Low cost
Il low cost è un fenomeno trasversale, perché riguarda quasi tutti i prodotti e i servizi presenti attualmente sul mercato. La sua trasversalità non è spiegabile però soltanto con l’azione esercitata dalla crisi economica in corso da qualche anno. È il risultato infatti del diffondersi, almeno a partire dagli anni Duemila, di un crescente consenso verso un comportamento d’acquisto profondamente innovativo. Un comportamento orientato a spendere meno rispetto al passato, ma soprattutto a impiegare meglio il denaro. Cioè a privilegiare prodotti e servizi che presentano un livello di qualità media o addirittura in molti casi bassa, ma comunque soddisfacente. In compenso, tali prodotti e servizi costano pochissimo.
È pertanto limitativo interpretare il mondo del low cost solamente come uno strumento che consente di risparmiare. È anche un mezzo che permette alle persone di dimostrare di saper acquistare, evitando di sprecare il proprio denaro. Nel contempo, gli individui nel low cost ricercano anche una semplificazione del proprio modello di vita e la gratificazione derivante dalla sensazione di essere parte di un mondo attuale e innovativo.
Un’ulteriore ragione che spiega il successo del low cost è legata a quel fenomeno di progressivo sfaldamento della fascia media della società che si è manifestato negli ultimi decenni in tutto l’Occidente. A tale fenomeno le imprese hanno risposto con l’offerta appunto di un modello low cost, il quale propone una grande varietà di scelte di consumo ma di livello inferiore, sebbene comunque soddisfacenti per i consumatori perché si tratta di prodotti in grado di simulare molto bene i prodotti più costosi. Non siamo però davanti a dei prodotti falsificati, ma semmai a dei surrogati, a qualcosa che viene semplicemente consumato “al posto di”.
Tutto ciò è stato possibile anche perché diversi anni fa molte imprese hanno cominciato a comprendere che stavamo entrando nell’era del cosiddetto «post-acquisto», un’era di benessere diffuso dove è necessario stimolare in continuazione un consumatore divenuto sazio e che non ha più bisogno di acquistare per necessità. Così, hanno messo a punto dei processi produttivi di elevata efficienza, semplificato le loro proposte e abbassato notevolmente i prezzi.
Ciò appare soprattutto evidente nel settore dell’abbigliamento low cost, il quale mostra anche con chiarezza che le scelte fatte in esso dal consumatore possono essere numerose e persino sbagliate, perché si tratta comunque di scelte poco impegnative per il bassissimo investimento economico e psicologico che richiedono. Ne consegue che il consumatore può divertirsi a giocare con i prodotti, facendo le sperimentazioni e gli errori che sono indispensabili in quel complesso processo di costruzione dell’identità personale che è richiesto dalle attuali società ipermoderne.
L’abbigliamento low cost, inoltre, non impone più al consumatore di doversi faticosamente adeguare alle rigide scadenze temporali sulle quali si è sempre basato il sistema tradizionale della moda. Presentandogli nei negozi un’offerta di capi che viene aggiornata in continuazione, gli consente invece di acquistare secondo i suoi tempi e le sue personali esigenze.
Ciò naturalmente implica, nell’abbigliamento ma anche nei molti altri settori in cui il low cost si è oggi diffuso, un modello di produzione e consumo che accelera i processi d’acquisto e sostituzione dei prodotti, con tutte le conseguenze che ne possono derivare in termini di impatto sull’ambiente. Una soluzione a questo problema può risiedere nello stimolare il riciclo dei prodotti usati e alcune aziende hanno già cominciato a praticarla. Ma il problema rimane e dal punto di vista logico può sembrare il risultato di una scelta irrazionale: la società accelera il tasso di rinnovamento dei prodotti, moltiplicando di conseguenza la quantità e la varietà di questi ultimi, che poi cerca di recuperare e riciclare.
Non sarebbe meglio tentare di risolvere il problema a monte, rallentando i ritmi produttivi e riducendo l’offerta? Dal punto di vista ecologico l’operazione sarebbe ovviamente auspicabile, ma il capitalismo ha mostrato nella sua storia che il fascino e la superiorità che ha saputo manifestare rispetto a tutti gli altri modelli economico-sociali derivano proprio dalla sua capacità di rinnovarsi e di offrire beni sempre nuovi ai consumatori. Infatti, come ha sostenuto Zygmunt Bauman nel volume Consumo, dunque sono, il consumismo è caratterizzato proprio dal fatto che «associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni […], ma piuttosto alla costante crescita della quantità e dell’intensità dei desideri, il che implica a sua volta il rapido utilizzo e la rapida sostituzione degli oggetti con cui si pensa e si spera di soddisfare quei desideri» (p. 40).
Va considerato inoltre che è proprio grazie a questa sua capacità di costante rinnovamento dell’offerta di beni e servizi che il capitalismo ha potuto allargare nel corso dei secoli la possibilità di accedere al benessere a grandi quantità di persone. E ha in tal modo costantemente innalzato i livelli di qualità della vita in Occidente. Dunque, il low cost non rappresenta altro che l’ultima fase di un processo che ha una lunga storia alle spalle.