasgressivo di quanto sembri, proprio perché i protagonisti non possono in realtà giocare, ma solo fingere di farlo.
Pertanto considerare l'immaginario artistico di Helmut Newton come metro della sessualità contemporanea significa farsi portavoce di una società ben più pudica che licenziosa nei termini in cui la misura il terrore persistente del desiderio femminile. Pensare ancora oggi che l'eccitazione sia terreno esclusivo dell'uomo o non anche della donna costruisce uno schema sessuale limitato a un solo addendo dell'operazione, con il particolare paradosso di ritorcersi contro chi dovrebbe favorire, schiacciando la parte maschile sotto la spada di Damocle della Mascolinità in cui ogni crisi non è curata con un ammorbidimento della corazza virile ma in tutt'altro modo, con un richiamo alla riappropriazione dei privilegi perduti, che siano il potere, l'autorità o l'obbedienza.
Viene da pensare che perfino il masochismo così quotidianamente associato alla personalità femminile sia in realtà del tutto travisato: basti solo confrontare una delle immagini di donna sopraffatta nel racconto visivo di Newton con un film fondamentale sul masochismo, Il Portiere di Notte di Liliana Cavani, tra l'impassibilità delle donne oggetto prive di scelta e la gioia disumana di Charlotte Rampling nel momento in cui sceglie di giocare con Dirk Bogarde nel ruolo della vittima come autenticazione del proprio desiderio e di conseguenza, della propria volontà d'azione. Non a caso la scena che fece più scalpore di tutto un film sul sesso e l'Olocausto fu un rapporto sessuale in cui la donna stava sopra l'uomo, come una moderna Lilith che sopraffacesse Adamo.
Il problema non è certo Helmut Newton, la cui opera nei termini di fotografia di moda lascia un'eredità formale prestigiosa, raffinata ed elegante, ma la sua assunzione culturale a modello di lettura della sessualità occidentale, da intendersi più come una costruzione forzata che reale misura dei tempi e in ultimo inaspettata spia della paura, piuttosto che dell'audacia presente: ecco le donne non come sono, ma come si vorrebbe che fossero.