Viaggio nei mari e nei libri di Conrad
Il saggista Edward Said, gran conoscitore delle opere di Joseph Conrad, nell’introduzione al libro di Gavin Young, Sui mari di Lord Jim. Viaggio nel cuore di Conrad, spiega che gli studiosi dello scrittore di origine polacca si dividono in due grandi categorie. La prima cerca di agganciare le sue storie di terra e di mare a luoghi e vicende autobiografiche, a esperienze felici o dolorose, a letture e amicizie; ne fanno parte i suoi più attenti biografi, il polacco Zdislaw Najder e gli inglesi Ian Watt e Norman Sherry, che ne ricostruirono con dovizia di particolari la vita, le peregrinazioni e i viaggi. In Italia soprattutto l’editore Ugo Mursia (1916-1982), che raccolse con una completezza senza pari la sua opera omnia, ne tradusse una parte e individuò importanti collegamenti tra pagine scritte e vita reale.
La seconda categoria comprende chi ha scelto di indagarne la psicologia – il trauma per la precoce perdita della madre, la misoginia, le inquietudini di natura sessuale – oppure le idee politiche – il conservatorismo, la diffidenza per i rivoluzionari, e un atteggiamento, ad avviso di alcuni, non sufficientemente critico verso l’imperialismo britannico. Tra questi Bernard C. Meyer, Robert Hampson, Chinua Achebe, Giuseppe Sertoli e altri.
Foto di Giuseppe Mendicino
E poi c’è Gavin Young, che ha pubblicato nel 1991 un libro, titolo originale In search of Conrad, di grande qualità narrativa e di coinvolgente investigazione, che scuote e risveglia il desiderio di rileggere le opere di Conrad. Secondo Edward Said, quello di Young «è un tipo di libro molto raro, affatto diverso da molti recenti “sulle orme di” perché Young stesso è uno scrittore così sicuro e avveduto da accogliere Conrad nella sua prosa senza addomesticamenti o paternalistici compendi».
Lo scrisse dopo aver seguito le tracce di Conrad nei luoghi dei romanzi della Malesia: Lord Jim, Al limite estremo, La follia di Almayer, Vittoria, Il compagno segreto, Freya delle sette isole, La laguna, Gioventù. Young è abile nel descrivere mari e porti, isole e personaggi, e nell’evocare sensazioni, riuscendo a rendere partecipi i lettori di ciò che prova e che vede. Cogliendo in pieno quella dichiarazione di intenti che Conrad aveva esplicitato nella prefazione al suo Il negro del Narciso: «Il compito che mi spetta e che tento di assolvere, è di riuscire, col potere della parola scritta, a farvi udire, a farvi sentire; è, soprattutto, di riuscire a farvi vedere».
In Italia, il libro, ben tradotto da Claudio Gallo, è stato pubblicato sul finire dello scorso anno nelle sobrie ed eleganti Edizioni Settecolori. L’azzurro e il nero della copertina evocano le notti senza fine di tante avventure conradiane e i molti disegni sparsi tra le pagine, opera di un amico di Young, un certo Salim, fanno buona compagnia all’immaginazione dei lettori. Sono le stesse della versione inglese. Le mappe dei luoghi e della rotta dei viaggi sono invece opera di Alessandro Vicariò.
Gavin Young, nato nel 1928, laureato in storia moderna a Oxford, era un giornalista dell’Observer, per molti anni inviato speciale in Africa e in Medio Oriente, nonché corrispondente da Parigi e da New York. Il primo incarico da reporter lo svolse in Congo, cui Conrad aveva dedicato uno dei suoi libri più noti: Cuore di tenebra e, per breve tempo, lavorò anche nei servizi segreti inglesi, l’MI6. Membro della Royal Society of Literature, conosceva più lingue straniere, amava profondamente le opere di Joseph Conrad, e gli piaceva discuterne con altri autori inglesi di acclarata fede conradiana, Graham Greene ad esempio. Tra i suoi libri Return to the Marshes, (1977), Iraq: Land of Two Rivers (1980), Slow boat to China (1981), Worlds apart (1987). Morì a Londra nel 2001, a causa di una lenta malattia degenerativa.
