StartUp: teatro sotto le ciminiere
Taranto, Tamburi.
Il quartiere a un passo dall’Ilva, attraversato dalle polveri tossiche e dalle cronache giornalistiche, oggi racconta un’altra storia. La storia di un ostinato lavoro sul territorio portato avanti senza sconti in una delle zone più incandescenti della Puglia.
fotoCastorp
Taranto, Tamburi diventa allora TaTà, lo spazio teatrale dove la compagnia Crest abita dal 2008 e dove si è svolto, negli scorsi 26, 27, 28 Ottobre, il festival StartUp. La costruzione dove sorge il TaTà avrebbe dovuto essere un Auditorium universitario – ci racconta il direttore artistico Gaetano Colella – ma non è mai stato utilizzato: oggi è uno spazio vitale, frequentato da giovani, tappa obbligata per chi in Puglia si occupa di teatro. Due sale teatrali, un foyer con tavolini e connessione wireless, un’area per gli incontri. Tornare a guardare fuori, dopo aver passato qualche ora in uno spazio che potrebbe trovarsi nel centro di qualsiasi città italiana, è un piccolo shock: il TaTà si trova nel pieno di un vero e proprio deserto abitativo sul quale incombono le ciminiere dell’Ilva. Sul cemento a perdita d’occhio resiste, a mo’ di beffa, un piccolo chiosco giallo a forma di limone.
Il sottotitolo scelto per StartUp, Generazioni tra le macerie, appare dunque più che mai pertinente; ed è in effetti “una fotografia del presente, tra dramma e speranza” quella che il Crest di Taranto offre al visitatore. La marginalità, intesa in senso generazionale, territoriale, culturale, non può che divenire un tema chiave: “vogliamo pensare che l’idea di essere periferia debba diventare punto di forza e non più solo di debolezza”, è la dichiarazione di intenti degli organizzatori.
Lo splendore dei supplizi, foto Luigi La Selva
Il festival, giunto alla seconda edizione, si muove nell’ambito del progetto “Teatri abitati”, l’insieme delle 12 residenze teatrali pugliesi finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale; i teatri e le compagnie coinvolte si sono costituiti in una rete (una.net) e in occasione di StartUp si presentano compatte al pubblico nazionale.
Visitazione Taranto photo Virgilio Sieni
Del tutto coerenti con questi punti di partenza risultano allora i due elementi che caratterizzano in festival in modo più forte: un’attenzione alle specificità della realtà teatrale pugliese e un sano slancio verso il resto d’Italia, tra voglia di farsi conoscere e desiderio di non chiudersi in una nicchia solo regionale. L’intero programma testimonia questo duplice impulso, a partire dal progetto site specific creato per Taranto da un nome di richiamo come Virgilio Sieni. StartUp ha poi selezionato alcuni lavori delle compagnie di Teatri abitati (Armamaxa Teatro con Croce e fisarmonica, e ResExtensa con Quintessenze), e eccellenze riconosciute della scena pugliese, come Fibre Parallele. Ma, allo stesso tempo, sono stati chiamati molti nomi già noti sul piano nazionale e che valeva la pena portare sulla scena tarantina: da Mario Perrotta (pugliese di nascita, ma bolognese di adozione) a Pathosformel fino a Tindaro Granata. La stessa apertura è testimoniata anche dalla curiosità per generi diversi: a StartUp sono di casa la drammaturgia d’autore (con Mimmo Borrelli e Gaetano Ventriglia), la danza (con Daniele Ninarello e Davide Calvaresi), la ricerca performativa (Mara Cassiani) e il teatro di strada (Ippolito Chiarello).
L’obiettivo di una selezione tanto varia non è, evidentemente, quella di offrire spettacoli perfetti e inappuntabili; la logica che muove StartUp – come è risultato chiaro anche dall’importanza data all’ospitalità di operatori e critici – è piuttosto quella dell’incontro. Conoscersi, scambiarsi idee, guardare con lucidità forze e debolezze dei lavori altrui. Fare sì che l’Italia conosca il teatro pugliese e che lo faccia proprio nel territorio a volte ostile del quartiere Tamburi. Portare alla luce quello che sta succedendo nella scena emergente, anche se talvolta può sembrare autoreferenziale.
ph. Cinzia Sartini
Discutere, guardandosi in faccia. Affrontare temi chiave del teatro di oggi (nei molti incontri che hanno costellato il festival si è parlato di residenze, di distribuzione, di nuova critica teatrale; un “laboratorio dello spettatore” ha raccontato gli spettacoli su un blog). L’abusato termine startup, nei giorni tarantini, è parso recuperare tutto il suo significato: l’avvio di una coraggiosa impresa creativa che, speriamo, possa avere lunga vita.
Maddalena Giovannelli (Stratagemmi)