Dieci anni di Buone Pratiche

6 Marzo 2014

Crisi cronica, assenza di risorse, istituzioni sorde e impossibilità di ricambio generazionale: il teatro italiano degli ultimi dieci anni potrebbe essere riassunto così.
Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino, con Le Buone Pratiche del Teatro, hanno provato a raccontare (e a far raccontare) un’altra storia. Era il 2004: il sito ateatro.it lancia una convocazione a tutte le realtà del teatro per un confronto orizzontale e una condivisione di formule innovative per l’auto-organizzazione. “Sappiamo – scrivevano allora i promotori dell’iniziativa – che in questa progressiva desertificazione esistono esperienze e pratiche di un teatro vivo e diverso”.

 

Da allora l’appuntamento (organizzato in modo indipendente e senza budget) si è trasformato spontaneamente negli Stati Generali del teatro italiano e oggi, a un decennio dall’inizio dell’avventura, diventa anche un libro. Le Buone Pratiche del Teatro (FrancoAngeli 2014, pp. 260) è inevitabilmente l’occasione per un bilancio: “Nelle pagine di questo libro”, spiega Ponte di Pino, “c’è la storia di un cambiamento. Si partiva da un sistema gerarchizzato, conservatore, granitico. Le realtà marginali, ben più vive e in movimento, hanno cominciato a premere per essere incluse: il sistema non è stato in grado di metabolizzarle ed è arrivato al collasso”.

 

Il lettore può ricostruire questo percorso attraversando i materiali delle passate edizioni (raccolti nella prima parte del libro), oppure può affidarsi ai “Bilanci e prospettive” di alcuni esperti chiamati dai due curatori a portare il loro contributo: Giulio Stumpo, Elena Alessandrini, Michele Trimarchi, Alessandra Marinelli, Francesco De Biase e Franco D’Ippolito parlano, tra le altre cose, di paradigmi economici, modalità per leggere i dati statistici, trasparenza, questione meridionale.

 

Il volume non è però solo la raccolta di riflessioni e di testimonianze storiche, ma si presenta fin dall’eloquente sottotitolo come “una banca dati delle idee”: un patrimonio di 140 buone pratiche schedate cui attingere e da cui prendere spunto. Fin dall’appello del 2004, infatti, si chiariva che gli interventi dovevano essere volti a condividere “un’iniziativa o un metodo di lavoro che possa essere riprodotto da altri”, in una prospettiva di scambio di esperienze e di progettazione condivisa e virtuosa del cambiamento. “In alcuni casi le Buone Pratiche sono state davvero incisive nel far circolare informazioni e strategie”, racconta Ponte Di Pino. “Abbiamo parlato molto di bandi e di meccanismi di selezione. Ma a emergere in modo chiaro è stata soprattutto la necessità, oggi più che mai, di mettersi in rete. Di fronte a istituzioni affaticate e arroccate, trovare dei meccanismi di rappresentanza per ottenere risposte è stato fondamentale”.

 

E proprio il tentativo di dialogo tra le istituzioni è una delle sfide delle Buone Pratiche: “Tra i nomi dei partecipanti di questi anni si possono riconoscere anche molti rappresentanti del sistema. Dove siamo riusciti a creare un dialogo tra il mondo delle realtà indipendenti e l’establishment abbiamo raggiunto il risultato più importante. Una delle fotografie che ha fatto la storia delle Buone Pratiche è la riconciliazione tra i rappresentanti del Teatro Valle Occupato e l’onorevole Emilia De Biasi, dopo una lite furibonda”.

 

A sancire definitivamente il fondamentale ruolo delle Buone Pratiche come ‘territorio neutrale’ di incontro è stato poi, lo scorso 19 ottobre, l’edizione straordinaria con il ministro Bray presso il centro congressi di Fondazione Cariplo di Milano: “Il fatto che il ministro si sia rivolto a noi per cercare una comunicazione con l’intero mondo del teatro è stata un’importante conferma del lavoro fatto in questi anni. Uno spazio di incontro orizzontale tra le diverse realtà del teatro si è rivelata una vera e propria necessità del sistema; ed è curioso il fatto che a farsene carico sia stata una realtà indipendente come ‘Ateatro’, senza nessun tipo di sostegno economico”.

 

E adesso? Quale futuro per le Buone Pratiche? “Probabilmente qualcosa dovrà cambiare”, spiega Ponte Di Pino. “Negli ultimi anni, a margine degli incontri plenari, abbiamo organizzato sessioni a tema più specifico: l’incontro a Catania sulle politiche culturali del Sud nel gennaio 2013; l’appuntamento a Milano sul rapporto tra città e teatro pubblico; le Buone Pratiche del teatro ragazzi a Mantova. È possibile che la strada da percorrere per rendere il dibattito più proficuo sia quella di immaginare incontri più specifici e localizzati”.

 

Per l’immediato futuro, l’appuntamento è sabato 8 marzo presso la Scuola Paolo Grassi di Milano (qui il programma della giornata): un incontro dedicato alle strategie di rinnovamento e organizzato non a caso nel giorno della festa della donna, come auspicio di un maggior ricambio di genere ai vertici del teatro italiano. Argomenti di dibattito e stimoli – quello al cambiamento, al ricambio e alla palingenesi - urgenti non solo nell’agorà del teatro.

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