Il libro si apre e si chiude con una circolarità che richiama alcune opere di Conrad, su tutte Cuore di tenebra: infatti, comincia e si conclude in Inghilterra; in mezzo, un lungo vagare tra i mari, le isole e i porti di Lord Jim e delle altre storie. La malinconia dell’incipit e della fine si contrappongono alla vivace e divertita curiosità del suo viaggiare in Oriente. Inizia nella contea di Warwickshire, dove Young è stato chiamato a leggere alcune pagine di Conrad agli studenti dal direttore di un convitto della città di Rugby, che aveva frequentato anche lui quarant’anni prima. Erano i giorni della guerra, dei bombardamenti tedeschi su Coventry e del cibo razionato; aveva quindici anni quando, durante la consueta lettura serale ai ragazzi, il direttore lesse un brano dal romanzo Youth di Conrad: «ricordo la mia gioventù e la sensazione che non potrà mai più tornare – la sensazione di poter durare in eterno, di poter sopravvivere al mare, alla terra e a tutti gli uomini; la sensazione ingannevole che ci alletta alle gioie, ai pericoli, all’amore, agli sforzi vani – alla morte; la trionfante convinzione di forza, il calore della vita nel pugno di polvere, l’ardore del cuore che ogni anno si fa incerto, si fa freddo, si fa piccolo, si estingue – e si estingue troppo presto, troppo presto – prima della vita stessa». L’ascolto di quella pagina lo aveva talmente colpito da accendere in lui il desiderio di vedere, scoprire, conoscere, in giro per il mondo.
Per il lettore di questo libro vale l’auspicio che Young dedicò agli studenti di Rugby, dopo l’incontro, un’ora di letture, ricordi e dialoghi: «Potevo solo sperare che qualcuno tra i miei giovani ascoltatori avesse una volta per tutte raggiunto la consapevolezza del “calore della vita nel pugno di polvere” e di come ogni anno che passa diventa più tenue e freddo, e si spegne, sempre troppo presto. Spesso molto prima, prima della vita stessa».
Sui mari di Lord Jim si dipana poi nel diario dei due viaggi di Young sulle tracce del suo scrittore preferito, con appassionata empatia ma senza alcun intento apologetico, intrecciando scoperte e impressioni con un sense of humour che rende piacevoli e leggere le oltre 400 pagine.
Durante il primo viaggio, siamo nel 1977, Young si muove in barca a vela; nel secondo, fine anni Ottanta, su piroscafi e piccole lance, autobus scalcinati e jeep a noleggio, guidato da accompagnatori locali sorpresi e divertiti dall’importanza, a loro ignota, che quello straniero affabile e gentile attribuisce a certi angoli del loro mondo. Torna alla mente il viaggiare colto e sorridente di una lunga stirpe di viaggiatori e intellettuali inglesi, da Jerome Kaplan Jerome a Leigh Fermor. Il libro di Young in effetti consente più angoli di visuale e di lettura: un divertente travel book, che racconta il peregrinare dell’autore tra Bangkok, Singapore e Indonesia; un’avvincente ricerca letteraria tra le opere conradiane più legata al Sud-Est asiatico; un'intrigante indagine per correlare i personaggi letterari e le vite reali cui Conrad si era ispirato. Condivisibile il modo in cui lo scrittore James Graham Ballard ha definito questo libro: «In parte diario di bordo e in parte romanzo poliziesco». Sì, una detective story che ricorda certe pagine di Le Carré, guidata dalla passione, dal desiderio di provare le impressioni che poteva aver provato Conrad cento anni prima.
Si avverte anche il passare del tempo, da quello dell’autore di Lord Jim a quello del primo viaggio di Young, e poi al successivo: sconvolgimenti civili, politici e culturali, e devastazioni ambientali, a danno soprattutto delle grandi foreste dell’arcipelago indonesiano: «Dietro le palme, c’erano file senza fine di creste montuose e le cime di vaste foreste fitte d’alberi, chiazzate dalle forme cangianti delle nuvole che agitavano come flutti schiumanti, profili di fogliame scuro, un’onda di marea verde sempre sul punto d’infrangersi. La vista di Celebes dal mare era maestosa. Quando dodici anni dopo vidi la stessa linea costiera dal Kerinci, la scena era rimasta solo in parte come l’ho appena descritta. Allora, con il piroscafo, ci lasciammo dietro miglia dopo miglia di crinali senz’alberi, ridicolmente calvi come dune di sabbia».
Dopo ricerche di archivio e una tenace indagine, Young individua nel cimitero di Bidarari, a nord di Singapore la tomba dimenticata e coperta da erbacce di Augustine Podmore Williams, l’uomo la cui vita aveva ispirato il personaggio di Lord Jim: “nato il 22 maggio 1852, morto il 17 aprile 1916”. Era lui il primo ufficiale della Jeddah, un piroscafo che nel 1880 era salpato da Singapore diretto a Penang con un equipaggio di 50 persone tra ufficiali, marinai e macchinisti e quasi mille passeggeri, per lo più pellegrini diretti alla Mecca. Williams, insieme al comandante e ad altri marinai, aveva abbandonato la nave durante una tempesta. Nave ed equipaggio incredibilmente si erano poi salvati, e Williams venne processato e sanzionato, ma a differenza di Jim non fu segnato per tutta la vita da un tragico senso di colpa, svolse invece con successo un’attività di fornitore marittimo, si sposò ed ebbe numerosi figli. Partendo da una vicenda reale, Conrad racchiuse invece nel personaggio di Jim, i propri ideali di coraggio e di lealtà, di lotta tenace contro le barbarie del mondo, e i propri sensi di colpa per ogni volta che non era stato all’altezza di quegli ideali.
Tomba di Joseph Conrad a Canterbury. Foto di Giuseppe Mendicino
Tra le persone che Gavin Young incontra e che si improvvisano suoi accompagnatori c’è anche l’olandese Jacob Vredenbregt, conosciuto a Giakarta, un colto ex professore di linguistica e collezionista di falene che conosce bene l’isola indonesiana di Sulawesi, dove lo scrittore intende recarsi e che nel libro chiama con l’antico nome coloniale di Celebes. Ebbene, Jacob possiede sorprendenti caratteristiche in comune con uno dei personaggi più noti di Lord Jim, il professor Stein, il colto e tollerante collezionista di farfalle e scarabei che, dopo l’intercessione di Charlie Marlow, trova a Jim un lavoro e una missione. I due uomini, Vredenbregt e Stein, hanno in comune profondità di pensiero e una non comune capacità di comprensione per il prossimo. Tra l’altro, Stein è forse l’unico personaggio di nazionalità tedesca tratteggiato con simpatia nelle opere di Conrad (diffidò per tutta la vita di russi e tedeschi, storici oppressori della sua terra natia, la Polonia).
Mentre viaggia per mare – «I cieli notturni del Golfo erano pieni di stelle. Filavamo lisci sulle acque tranquille, la Croce del Sud incombeva a poppa» – Young rievoca la vera storia di Il compagno segreto. A bordo del famoso veliero Cutty Sark, un marinaio, John Francis, incompetente e indisciplinato, stava mettendo a rischio la nave durante una tempesta e il primo ufficiale, Sidney Smith, perse la testa e lo colpì con una barra di ferro uccidendolo. Smith venne poi messo ai ferri dal comandante Wallace. Nei giorni successivi Smith convinse il capitano a lasciarlo fuggire. La storia dell’omicida ebbe un lieto fine: catturato e processato in Inghilterra fu condannato a 7 anni di lavori forzati nel porto di Dover. Dopo averli scontati, ricominciò da zero una vita sul mare, riuscendo con gli anni a divenire comandante di una nave. Tragica invece quella del comandante Wallace, che i sensi colpa e il timore di essere processato per la fuga di Smith, spinsero al suicidio in mare.
La vicenda, per chi conosce il racconto di Conrad, è uno spunto certo, ma il suo piccolo capolavoro letterario vola da subito verso altro: il tema del doppio, di una vita diversa e disperata che poteva essere quella del protagonista, a parità di accadimenti, di una legge del mare e di un’etica individuale che possono sovrastare le leggi degli uomini. Il giovane capitano senza nome che nasconde e poi aiuta a fuggire il naufrago colpevole di omicidio, non ha i dubbi e poi i rimorsi di Wallace, sente di assolvere a un dovere di solidarietà e lealtà verso one of us. Una volta riuscito nell’impresa, accostando pericolosamente la nave alla costa, è però ben felice di riprendersi la sua vita e la guida ferma e sicura della sua bella nave.
Il viaggio di Young si chiude in Inghilterra, dapprima a Bishopsbourne, nel Kent, dove visita la casa in cui Conrad morì, poi raggiunge Canterbury, e il piccolo cimitero dove Conrad venne sepolto nell’agosto del 1924. Due pagine pervase di malinconia, un sentimento che ho provato anch’io, visitandola nel 2002, l’anno successivo alla scomparsa di Young. Impossibile non emozionarsi in quel verde giardino denso di antico e dignitoso silenzio e davanti alla lapide che riporta incisi i versi di Edmund Spenser che la moglie di Conrad, Jessie, scelse di apporvi: Una grande gioia dona il sonno dopo la fatica, il porto dopo la tempesta, la morte dopo la vita. Li aveva ripresi dall’epitaffio scelto dal marito per il suo ultimo libro, The rover (Il pirata), pubblicato solo un anno prima. Sorprendente l’errore nel nome riportato sulla tomba: Joseph Teador Konrad Korzeniowski invece di Józef Teodor Konrad Korzeniowski. Passi l’anglicizzato Joseph, riportato in tutti i suoi libri, ma quel Teador è un errore incomprensibile. Quasi un ultimo tentativo di confondere le acque della vita di un uomo che ha cambiato più volte nome e nazionalità, perennemente in fuga dalla sorte che il destino sembrava proporgli.
Il libro di Young ha un finale impareggiabile, che sarebbe ingiusto riassumere, lascio quindi il passo alle sue parole: «Dopo tutti questi anni non ricordo più le espressioni sui volti dei miei compagni di scuola o cosa dicevano quando il nostro direttore chiuse la copertina della sua antologia su “l’ardore del cuore… che si estingue…prima della vita stessa” e tutto il resto. Personalmente, avrei potuto anche rimanere cieco e sordo. E quando, anni dopo, toccò a me leggere lo stesso brano, quanti dei miei ascoltatori avranno trovato nelle parole di Joseph Conrad qualcosa che li ispirasse? Uno sarebbe bastato perché la cosa avesse avuto valore. Spero che ce ne sia stato uno».
Sui mari di Lord Jim è un lungo viaggio nei luoghi e nei libri i Conrad, ricco di citazioni e richiami alle sue opere, ma non è un saggio letterario, non contiene una bibliografia conradiana. Merita però un posto di rilievo in una immaginaria libreria dedicata allo scrittore. Spero che stimoli la curiosità di aprire o riaprire Lord Jim nello stesso modo in cui La vera storia del pirata John Silver di Björn Larsson, vent’anni fa, spinse molti a rileggere L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson. Un po' come quei battelli che guidavano in porto certi meravigliosi velieri che avevano solcato tutti i mari del mondo.
La mappa che rappresenta una parte della rotta di Gavin Young è opera di Alessandro Vicariò